Complimenti davvero a chi ha dato l’anima per ottenere una serie di confronti di livello che porteranno nuova luce in un’area quanto mai bistrattata come quella di spinetta m.go (ora interessata dalla Solvay / Syensqo). Una vera ” linea Maginot” con demarcazioni “ballerine” fra “Ambiente” e “Lavoro”. Una storia ben conosciuta dalle nostre parti e che ha trovato nella Montecatini-Edison di Spinetta M.go e in tutto quello che l’ha preceduta e seguita un vero archetipo. Eh sì, perché da quasi 150 anni su quell’area martoriata della frazione di Spinetta si è fatto di tutto, dai concimi chimici più pericolosi, a prodotti bellici, a gas di vario tipo utilizzati anche per fini innominabili fino ad arrivare alle lavorazioni tipiche del boom economico, quelle che “tanto non succede nulla”, “tranquilli che il capo ci ha assicurato che non ci sono controindicazioni nei lavori che facciamo”… Ci siamo accorti dopo della dura realtà e, oggi, è sufficiente passare a fianco del grande impianto (decine di ettari coperti come vedremo tra poco) per capire come stanno le cose.
Siamo parte della proposta che riassumiamo qui sotto in questa breve descrizione, non come associazione ambientalista ma, piuttosto , come portatori di una “storia industriale e sociale” che, in qualche modo, ha attraversato la vita di molti di noi. Lascio volentieri alle associazioni ambientaliste, che ora portano avanti un nuovo processo, un impegno circostanziato su quanto è successo in questi anni e su come “ci si dovrebbe comportare per venirne fuori” . Non sarà facile arrivare ad una “sintesi” ma bisognerà fare di tutto per arrivarci. Tutto sommato la definizione sarebbe pure semplice: “Ambiente pulito” e “Lavorazioni utili e non impattanti per lavoratori e cittadini”. Già. Tra l’altro…obiettivo primo di associazioni riconosciute a livello nazionale da più Enti Ministeriali come l’AISA che, proprio nel suo Statuto nazionale, riporta questo binomio Ambiente+Lavoro.
Mi limiterò, pertanto, ad un po’ di “amarcord” e a contribuire ad aumentare la fila di coloro i quali ritengono possibile il cambiamento con la fabbrica aperta e con garanzie per l’occupazione.
Non è difficile per me perché per dieci anni circa ho bazzicato le “aule curiali” del consiglio Comunale ed ho avuto più volte la conferma che in questa città, da sempre, ci sono gruppi di persone, vere conventicole, che sanno esattamente come stanno le cose all’interno dell’attuale XiEnsQo (tranquilli, tra poco spiego…) ma si guardano bene dal divulgarle. Sanno perfettamente dei problemi legati alle lavorazioni dei fluorurati, del butilene e di centinaia di altre lavorazioni intermedie riconducibili strettamente a percorsi pluridecennali (tra meccanica tradizionale, industrializzazione degli anni Ottanta e punte avveniristiche, non sempre in armonia). Sanno tutto e non dicono niente o, come è successo a me e a Marcello Libener (con me in consiglio Comunale), semplicemente “portati a spasso dove non c’era nulla di pericolosi e tutti, dico tutti gli indicatori segnavano “zero” su “zero”. E questo negli anni Novanta dello scorso secolo. Ben tre interpellanze furono fatte allora prima al Sindaco Mirabelli e poi alla mitica Sindaca Calvo ma gli “zeri” aumentavano e si aveva l’impressione di essere davvero in una fabbrica di caramelle e mentine. E proprio perchè il muro era (ed è) di gomma, bisogna venirne fuori con intelligenza e non con la semplice scappatoia della chiusura.
Anche se… e qui solo – velocemente – una nota personale, la mia famiglia fu toccata duramente, come molte, da un mostro dalle mille teste e dai “diecimila “zeri””,, un mostro che non perdona. Alla Borsalino persi la nonna Angela, sessantenne , per decenni con le mani immerse in intrugli colorati e pasticci di ogni tipo…per la gloria di Alessandria e dei “Borsalino”. Ho un figlio con una leucemia rara in aggiunta, con problemi ematologici , salvato solo dalla donazione di midollo della sorella…Per fortuna ora in gran forma. Mi dissero che poteva essere una delle conseguenze dell’inquinamento “anche” della Solvay allora Montefluos ma che…udite, udite, “mai nessuno l’avrebbe messo nero su bianco”. Grazie davvero. E nonostante ciò… la “chiusura” non porta a nulla…perchè i mostri si affrontano e si sgonfiano.
E non è finita perché, per rimanere ai consanguinei più stretti, anche il mio caro papa’ Aldo se ne ando’ una decina di anni fa per il più classico dei tumori alla vescica, il T4, quello che non risparmia nessuno, nemmeno se provi ad asportarlo con le tenaglie…e qui mi fermo.
Una sola cosa prima di rileggere, spero con profitto, ciò che ho messo insieme. Sarò sempre, con Pro Natura Alessandria, con CittaFutura, con la redazione meravigliosa di questo giornale e del suo presidente, per mantenere l’azienda aperta, con un proprietario chiaro che si impegni per le bonifiche necessarie, tutte quelle già verificate e quelle ancora da scoprire. La chiusura della fabbrica, e il probabile trasferimento ad una XiEnsQo cinese (ve l’avevo detto che ci sarei ritornato)…non farebbe che mettere una pietra tombale su una intera area vivissima (ancora) del nostro territorio comunale, con una serie di frazioni fra le più popolose, intelligenti e sensibili.
