Sono andata anch’io a vedere la manifestazione dei giovani scioperanti (con la n, o senza, fate voi).
E mi sono commossa, ché commuove il pensiero della generosità dei giovani che salveranno il mondo.
Li ho visti arrivare, tutti con la felpina con cappuccio rigorosamente alzato come da moda, i pantaloni e le scarpe dei brand internazionali più celebri, begli abiti a chilometro cinquantamila, che indossavano con la giusta scioltezza dell’adolescenza, sicuri della bellezza smagliante della loro gioventù e delle ragioni profonde, ime addirittura, di ciò che stavano facendo.
Qualcuno era in bicicletta, ma i più scendevano lieti e vagamente eccitati, tra lo sfarfallio dei loro smartphone di ultimissima generazione, dall’automobile della mamma solerte, o dai loro splendenti motorini, lasciati accesi a lungo, perché è ovvio, un ragazzo deve pur sapersi orientare per cercare dove siano i compagni; dunque spegnere la motoretta sarebbe illogico, vuoi mai di doversi spostare dieci metri più in là.
Numerosissimi hanno occupato i bar del centro, tra cappuccini, brioches e grandi panini al prosciutto, ché, si sa, a quell’età si ha sempre fame e vuoi forse sottrarre ai giovani il loro giusto nutrimento? Ah be’, sì, be’, poveri giovani (e povero anche il porcello).
Poi, tutti con la loro brava bottiglietta in plastica di acqua minerale, o le lattine di bibite famose e il pacchettino di biscotti (a quell’età, il biberon è ancora troppo vicino per poterlo abbandonare e trascorrere un’oretta senza metter niente in bocca è oggettivamente impossibile) hanno formato il corteo.
Corteo, be’, la folla, la massa, il gruppone, ché i cortei sono un’altra cosa e lo sappiamo bene noi, che cortei ne abbiamo fatti a centinaia, come studenti, come cittadini democratici e come lavoratori sindacalizzati: sfilate ordinate (come eravamo noiosi, tutti in fila!), con molti slogan in Italiano (come eravamo provinciali!), molti volantini pieni di argomentazioni e nessuna figura (arretrati, eravamo inemendabilmente arretrati!), richieste e proposte e progetti. E sempre gentilmente accompagnati, talora preceduti, talaltra, come dire, intercettati dai celerini in tenuta anti-sommossa, giacché, a differenza di questi meravigliosi giovani ecologici, eravamo così poco socializzati che i cortei e gli scioperi ce li organizzavamo da soli (ve l’ho detto: eravamo così arretrati!), intorno ad analisi complesse del sistema economico e sociale; e non c’era Ministro che ci giustificasse o genitore che ci accompagnasse o giornalista di Repubblica che ci santificasse…
Comunque, a dire il vero, come accadeva allora, molti ragazzi oggi hanno continuato lo sciopero ambientale ritornando nei bar del centro, o passeggiando in corso Roma a guardar vetrine e qualcuno, mirabile dictu, è persino entrato in libreria.
Ma a me interessava il corteo, pardon, massa, folla, gruppone.
Grande, bello, rivoluzionario, salvifico per il mondo.
Salvifico. Palingenetico, perfino. Dirimente.
Pochi cartelli, anzi pochissimi, pochi slogan (quasi tutti in Inglese, ma si sa, se copi da internet la tesina su Giordano Bruno o la trama di Delitto e Castigo, poi è evidente che copi anche gli slogan del Climate strike, che diamine, mica è colpa dei nostri ragazzi se in internet ci sono soltanto slogan anglofoni!), per il resto un meraviglioso, struggente, nostalgico ritorno al Paleolitico, quando prima della caccia, per darsi coraggio e fare squadra, presumibilmente il gruppo dei cacciatori urlava a gola spiegata “Aaaaaaaaaaahhh!”
Bello, davvero bello, lo dico sinceramente, da far accapponare la pelle: una massa di ragazzi che si scattavano selfie e occupavano con spavalderia la strada, urlando “Aaaaaaaaah”!
Molto comunicativo, molto educativo per noi vecchi, molto chiaro rispetto al progetto, alle finalità, alle proposte di questi ragazzi. Per dire che aveva ragione Agostino d’Ippona (e torto Vico): la Storia è sempre progresso.
Ma, come molti affermano, occorre riconoscere che manifestazioni come questa riescono là dove non è riuscita la Scienza, vale a dire a mobilitare le masse, a rendere consapevoli noi vecchi della tragedia dei cambiamenti climatici, che noi – colpevolissimi, immorali persino, noi orrendi, non l’industrializzazione, il capitalismo, il feticismo delle merci (e che è? Vogliamo mica fare dell’ideologia, vero?) – abbiamo provocato. E meno male che questi ragazzi ce lo hanno chiarito oggi. A livello mondiale, pensa un po’. Tutti insieme appassionatamente. Adesso abbiamo capito. Adesso sappiamo.
E infatti…
Infatti intorno a piazza della Libertà, tra le bancarelle di prodotti a chilometro zero, che i ragazzi hanno giustamente ignorato, ho visto un paio di vecchiette guardare allibite il corteo (massa, gruppone, folla, boh?) e commentare:
- “Ma se chi voru?”
- “Mah, us capis nenta. Pitost, a t’hai pià gli arburenti?”
Comunque una bella mattinata, rassicurante.
Mi sono allontanata a piedi, mentre alcuni tornavano ai loro motorini, altri telefonavano a mammà o a papà, affinché venissero a prenderli in auto e un bel gruppo continuava a urlare “Aaaahhh!”
Mi sono sentita parte di un meraviglioso movimento che salverà il mondo e, ancora esaltata per questa meravigliosa esperienza, mi sono avviata verso casa, pregustando i commenti entusiastici che avrei ascoltato al Tg.
Grazie ragazzi, con i vostri motorini, i vostri brand internazionali, le vostre lattine e le vostre bottigliette. Grazie, salvatori del pianeta.
Grazie.
Come cantava Guccini, “Uscimmo un po’ accaldati per il troppo vino nero, /danzammo sulla strada, già albeggiava. / Sembrava una commedia musicale americana/ tu non lo sai, ma dentro me ridevo.”
Post scriptum per gli entusiasti
Cinque regole dovrebbero sempre accompagnarci:
- Problemi complessi non sono risolvibili mediante risposte semplici
- Nella storia, i cambiamenti avvengono (quasi) sempre per ragioni economiche e geo-politiche, mai per motivi univocamente moralistici
- I miti mobilitano le masse, ma finiscono sempre molto male per le masse stesse (cfr. Stalin, Hitler, Mao Zedong, ecc.)
- Come diceva Mao (ma in realtà copiava Confucio), quando il nemico cammina accanto a te, fermati e domandati dove tu stia andando
- Come suggeriva Spinoza, non ridere, non piangere, non litigare, ma capire.
Patrizia Nosengo
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