Salgari, Sandokan e rupie

Quest’anno ricorrono i 160 anni dalla morte di Emilio Salgari. Autore che fece sognare generazioni di giovani.

Morì suicida, a Torino,quasi come uno dei suoi personaggi.

Scrisse molto, fece guadagnare i suoi editori ma morì povero, lasciando la famiglia nel bisogno. Emilio non viaggio tanto fisicamente, quanto con la fantasia. Una fantasia alimentata da dati ed informazioni. Infatti, si può dire che dividesse il suo tempo fra la produzione letteraria e la costante consultazione di enciclopedie e testi ed atlanti geografici. Nei suoi romanzi quindi ambienti e situazioni sono ricostruiti con una certa fedeltà e così pure sono presentati nella loro cornice storica alcuni personaggi,come,ad esempio,James Brooke.

Questo, nel ciclo dei romanzi sulla “Tigre di Monpracem”,è l’antagonista di Sandokan, e impersona il ruolo del cattivo. Brooke è esistito realmente e fu rajah di Sarawak, nel Borneo, dal 1842 al 1868, anno della morte. Diede vita addirittura ad una dinastia di “rajah bianchi” di Sarawak. l’ultimo, Anthony Brooke, abdicò nel 1946,consegnando il proprio dominio alla Gran Bretagna.

James Brooke fu un abile avventuriero ed un capace uomo politico, barcamenandosi fra impero britannico e sultanato del Brunei,a cui Sarawak inizialmente apparteneva. Fu accusato di governare come un despota, e sicuramente lo fu, ma ebbe grossi meriti nella lotta alla pirateria,male endemico di quelle terre, e alla schiavitù, cose che avvantaggiarono, e non poco, le popolazioni locali. Fu anche governatore dell’isola di Labuan, di fronte al Borneo, in nome di sua maestà britannica, in seguito ad un suo intervento militare, causato da una rivolta, che aveva portato alla morte del rajah Muda Harim e allo sterminio della sua famiglia.

Poiché siamo sempre alla ricerca di un collegamento numismatico, ricordiamo che James Brooke, come ogni sovrano, batté una propria moneta, il dollaro di sarawak, diviso in 100 cent. Fra i vari pezzi sono frequenti nei cataloghi d’asta quelli da ½ e1 centesimo, con, al diritto,il profilo di James rivolto a sinistra e la leggenda “Brooke rajah”; al rovescio, il valore, la data e la leggenda “Sarawak”. Il profilo ci presenta un uomo deciso ed ambizioso. Per certi versi, Adolfo Celi, l’attore che lo impersonò nel fortunato sceneggiato del 1976(“Sandokan”), fu un interprete calzante anche per la sua somiglianza.

Tornando alla numismatica, in Salgari i riferimenti alle monete sono frequenti. E non può che essere così, vista l’ambientazione di molte delle sue storie in Asia, crogiolo di popoli e civiltà. L’India fu uno dei primi territori in cui vennero coniate monete (all’incirca fra il V e il IV secolo a. C.). Nel “Bramino dell’ Assam”, pubblicato nel 1911, un aiuto cuoco confessa di aver ricevuto un mohr d’oro da un fachiro per avvelenare Yanez e la moglie, signori dello Assam. In un altro, sempre dello stesso romanzo, Yanez assume al proprio servizio un cacciatore di topi per una paga mensile di 50 rupie. l’uomo accetta ma afferma che è troppo, dato che in tanti giorni non ne spende più di due per vivere. Il mohr, o mohur, era una moneta d’oro del peso di 10,95 grammi e del valore di 15 rupie.

Il suo nome deriva dal persiano muhr, che significa sigillo. Le prime monete dell’antichità recavano impresso il sigillo del re come garanzia di autenticità.  La rupia era una grossa moneta d’argento di 11,53 grammi, suddivisa in 16 annas, sempre d’argento, del valore ognuno di 12 paisa di rame. Il nome deriva dal sanscrito rupiakam, che significa moneta d’argento. In Hindi rupija, in Indonesia rupiah, alle Maldive rufijaa.

Fu introdotta in India da Sher Shah Suri (1486 – 1545) e si affermò successivamente grazie alla dinastia Moghul, divenendo anche la valuta dei dominatori inglesi. Ebbe una grande diffusione nell’area dell’Oceano indiano, fino al Golfo persico e al Corno d’Africa. La Somalia italiana, dal 1909 al 1925, fu dotata di una moneta propria, la rupia italiana, in sostituzione del tallero di Maria Teresa e della rupia anglo -indiana, di cui aveva lo stesso valore (1 sterlina= 15 rupie= 15 rupie italiane). La valuta somala nulla aveva a che fare con quella dell’altra colonia italiana  (l’Eritrea): il tallero di Maria Teresa. Là infatti c’era un forte legame economico con l’Abissinia, dove erano diffusi il birr etiopico (tallero o dollaro) e il tallero di Maria Teresa. Con l’indipendenza dell’India (1947), la rupia indiana sostituì quella anglo-indiana e tutte le monete circolanti nell’ex dominio britannico,compresa l’India francese (1954) e quella portoghese (1961). Continuò inoltre a circolare nel Golfo persico, come divisa ufficiale Oman,Qatar, Emirati Arabi, Kuwait e Bahrein.

Nel 1959, il governo indiano emise una moneta separata da quella nazionale, la rupia del Golfo persico, per ridurre la pressione sulle riserve nazionali a causa del commercio dell’oro. Dal 1961 però i paesi del Golfo abbandonarono progressivamente questa divisa in favore di una propria. Gli ultimi furono Oman, Qatar, ed Emirati, nel 1966, in seguito alla svalutazione della rupia indiana, il 6 giugno dello stesso anno.

Alcune curiosità, prima di concludere.

Attualmente portano il nome di rupia, oltre che le valute dell’Unione indiana e del Pakistan, quelle dello Shri Lanka, del Nepal, delle Maldive, di Mauritius, delle Seychelles e dell’Indonesia. Il ngultrum butanese ha un cambio fisso(1:1) con la rupia indiana. Quest’ultima viene accettata nelle città nepalesi vicine al confine indiano e in certi negozi di Londra.

Egidio Lapenta

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