Ricordatevelo, prima di aprire i lavori qui sotto ben definiti, “tutto sommato è facile trovare motivazioni per chiudere la fabbrica e mandare tutti a casa, più difficile, molto più difficile (ma importante e sintomo di responsabilità e superamento di vendette e cattiverie reciproche) tenerla aperta, farla funzionare con processi lavorativi puliti, utili alla comunità e ben inseriti nella comunità della ricerca scientifica e delle sue applicazioni”.
Qui di seguito 1. Il programma dei quattro incontri. 2. Qualche riflessione sulla fabbrica così come è oggi e come potrebbe essere. 3. Alcune considerazioni a margine del processo ai dirigenti Montefluos e non solo , utili a capire significato e motivazioni di studi e impegni spesso solitari e fortemente osteggiati. Buona lettura,
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Dal 1° aprile al 23 maggio 2025, ad Alessandria, si terranno quattro incontri pubblici sui temi della salute pubblica e della tutela ambientale e del lavoro nell’ambito del progetto Fare scienza di comunità in materia di ambiente, lavoro, salute. L’iniziativa rientra nell’ambito delle attività di Public Engagement del Dipartimento di Culture, Politica e Società – Università di Torino.
Dal promozionale. “Nell’Alessandrino, in forma comparativamente più critica rispetto al resto della regione, la diffusione di informazioni incerte sulla contaminazione da PFAS sta alimentando crescente preoccupazione pubblica, fratture sociali e mobilitazioni, fino a controversie in sede giudiziaria e penale. Fare scienza di comunità si configura come un progetto di ricerca partecipata e community-based, che promuove il dialogo tra cittadini, esperti, istituzioni e società civile, competenze, saperi e punti di vista differenti. Lo scopo è favorire la massima partecipazione per costruire e diffondere informazioni comprensibili, elaborare prospettive condivise, implementare capacità di prevenzione, riduzione e gestione dei rischi, favorire l’accesso a meccanismi di giustizia in materia di ambiente e salute.
I quattro incontri pubblici si terranno in Alessandria nelle sedi degli enti partner del progetto. Di seguito il calendario e i temi principali, il programma dettagliato è in allegato:
- «Workshop Memorie» (martedì 1° aprile 2025, ore 17:00) con esperti di storia locale e sindacale, referenti di organizzazioni e comitati storicamente impegnati sui temi di ambiente, salute, giustizia.
- «Workshop Metodologie» (venerdì 11 aprile 2025, h 17:00) con referenti della Commissione Ambiente e della Consulta Ambiente, medici specializzati e di base, referenti di Medici per l’ambiente, organizzazioni ambientaliste e comitati cittadini.
- «Workshop Giustizia» (giovedì 8 maggio 2025, h 17:00) con avvocati, giornalisti e organizzazioni civiche attive sulle contaminazioni da Pfas.
- «Workshop Scenari» (venerdì 23 maggio 2025, h 17:00) con sindacati, associazioni produttive, comitati e associazioni attive sulle contaminazioni da Pfas in altri territori, organizzazioni ambientaliste e comitati civici.
Ogni incontro sarà condotto nella forma di una discussione orizzontale tra ospiti e pubblico, con la facilitazione dal gruppo di lavoro del Dipartimento di Culture, Politica e Società: Rosalba Altopiedi, Eleonora Bechis, Vittorio Martone e Andrea Filippo Ravenda.”
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Descrizione attività (attuale)
SCHEDA
Lo stabilimento di Spinetta Marengo, è uno dei più importanti al mondo del Gruppo chimico internazionale Syensqo (spin-off di Solvay). Si distingue nel panorama industriale italiano come espressione di alta tecnologia e ricerca nel pieno rispetto dell’ambiente e del territorio in cui opera.
E’ qui che oltre 35 famiglie di prodotti e più di 1.500 formulazioni danno vita a una vasta gamma di polimeri speciali che includono fluoropolimeri, fluoroelastomeri, fluidi fluorurati,polimeri ad elevata proprietà barriera e compositi reticolati, impiegati in applicazioni per l’industria aerospaziale, dei trasporti, medica, petrolifera, elettronica, dei cavi, così come in settori rivolti alle energie alternative, per la produzione di impianti fotovoltaici, celle a combustibile e batterie al litio di nuova generazione per la mobilità del futuro.
Lo stabilimento, inoltre, è una realtà che offre occupazione sul territorio: 1.000 persone impegnate nel sito di cui 600 dirette Syensqo. Personale giovane e qualificato che conta più di 120 laureati e 450 diplomati tecnici coinvolti in programmi di formazione continua.
