Afferma il prof. Clemens Fuest alla presentazione del rapporto economico 2019: “Se penso a quello a cosa deve fare l’Italia per ridurre il suo rapporto tra debito pubblico e pil al 100% nei prossimi 10-15 anni, dovrebbe segnare un avanzo primario a circa il 4% del pil, ma oggi ne ha uno all’1-1,5%. E’praticabile politicamente questo? Non lo so, ma ho i miei dubbi. Se questo è vero e l’Italia non riesce a ridurre il suo rapporto debito/pil, la domanda è: dove sta andando l’Italia? Il tema della ristrutturazione del debito ora non è sul tavolo, ma se ci fosse una seria recessione in Europa e se ci fosse un problema di rifinanziamento del debito in Italia, allora credo nei colloqui europei se ne parlerà.” E ancora: “Una situazione del genere ‘sarebbe un grave rischio per la stabilità in Europa, ma l’alternativa sarebbe una specie di scenario greco, con politiche decise da fuori e non credo che sia una possibilità per l’Italia. Perchè l’Italia non è la Grecia. La Grecia era un Paese povero, l’Italia e’ un Paese ricco, nel senso che la ricchezza privata e’ molto alta”.
Queste sono le dichiarazioni del Prof. Clemens Fuest direttore dell’Ifo Institute il più importante centro studi di economia e politica della Germania, un messaggio molto netto e chiaro che testimonia quanto la Germania sia oggi preoccupata di una possibile ristrutturazione del debito italiano. Allarmante è l’assenza di crescita economica dell’Italia unitamente all’incapacità di varare le riforme, necessario stimolo alla produttività e competitività. Per questo, a svariati mesi di distanza, viene vissuta con una certa angoscia la successione di Mario Draghi alla guida della Bce.
I tedeschi, pur essendo sempre stati contrari al Quantitative easing, iniziato nel 2015, oggi riconoscono che aveva riportato sotto i livelli di guardia lo spread e di conseguenza i rendimenti dei Btp, offrendo loro una domanda solida da parte degli investitori. Oggi temono che il suo eventuale successore alla guida della Bce sia meno sensibile al tema della sostenibilità del nostro debito che, in mancanza di crescita e con una politica monetaria restrittiva, finirebbe con l’esplodere causando la perdita di accesso per il nostro Tesoro ai mercati finanziari. Di qui la necessità di proseguire con un mandato che si mantenga in sintonia con le politiche espansive di Draghi. Importante per l’Italia è che le spese per gli interessi non lievitino ulteriormente. L’ideale sarebbe la riattivazione del Qe che consentirebbe all’Italia di prorogare la scadenza a bassi costi e di rimuovere dal mercato un volume di titoli il più alto possibile.
Continua il prof. Fuest : “dobbiamo convivere con il fatto che i governi dei singoli Stati membri potrebbero essere insolventi. Dobbiamo raggiungere una situazione in cui le obbligazioni statali potranno essere ristrutturate senza causare una grave crisi finanziaria. Si può fare, ma sarà una novità. Però se non facciamo qualcosa di nuovo, l’Euro fallirà. Ci servono le riforme adesso e per i prossimi vent’anni conviveremo con un’Eurozona decentralizzata.”
