Rosetta

Rosetta Pasino

“Ci ha lasciato una grande attrice, una grande alessandrina, una grande persona e pochiana: Rosetta”.

Basterebbero in fondo soltanto queste poche parole, dosate in misura appropriata e così conforme al suo personale stile dai “Pochi” sulla loro pagina FB,, per dare conto del bilancio di vita di Rosetta Pasino, straordinaria interprete e donna eccezionale, che ci ha lasciati la sera di domenica scorsa, a poco più di tre settimane dal compimento, il 13 marzo prossimo, dei 96 anni. Bene ha fatto Francesco Parise, che della grande tradizione della scuola di Ennio Dollfus è degno erede, a disporne il ricordo con questa nitida formula secca che tutto ha saputo comprendere.

Ma bisognerebbe anche rimettere le mani sull’utile apparato predisposto tanti anni fa (1990) da Fabbio -quando di teatro si occupava in modo costruttivo- e Bevilacqua con la loro storia della scuola e della compagnia, Ma quanti sono i Pochi, per ripercorrere la ricchissima teatrografia di questa grande attrice in incognito, capace come poche di supplire alla consapevole carenza, per così dire, “culturale” (ammesso e non concesso che per un attore sia davvero così importante…) con l’istintività di una presenza scenica e di una maturità interpretativa davvero seconde a quelle di… poche. E che la distingueva, segnalava, faceva amare e stimolare anche nel tutt’altro che insignificante parco di attori che la tradizione dei “Pochi” e le sue diramazioni ha regalato a una città forse immeritevole e insensibile a tanto nei più recenti decenni.

Anche perché, ricostruiva opportunamente dieci anni fa Lucio Bassi nel suo bel Teatri e teatro in Alessandria dal 1700 ad oggi, l’attività scenica di Rosetta era addirittura anteriore, e non di poco, alla fondazione stessa de “I Pochi” (1949). Nel ’42, appena diciannovenne, faceva infatti già parte della filodrammatica “Eleonora Duse”, animata da Giovanni Di Benedetto e Lauro Colliard insieme, tra gli altri ad Enzo Bocca e a Dante Raiteri, che poi avrebbe conosciuto un’importantissima carriera nazionale di regista radiofonico e inventore della bella rivista “Radiodramma”. Il quale, neanche a farlo apposta, si è spento a sua volta, da coetaneo di Rosetta, ad Alicante tre mesi fa, nel generale silenzio nazionale e alessandrino (onestamente: è solo la combinazione della scomparsa di Rosetta e dell’onnipervasività della Rete che ci ha consentito di scoprirlo!).

Senza quelle consultazioni, le si fa il torto di non ricordare, se non ad una ad una, almeno per sommi capi le incarnazioni di personaggi cui ha saputo dare vita (ma ormai siamo inammissibilmente rassegnati ad avere scarsa memoria, tutti quanti!). Bene ha fatto anche Brunello Vescovi sulla “Stampa” a ricordare almeno l’indimenticabile donna Rosega -quasi il suo nome…- delle Massere goldoniane, che Dollfus aveva diretto nel decennio Settanta.

Ma la sua prova più straordinaria si sarebbe registrata assai più tardi, nel 1991, allorché al nostro Comunale -all’epoca vivo e vitale…- Marco Baliani fu chiamato a inventare e mettere in scena quell’autentico capolavoro locale (in tutti i sensi) che si sarebbe rivelato Memorie del gelso, con un formidabile cast tutto di estrazione “Pochi”, tra i cui componenti si sarebbe ulteriormente fatta notare. Al punto da vedersi richiamata dallo stesso grande “narratore teatrale” a Bologna, la sera del 1° agosto 1991, nel decimo anniversario della strage alla stazione, per prendere parte, con altri cento attori provenienti da tutta Italia, allo straordinario rito teatrale, che coinvolse la città intera, Antigone delle città: pietra miliare di una reciproca amicizia che sarebbe rimasta viva.

Quando infatti Baliani, qualche anno fa, ripropose al San Francesco, per l’ennesima volta, il suo magistrale Kohlhaas, Rosetta era in platea ad applaudirlo e in camerino a salutarlo, con un abbraccio che nessuno dei due si sarebbe augurato fosse l’ultimo. L’estrema occasione per un saluto affettuoso e sorridente, com’era dai tempi del Gelso, oltre che col suo grande mentore, anche col modesto testimone-estensore.

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