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Lo stabilimento di Spinetta, che si sviluppa su 130 ettari di superficie, è sorto nel 1905 come impianto per la produzione di superfosfati e NEL 1982, sotto l’impulso dell’allora proprietaria Montedison, ha dato inizio a nuovi progetti, concentrandosi sulla produzione e la ricerca per la chimica del fluoro. Oggi si distingue per la realizzazione di prodotti di avanzata tecnologia, in una costante ricerca di efficienza e alte prestazioni. L’obiettivo è sviluppare applicazioni digitali ai processi produttivi. Nel tentativo di prevenire l’evoluzione stessa delle normative, anche con scelte ancora al vaglio degli scienziati e dei centri di ricerca. La chiusura dei reparti tradizionale di derivati PFAS con il temporaneo tentativo di sostituzione con altri prodotti non è ancora soddisfacente e, probabilmente, sarà destinato a breve a chiusura. Tenendo conto che proprio questi semilavorati e i confezionamenti finali costituiscono l’85% della produzione già esportata in tutto il mondo.
Dall’acquisizione del sito di Spinetta da parte di Solvay, nel 2002, l’azienda ha effettuato investimenti per oltre 500Milioni euro di cui 200Milioni euro per sostenibilità e manutenzione degli impianti, numeri che danno la misura di una realtà che cresce e guarda al futuro, con prospettive di mantenimento della presenza forte sul territorio..
Oggi, secondo le indicazioni della proprietà, oltre 35 famiglie di prodotti e 1.500 formulazioni sono stati pensati e realizzati per migliorare la qualità della vita di cittadini italiani e, per estensione, vista l’entità delle esportazioni, di tutto il mondo.
La chimica, d’altra parte, è presente nella nostra quotidianità, essenziale per la realizzazione di molti prodotti di uso comune.
Basti pensare che in media è chimica il 14% del valore di un’automobile o di una cucina, il 25% di un divano o di una scarpa, il 30% di un elettrodomestico o di un attrezzo sportivo, il 47% di un paio di occhiali o di un cosmetico.
“Grazie alla forte sinergia tra ricerca e applicazione, Syensqo è leader nello sviluppo di materiali innovativi riconosciuti per la capacità di essere durevoli e resistenti se sottoposti a sforzi meccanici, termici, corrosivi anche di forte intensità. Prodotti che sono in grado di rispondere alle crescenti necessità di energia alternativa, acqua pulita, qualità della vita, nel pieno rispetto di sostenibilità e sicurezza sul lavoro”. Ovviamente si tratta di una affermazione di parte tutta da analizzare e convalidare. E uno strumento come questo di monitoraggio vero del territorio e dei suoi abitanti, può offrire un contributo concreto.
Il dettaglio dei prodotti secondo Solvay- Syensqo
“La combinazione di elevati standard e grande versatilità permette ai prodotti Syensqo di essere fondamentali nella progettazione dell’industria dell’auto, delle batterie, dell’elettronica di consumo, dell’aerospaziale, dell’oil&gas, della sanità, dell’edilizia e molti altri settori di applicazione”. Evidentemente i tempi delle lavorazioni con titanio, con fluoruri fuori controllo o perossidi di vario tipo sono alle spalle ma, ancora una volta…quali sono le particolarità di queste lavorazioni, andando così oltre gli “omissis” da segreto industriale e contribuendo ad un rapporto diverso con la popolazione locale.
Ma quali sono i prodotti “dichiarati”?
Monomeri
Una delle principali linee di produzione è quella dei monomeri, elementi base che vengono impiegati per la realizzazione dei polimeri speciali. Grazie alle tecnologie più avanzate tali monomeri permettono la produzione dei prodotti fluorurati, suddivisi in plastomeri, elastomeri e fluidi.
Fluoroionomeri
Lo ionomero Aquivion® consente di far fronte alle sfide legate ai megatrend, come il trasporto a emissioni zero e l’integrazione delle energie rinnovabili nelle reti elettriche. Il portafoglio Aquivion® di Syensqo fornisce ai clienti un materiale ad alta performance, chiave per i dispositivi di accumulo e conversione elettrica come le celle a combustibile, gli elettrolizzatori e le batterie a flusso utilizzate in combinazione con fonti di elettricità a emissioni zero.
Fluidi
Lo sviluppo dei fluidi fluorurati rappresenta per Syensqo un’attività fondamentale nel settore dei prodotti tecnologicamente avanzati. I fluidi Fomblin e Galden vengono utilizzati in numerosi mercati come l’automobilistico, l’aeronautico, il settore industriale, elettronico, dei semiconduttori, fino alla cosmesi.
Un’altra importante famiglia di fluidi funzionali è quella dei Fuorolink. Essi rappresentano una classe di prodotti studiati appositamente per il trattamento delle superfici come carta, tessuto e pietra, grazie alle eccellenti proprietà antimacchia e caratteristiche di idro e oleo repellenza.
Fluoroelastomeri
I fluoroelastomeri Tecnoflon rappresentano una famiglia di gomme sintetiche straordinariamente versatili.
Tra le caratteristiche principali, tali gomme vantano un’eccellente resistenza agli agenti atmosferici che le rende particolarmente adatte per applicazioni nel settore automobilistico, aeronautico ed elettronico. L’impianto di Spinetta Marengo è stato recentemente potenziato ed arricchito di una moderna sezione per la produzione di gomma perfluorurata.
Grazie a questo importante investimento, lo stabilimento ha acquisito una posizione di primo piano nella produzione del PFR, elastomero ad elevatissime prestazioni.
Ma questi prodotti (la scheda soprariportata è del 2022 settembre, sono ancora in produzione? Domanda che presuppone risposte che potranno venire solo dai confronti e dagli approfondimenti programmati.