La Bce detiene attualmente Btp per 370 miliardi e se continuasse ad accumularne ancora diventerebbe l’unico grande titolare del debito italiano con la facoltà di gestirne la ristrutturazione attraverso regolamenti in parte già scritti e approvati. Tra questi le “single limb Collectiv Action Clauses”, provvedimento approvato dall’Eurogruppo nel dicembre scorso, nel disinteresse generale specialmente della carta stampata, verranno introdotte nel 2022. Negli ultimi anni, oltre al tristemente noto bail in, sono state approvate le CACs , clausole innovative che, nell’ambito di casi di ristrutturazione del debito sovrano, disciplinano le modalità di modifiche nel pagamento dei bond. Si tratta di norme che con procedure molto veloci e semplificate permettono ai governi, anche con maggioranze semplici delle assemblee dei creditori, di ottenere il rinvio delle scadenze dei titoli sovrani, di tagliarne il valore nominale alla scadenza, di sospendere o tagliare le cedole dei rendimenti, di convertirli in una valuta diversa da quella dell’emissione. Come ognuno ben comprende queste norme non sono favorevoli ai detentori dei bond ma ai governi che possono rivedere le condizioni a cui emesso il debito arrivando anche a cancellarlo parzialmente. Ma sarebbe una vittoria di Pirro perché i governi hanno bisogno della fiducia degli investitori. Le “single limb CACs” verranno introdotte su richiesta dei paesi nordeuropei che sono in fibrillazione per la paura di rimetterci e chiedono la ristrutturazione del debito ai paesi che volessero accedere al Mes, meccanismo europeo di stabilità creato per i salvataggi di Grecia, Portogallo e Irlanda nonché delle banche di Spagna e Cipro. Tuttavia se uno degli stati dell’area auro perdesse l’accesso ai mercati non trova nell’Unione un meccanismo di sostegno finanziario perché non esiste, lo ha riconosciuto anche l’Eurogruppo. E’ stato varato da parte della Bce l’Outright Monetary Transaction, OMT, nella tragica estate del 2012, che si riduce sostanzialmente una sorta di commissariamento (invio della Troika) per lo stato in difficoltà, condizione decisamente umiliante.
Al 15 marzo 2019 il debito italiano risultava essere di 2358 miliardi di euro, pari al 133% del Pil e la spesa per pagarne gli interessi valutata nel 3,9% del Pil contro l’1% della Germania. Spendiamo più del triplo della Germania non solo per avere un debito più che doppio ma anche perché ci vengono richiesti rendimenti più alti, rappresentiamo infatti un rischio per i mercati. Con l’aumentare del debito la spesa per interessi sale svuotando i capitoli di spesa del Welfare oltre che degli investimenti. Secondo le teorie elaborate dai grandi economisti Reinhart e Rogoff, molto discusse ma oggi universalmente accettate, i paesi indebitati oltre il 90% del pil crescerebbero meno poiché il debito sopra un certo limite produrrebbe danni all’economia sino a diventare insostenibile.
Il problema consiste nello stabilire quando il debito diventa insostenibile per un certo stato. Per ora non sono stati fissati parametri certi a meno di non ricorrere a soglie fissate convenzionalmente. Supponiamo che uno stato europeo molto indebitato superasse tale soglia, in che modo verrebbe proposto il taglio del rapporto debito/pil, con tagli indiscriminati che ne strozzerebbero l’economia? In Italia il debito è detenuto per due terzi da istituzioni finanziarie e famiglie italiane. Le CACs e le single limb CACs sono per ora la soluzione che propone l’Europa riguardo la crisi del debito italiano. Berlino e Parigi vorrebbero che fossimo noi a prendere l’iniziativa di ristrutturare il nostro debito con le loro regole, finendo coll’alimentare sui mercati un clima di sfiducia nei riguardi dell’Italia e generando il convincimento che nell’Unione non ci sia più posto per l’Italia se non a condizioni economicamente insostenibili. E lo spread sta per varcare in questi giorni la famosa soglia del 3%.
Conclude il prof. Fuest: “. L’Euro è in pericolo. Immaginate un’altra crisi in Italia. Se il paese dovesse aver bisogno di ricorrere al Meccanismo europeo di stabilità, molte persone in Italia potrebbero dire che non vogliono essere più governati da Bruxelles. Questo potrebbe distruggere l’Euro. Inoltre, se l’attuale stagnazione in Italia andrà avanti, la gente potrebbe incolpare l’Euro e chiedere di abbandonarlo” per cui:” Se l’Eurozona intende sopravvivere ai prossimi anni, dobbiamo combinare il controllo decentralizzato sulla politica fiscale con la responsabilità decentralizzata per il debito pubblico. Per farlo è necessaria un’unione bancaria”. Che per ora, aggiungiamo noi non è ancora stata ancora completata.
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