Le nuove condizioni
Ci sono però nuovi impegni su cui porre attenzione, nella convinzione che un abbandono allo XiEnsQo iniziale non porti da nessuna parte. Anzi, conduca dritto all’abbandono del sito con tutte le bonifiche non completate. Ma vediamo di che si tratta.. Un nuovo acronimo che dovremo imparare a conoscere, per esempio è il RiSPA…Infatti, secondo il responsabile scientifico del centro, il professor Leonardo Marchese “Utilizzeremo polistirolo, plastiche, scarti agricoli come la lolla del riso”. “Questi materiali spugna saranno in grado di rilevare contaminanti 100 mila volte più piccoli rispetto agli attuali limiti di legge”.
Un contatto con l’Università non solo importante ma…fondamentale.
“La ricerca scientifica nell’ambito della chimica è sempre stata guardata con sospetto nell’immaginario collettivo, perché erroneamente le si attribuisce una concomitante possibile potenzialità di danno alla salute o all’ambiente” ha dichiarato il prof. Gian Carlo Avanzi, rettore dell’Università del Piemonte Orientale. “La ricerca che svolgerà il nuovo centro voluto dall’Università del Piemonte Orientale e dalla Syensqo sarà indirizzata a favore dell’ambiente, metterà a disposizione conoscenze e tecniche innovative per combattere l’inquinamento. La preziosa collaborazione con Syensqo Italia consentirà inoltre ai ricercatori del Centro RiSPA di potersi confrontare direttamente con il mondo imprenditoriale su temi di ricerca sugli inquinanti ambientali, ma anche sul trasferimento tecnologico, cioè su come applicare le tecnologie innovative appena scoperte nell’ottica della salvaguardia dell’ambiente”. Le attività di ricerca saranno avviate sin dall’inizio con il personale del Dipartimento che afferisce al Centro, 16 professori e ricercatori e 5 tecnici strutturati, oltre a 11 giovani ricercatori e 5 tecnici, reclutati specificamente con le risorse del Centro, e tesisti, che metteranno a disposizione le loro competenze per lo sviluppo delle attività oggetto dell’Accordo, in piena continuità con quanto svolto precedentemente in collaborazione con Solvay – di cui Syensqo è spin-off – che ha al suo attivo due dottorandi di ricerca e un tesista. Un altro indicatore riguarderà gli output della ricerca, ossia le pubblicazioni scientifiche, il deposito di brevetti, la partecipazione a congressi, lo sviluppo di progetti di ricerca integrati, la formazione di tesisti e dottorandi di ricerca e la divulgazione scientifica e tecnologica.
Ma le conseguenze da inquinamento da PFAS saranno prese in considerazione?
Si è parlato di Pfas durante l’ultima convocazione congiunta delle Commissioni Cultura e Sicurezza e Ambiente di Alessandria, dedicata alla presentazione del nuovo Centro di Ricerca e Sviluppo per il Risanamento e la Protezione Ambientale, un progetto finanziato da Solvay (oggi Syensqo, ndr) con 5 milioni di euro destinati all’Università del Piemonte Orientale. Al termine della relazione del professor Leonardo Marchese, il responsabile scientifico del centro, il presidente della Commissione Sicurezza e Ambiente, Adriano Di Saverio, ha chiesto al direttore dello stabilimento Solvay di Spinetta Stefano Colosio se in questo progetto “c’erano anche prospettive per ridurre l’impatto ambientale dei pfas emessi e che inquinano aria e acqua. Gli ultimi dati di Arpa sulle centraline dell’aria non sono particolarmente consolanti”.
“Il Pfoa è stato inventato nel 1960, era prodotto da 3M, DuPont, Chemours e Miteni” ha sottolineato il direttore Stefano Colosio “Solvay lo ha acquistato per utilizzarlo come coadiuvante di polimerizzazione, è solubile in acqua quindi al momento inquina la falda. Dal 2013, sette anni prima della sua messa al bando, non viene più utilizzato da Solvay. La messa in sicurezza operativa che riprende l’acqua della falda e la depura è tuttora un mezzo per purificare il terreno, è chiaro che ci impiegherà un po’ di tempo ma per il momento è l’unica tecnologia che abbiamo a disposizione. Contemporaneamente anche i nuovi Pfas (l’Adv e il C6o4) vengono eliminati progressivamente dal terreno con la stessa metodologia. Il C604 è tuttora in uso ma con le prospettive di abbandonarlo al 99% alla fine del 2026. Abbandonare un coadiuvante di polimerizzazione non è qualcosa di banale. Sarebbe come chiedere a un cuoco di fare fritture senza olio. È possibile, esistono delle friggitrici ad aria ma non è facile farlo. Noi ci impiegheremo un certo tempo ma siamo assolutamente impegnati a eliminare questo coadiuvante fintanto che le nuove tecnologie ce lo permettono. La ricerca, infatti, non ci dà ancora la possibilità di eliminare altri prodotti. Abbiamo bisogno dell’Università perché non per tutti gli inquinanti nel sottosuolo di Spinetta c’è una tecnologia evidente, chiara e pratica per arrivare a una bonifica completa del terreno: la barriera idraulica ha un effetto positivo ma non ancora risolutivo sull’inquinamento del sottosuolo. Se fosse possibile sviluppare le tecnologie per accelerare i tempi di questa bonifica saremmo contenti: è preferibile essere su un terreno bonificato piuttosto che avere una attività economica su un terreno sospettato, in alcuni non è stato solo un sospetto, di produrre effetti negativi per le comunità attorno a noi. Investire questi 5 milioni è necessario per arrivare alla conclusione di questo percorso che avrà bisogno di molti anni per essere eseguito”. Attività economica su terreno “sospettato” (attenzione “sospettato” non “sospetto”), ricerca in ritardo su modi e tempi dei vari risanamenti… Considerazione che fa pensare e che ci porta a richiedere con forza tutti i finanziamenti possibili per avere scelte produttive innovative, non inquinanti e utili ai cittadini, contestuialmente ad un ambiente di lavoro non condizionato da 150 anni di errori gravi più o meno camuffati.
“c6o4” e PFAS a confronto
“Dal 2005 è in vigore in Europa il regolamento Reach che ha messo ordine nella commercializzazione dei prodotti chimici già in commercio. Ogni azienda che inventa una nuova molecola deve chiedere l’autorizzazione all’Echa (l’Agenzia europea delle sostanze chimiche, ndr) prima di metterla in commercio. Echa, a seconda delle circostanze, impone un protocollo di ricerca esaustivo per verificare che questo prodotto sia classificato opportunamente, a seconda della sua tossicità e pericolosità. L’estensione di questa ricerca dipende dalla quantità di sostanza che si vuole commercializzare. Sul c6o4 sono stati fatti studi, a disposizione degli enti pubblici, e non è stato classificato come una sostanza chimica particolarmente nociva. Il c6o4 è ampiamente meno nocivo del suo predecessore: il Pfoa. Per certi versi, quindi, ci stupisce questa avversione dell’opinione pubblica rispetto a una sostanza chimica che non ha molte delle caratteristiche che avevano i suoi predecessori. “ A parte le considerazioni sull’opinione pubblica, che non commentiamo, anche qui ci troviamo di fronte ad un diverso approccio alla questione… il sostituto è meno pericoloso del titolare (PFOA)? Anche qui materia di indagine per il nostro gruppo di lavoro.
Sul bando ai PFAS tutti d’accordo
Tutti i Pfas hanno la comune caratteristica di non essere biodegradabili: di per sé non è molto strano visto che non sono biodegradabili anche i metalli pesanti e gli idrocarburi ma li utilizziamo comunemente, ad esempio per fare il pieno di benzina. Quello che può essere preoccupante per il Pfoa è un’altra sua caratteristica: è bioaccumulabile. Nel biomonitoraggio dei nostri dipendenti che fino al 2013 hanno utilizzato il pfoa abbiamo osservato che la sua concentrazione nel sangue impiega 4 anni a dimezzarsi. Condividiamo pienamente la risoluzione dell’Echa che lo ha bandito.
La concentrazione di C6o4 nel sangue, invece, si dimezza in tre giorni: il c6o4 è un prodotto radicalmente meno preoccupante. Abbiamo deciso di dismetterlo perché è avverso all’opinione pubblica, non perché rappresenti dal punto di vista ambientale una vera minaccia. Pensiamo, comunque, che la dismissione entro il 2026 della maggior parte delle produzioni sia di conforto per tutti. L’obiettivo è anche avere un trattamento possibilmente a ciclo chiuso delle acque provenienti da quell’ultima lavorazione di sostanze particolarmente difficili da realizzare senza c604, per le quali la ricerca è ancora al lavoro per trovare delle soluzione. L’eliminazione all’origine dell’utilizzo di queste sostanze chimiche è la risposta più concreta nel limitare il loro impatto ambientale”. Il direttore Colosio, forse non accorgendosene, fa un riferimento alle acque di lavorazione, chiedendo lui stesso masggiore attenzione agli isolamenti…. Quasi una “excusatio non petita” e di sicuro un altro argomento di indagine su cui cimentarsi.
Sulle bonifiche. Ricompaiono titanio e cromo esavalente
“Parlando di bonifica dello stabilimento per noi la cosa più importante è tenere conto della grossa contaminazione avvenuta tra il 1930 e il 1970, quella del cromo esavalente, una sostanza chiaramente cancerogena che si diffonde facilmente nell’acqua di falda. Nonostante non abbiamo obblighi di legge (l’unico obbligo è la messa in sicurezza operativa) abbiamo deciso di intraprendere questa bonifica per far sì che la comunità locale possa essere sollevata da un grosso problema ambientale, con le ripercussioni sulle generazioni a venire. Per messa in sicurezza operativa intendiamo la barriera idraulica: abbiamo comunque l’obbligo di evitare che gli inquinanti del passato si diffondano nella falda e quindi nel territorio. Per questo stiamo spendendo circa 4 milioni di euro all’anno, oltre all’investimento iniziale per gli innumerevoli pozzi per l’estrazione dell’acqua. Quando si parla di bonifica molti pensano che sia qualcosa di decodificato, in realtà non è vero: la bonifica da inquinamento è tuttora un tema che ha bisogno di ricerca e sviluppo, non si tratta di tecnologie consolidate. La bonifica attuale del cromo 6 in funzione avviene grazie agli sviluppi della ricerca che provengono dall’Università Piemonte Orientale, col ditionito di sodio che utilizziamo largamente con grandissimi risultati. Abbiamo bonificato il 60% del cromo del territorio. Di fronte a problemi così importanti, visto che le risorse tecnologiche conoscitive non sono sufficienti, ci è sembrato necessario dare un apporto intellettuale a un ente come l’Università Piemonte che si è già distinto per essere in grado di sviluppare procedure che possono essere messe in pratica, in modo che il territorio e lo stabilimento ne potranno beneficiare. Abbiamo messo a disposizione 5 milioni di euro per questa iniziativa di ricerca, col valore di produrre tecnologia e persone qualificate che possono essere impiegate nella pratica di queste operazioni che durano decenni. Stiamo bonificando da oltre 10 anni e la prospettiva è non terminare in tempi brevi. Per eseguire la bonifica dal cromo 6, in particolare, Solvay ha bisogno di una autorizzazione speciale per effettuare una serie di cicli annuali. Viene proposto ad Arpa un piano dettagliato di intervento. Propongo ogni anno un confronto con voi per fare il punto sulla bonifica, insieme ad Arpa”. (da una delle dichiarazioni del direttore Colosio). Viene spontaneo chiedersi se queste operazioni con filtraggio sono efficaci oppure no e, soprattutto, se quali dovranno essere le operazioni di bonifica per questo inquinante e molti altri (tra cui il Titanio) trattato per anni in area fabbrica. Vedremo…
Sul PFOA
“Il PFOA è stato dichiarato sicuramente cancerogeno dalla Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro”. Le osservazioni del presidente della Commissione Sicurezza e Ambiente Adriano Di Saverio “è stato dismesso dal 2013 ma purtroppo dalle ultime analisi fatte della Regione su cibi come uova, latte e verdure in zone circostanti al polo chimico è stato riscontrato in quantità elevate. Come mai? Vero che ora col c6o4 è stato fatto un passo avanti visto che si tratta di una sostanza più facilmente metabolizzabile ma ci sono parecchie ricerche a livello medico e ambientale anche su questo tipo di pfas che testimoniano alterazioni del sistema immunitario ed endocrino nelle cavie da laboratorio testate col c6o4. Il problema è piuttosto articolato e complesso“. Sicuramente nel corso di questi nuovi confronti con approfondimento di indagini e pubblicizzazioni delle “fonti” che testimoniano alterazioni al sistema immunitario, sarà possibile contribuire all’obiettivo comune: Coniugare lavoro e ambiente.
Il direttore Colosio ha però alcune perplessità …e le esplicita…
“Questa classificazione del Pfoa come sostanza cancerogena non è stata recepita dall’Echa: evidentemente ci sono ancora dei dubbi” . “così come altri studi sul c6o4 non hanno ancora prodotto alcun cambio nell’etichettatura e nella classificazione di questo pfas. Ci possono essere tanti studi variegati con diverse interpretazioni ma alla fine devono convergere in una norma cogente che tutti possono utilizzare allo stesso modo. Rispetto all’ubiquità del Pfoa ringrazio molto il programma PresaDiretta per il reportage: è stato dimostrato il fatto che moltissime aziende utilizzano il Pfoa. Lo utilizzano i Vigili del Fuoco come schiumogeno, è una sostanza contenuta nella carta per confezionare alimenti, nelle concerie, nell’agricoltura. Il fatto di trovarlo nelle matrici alimentari è il risultato di questa ubiquità”.
Una affermazione rilevante che non può passare sotto silenzio e che meriterebbe qualche risposta…Le cose stanno come afferma Colosio oppure sono, scientificamente, da considerare in altro modo?.
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Infine un accenno a quanto stabilito a fine processo 2019. Con specificazione delle motivazioni che portarono al riconoscimento di “parti civili” di numerose aswsociazioni ambientaliste.
Dal processo (1)
Lo scrutinio circa la sussistenza dei presupposti fattuali ai quali è stata ancorata la legittimazione del Comune di Alessandria e degli altri enti appare esauriente ed adeguato, avendo la Corte di assise di appello espressamente evidenziato i loro obiettivi, strettamente collegati al bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice e all’obiettivo di perseguire scopi di tutela dell’ambiente, della salute pubblica e della salute dei lavoratori.
In linea coi predetti principi, infatti, nella sentenza impugnata si è evidenziata l’inesistenza di disposizioni normative o principi giurisprudenziali, in base ai quali la pubblica amministrazione potrebbe chiedere in giudizio il risarcimento del danno all’immagine esclusivamente nei confronti dell’imputato dipendente.
24.4. La Corte torinese, con motivazione articolata ed esauriente, ha altresì osservato che gli enti esponenziali, quali il «WWF Italia», la «Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta Onlus», l’associazione «I Due Fiumi E.R.I.C.A. – Pro natura – Alessandria», la «Medicina Democratica – Movimento di Lotta per la Salute soc. coop. a r.l.» e la «C.G.I.L. – Camera del Lavoro Territoriale di Alessandria» si erano costituiti dando atto dei loro fini – di tutela ambientale, della salute dei cittadini e dei lavoratori – e delle attività compiute per i loro scopi in modo dettagliato e documentato; ha considerato tali scopi frustrati per la scoperta di un così grave disastro ambientale, perdurante da anni e non eliminabile prima dell’anno 2029; ha ritenuto rispettati i canoni interpretativi formulati in materia, sotto il profilo dello scopo, delle attività nonché della prossimità territoriale e temporale degli enti, i quali avevano anticipato, sotto tutti gli aspetti, ciò che era stato scoperto e accertato dopo l’inizio delle indagini nel sito di Spinetta Marengo.
La Corte di assise di appello ha richiamato sul punto le argomentazioni lineari e coerenti della Corte di assise di Alessandria, che ha evidenziato quanto segue:
A) Il «WWF Italia», riconosciuto dall’art. 13 L. n. 349 del 1986, ai sensi dell’art. 5 dello Statuto Associativo, persegue istituzionalmente la conservazione della natura e dei processi ecologici e la tutela dell’ambiente, mediante il promovimento di azioni giudiziarie e proposte di normative sulla tematica in questione; è radicato sul territorio ed ha sedi regionale in Torino e provinciale in Alessandria ed aveva effettuato nel 2006 una serie di studi nel territorio della Fraschetta, a causa degli stabilimenti chimici ivi presenti, procedendo all’individuazione dei siti inquinati e concorrendo ad elaborare con «Medicina Democratica» un dossier sugli inquinamenti, sfociato in vari esposti alla magistratura; il progetto in questione si era occupato anche della problematica del rio Livassino e si era posto l’obiettivo di approfondire l’impatto conseguente alle immissioni di sostanze inquinanti nell’ambiente, comprese le matrici superficiali degli acquiferi e dei terreni; proprio il polo chimico aveva formato oggetto di attenzione.
B) La «Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta Onlus», nata nel 1980, è la più diffusa sul territorio ed opera per la valorizzazione, tra l’altro, dell’ambiente, della salute collettiva e delle specie animali e vegetali attraverso attività di vigilanza per il rispetto delle leggi e delle norme in materia ed il disinquinamento di zone agricole ed industriali; aveva anche svolto iniziative per il sito di Spinetta Marengo, consistenti in comunicati, promozioni di incontri e presentazione di richieste di bonifica agli enti pubblici della zona della Fraschetta, compromessa dall’attività chimica del polo industriale.
C) L’Associazione «I Due Fiumi E.R.I.C.A. – Pro natura – Alessandria» persegue gli scopi di agire nel campo della salvaguardia dell’ambiente in tutte le sue forme, dei bacini fluviali in particolare e di svolgere una funzione di stimolo, collaborazione e dialogo con le istituzioni preposte alla salvaguardia e al recupero degli ecosistemi fluviali e, più in generale, delle componenti che rendono l’ambiente più vivibile; la circostanza che il nome dell’associazione evocasse i fiumi Tanaro e Bormida e che si fosse costituita all’indomani dell’alluvione del 1984 per raccogliere dati sulla messa in sicurezza delle predette aree non escludeva l’orizzonte diretto alla salvaguardia degli ecosistemi fluviali e della purezza della falde acquifere destinate a sfociare nei fiumi; emergeva, quindi, uno stretto collegamento con le tematiche in esame.
Di lì… Otto articoli su tematiche riguardanti l’ambiente della Fraschetta, la sua complessa idrografia, il rio Lovassina in quanto fonte di preoccupazione per la popolazione residente. Ancora il rio lovassino (passante proprio per Spinetta m.go) con residui consistente di cromo di origine industriale (Colorificio Attiva e non solo) e residui consistenti (20 kg complessivi) di polverino di ossido di uranio, come scarto di lavorazione della barre in zirconio della vicina Fabbricazioni Nucleari di Bosco marengo. Due interviste a malati di tumore alla vescica (T4 con referto del dott. Serao) e al colon/retto (con referto della dott.ssa Gigli). E, ancora quattro interviste a familiari di operatori in azienda tra gli anni 1957 e 1989 (perforazione nasale da titanio, complicazioni da malattie respiratorie e al fegato). Tutti su “Quale Futuro” settimanale di Alessandria e provincia.
E ancora sei articoli tra il 1997 e il 2001 sulla rivista sindacale provinciale della Camera del Lavoro CGIL a firma del presidente Pier L. Cavalchini (in evidenza a fine articolo) con una sola riedizione dell’intervista ad una famiglia interessata da più decessi (abitante a Bettale AL) e cinque nuovi articoli tutti centrati sull’ambiente fabbrica e sulle sue evoluzioni. Interviste a RLS, all’assessore all’Ambiente della Seconda Giunta Calvo, al responsabile FILCEA dott. Mirabelli.
D) «Medicina Democratica» ha tra le sue finalità la tutela della salute e dell’ambiente nei luoghi dì lavoro, la promozione e la tutela di beni ambientali e l’assistenza legale ai lavoratori e ai cittadini in genere bisognosi di tutela per il loro diritto alla salute; a decorrere dal 1994 nei numeri della rivista dell’associazione erano trattati i temi della tossicità e della cancerogenicità di diverse sostanze, compresi i metalli, i composti inorganici e i composti alifatici clorurati, del tipo di quelli rinvenuti nell’area di Spinetta Marengo. Era ritenuto privo di pregio il rilievo secondo cui l’associazione in esame non aveva sollevato la questione ambientale relativa all’area in questione 84 prima del 2008 e, pertanto, l’interesse perseguito non era riferito ad una situazione storicamente circostanziata: tale requisito richiesto dalla giurisprudenza, infatti, doveva intendersi come natura lesiva di tale situazione, altrimenti verrebbe inibita la costituzione di parte civile ad enti, che non vengano a conoscenza della notizia di reato prima degli organi giudiziari. Inoltre, l’associazione in esame contribuiva al dossier sugli inquinamenti menzionato supra sub lett. A). E) La «CGIL – Camera del Lavoro Territoriale di Alessandria» consiste in un’associazione rappresentativa dei lavoratori per la tutela della loro salute. Si tratta di uno strumento attivo per la realizzazione del diritto alla salubrità dei posti e degli ambienti di lavoro, indipendentemente dall’iscrizione o meno dei lavoratori alla confederazione. Il sindacato aveva partecipato alla tavola rotonda del 1997, contenente il punto della situazione sul problema ambientale della Fraschetta.
Un articolo conteneva uno specifico riferimento al monitoraggio delle varie componenti ambientali all’interno dello stabilimento e nelle sue immediate vicinanze. (Proprio Lotte unitarie). Un comunicato del 2005 chiedeva analisi sulla potabilità dell’acqua e sull’eventuale presenza di contaminanti dovuta alle sostanze usate nello stabilimento.
Dalla sentenza (giusto per ricordare l’atto finale). “La Corte di assise di appello, con motivazione immune da censure, ha rilevato la difficoltà di quantificare il danno morale e l’inesistenza di indicatori al di fuori dell’equità; lo ha calcolato alla luce della gravità del disastro ambientale di amplissime proporzioni, del grado di sofferenza, del fondato timore e del perturbamento indotto in ciascuna delle parti civili da ristorare. Per tali ragioni, non essendo agevole stabilire il grado, l’intensità e la profondità della sofferenza indotta, ha escluso di poter stilare un’impropria graduatoria interna tra le parti civili.”
(…)
Ripreso da uno degli articoli usciti di recente dopo la sentenza del 2019. “Si sostiene che l’evento disastro si era già realizzato parecchi decenni prima dell’ingresso della Solvay nella gestione, anteriormente al conferimento dell’incarico al Guarracino (v. pagg. 68-71 della sentenza di primo grado): gli elementi inquinanti e la relativa contaminazione erano riconducibili a lavorazioni del passato (vedi le produzioni di cromo esavalente iniziate negli anni ’30 e cessate nei primi anni ’70, con lo smantellamento degli impianti).
Sin dagli anni ’90, i tecnici interni conoscevano il reale contenuto tossico-nocivo delle discariche e dei cumuli di scarti di lavorazione, privi di protezione, con contaminazione del terreno e da qui alle acque. (fatto più volte segnalato negli articoli di allora).” Inoltre “l’alto piezometrico esisteva sin dal 1989 (vedi relazione del geologo dr. Mauro Molinari effettuata per conto della Montefluos, società di Montedison (citata nel primo articolo del 1997 pubblicato su “Lotte unitarie”). Dalle medesime indicazioni dei giudici di merito emergeva l’assenza di incidenza causale della condotta del G., ingegnere dal 2003, su un disastro già consumato decenni prima del suo arrivo.” Indicazioni, queste ultime riguardanti l’operato di uno degli imputati.
In uno degli ultimi pezzi redatti per la rivista sindacale si arrivò addirittura a segnalare per tempo, e a seguito di indagine approfondita, che Il direttore di stabilimento, non è automaticamente responsabile dell’ambiente interno ed esterno alla fabbrica (se non per colpe dirette o operazioni da lui espressamente ordinate) e non gli potevano essere affidate le specifiche decisioni in materia, le quali erano state devolute a tecnici iperspecializzati della Solvay, dotatasi di due apposite strutture: l’HSE di sede specifico dello stabilimento di Spinetta Marengo e l’HSE di gruppo. Fatti che poi furono alla base di alcuni pronunciamenti in sede processuale.
Altra questione presa in esame nelle pubblicazioni curate da Pro Natura Alessandria nella persona del suo presidente furono “le perdite idriche dello stabilimento sempre significative a dimostrazione dell’inidoneità delle attività di manutenzione delle condotte sotterranee” Sempre nell’articolo del settembre 2000 si faceva riferimento alla Procura che aveva convenuto “sulla circostanza della destinazione da parte della Solvay di ingentissime risorse sulla manutenzione, interventi però dimostratisi non risolutivi a causa del mancato arresto delle perdite sotterranee”. Le perdite d’acqua delle conduzioni sotterranee erano ineliminabili, per cui la loro presenza non costituiva sintomo di cattiva manutenzione. Fu messa in evidenza, soprattutto, una frase curiosa espressa dall’ing. Capogrossi. “Le perdite d’acqua dello stabilimento erano calcolabili attorno all’8-10% a fronte di una dispersione media in Italia del 40% circa” e, sempre lo stesso. “Guardate che dal punto di vista tecnico-scientifico, gli esperti del settore consideravano reti idriche efficienti quelle idonee a limitare le dispersioni al 25% “ (sic).
Finiamola qui, per il momento. Come si può vedere puer sulle acque ci sarebbe molto da approfondire e scandagliare e auguro di cuore a università, associazioni e amministratori di arrivare ad una composizione completa del puzzle, intricatissimo, con conseguente capacità di sintesi positiva…vero coronamento a tutto il lavoro
…
.1. Penale Sent. Sez. 4 Num. 13843 Anno 2020 Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: ESPOSITO ALDO Data Udienza: 12/12/2019
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