Scorie nucleari. Alla ricerca del “sito meno inidoneo”

Il Consiglio Regionale aperto del 26 gennaio 2021 sarà una occasione per riprendere una questione, quella della produzione energetica da fissione nucleare, che ha caratterizzato per lungo tempo il dibattito scientifico-politico a livello regionale e nazionale. Siamo, infatti, la regione con il maggior numero di scorie nucleari stoccate (più o meno bene) soprattutto presso i centri di studio o produzione di Saluggia, di Trino V,se,  di Bosco Marengo – AL (F.N.) ed in altri meno conosciuti. Siamo stati uno dei centri della pressione Cnen/ENEA quando si è trattato di trovare nuovi siti per le centrali elettronucleari Westhinghouse 2000MW. Siamo stati quelli che, con pochi altri, hanno saputo confutare le tesi nucleariste del nucleare “energia pulita perpetua”, ben sapendo a cosa si andava incontro. E oggi siamo a pagarne le conseguenze.

Di cosa tratterà il Consiglio regionale aperto

Sarà possibile collegarsi, per seguire tutto l’andamento del Consiglio (relazioni, interventi, dibattito) dal primo mattino fino a tardo pomeriggio di martedì. Su https://www.facebook.com/crpiemonte/

… Ecco il dettaglio

CONSIGLIO REGIONALE APERTO, MARTEDÌ 26 GENNAIO, SULLA COLLOCAZIONE DEI DEPOSITI NUCLEARI.

Martedì 26 gennaio (dalle 9.30 alle 18) si svolge in videoconferenza un

Consiglio regionale del Piemonteaperto, convocato dal presidente Stefano ALLASIA , per dibattere sulle ricadute regionali della Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare il #depositonazionale #rifiutiradioattivi. Al termine della #sedutaaperta è prevista l’apertura di una #sedutaordinaria per esaminare gli atti d’indirizzo relativi al #dibattito.Proseguono in #videoconferenza anche i lavori delle #Commissioni.

Martedì 26

Dalle 9.30 alle 18 #Consiglioregionale aperto su “ #CNAPI (Carta Nazionale Aree Potenzialmente Idonee) ad ospitare il deposito nazionale dei #rifiutiradioattivi: riflessioni sulle ricadute regionali”.

Al termine della Assemblea aperta si apre la Sessione ordinaria per l’esame degli atti d’indirizzo collegati.

Sullo specifico è intervenuta Legambiente con il documento che segue.  E’ di “Legambiente Ovadese”, operante di concerto con altri circoli e associazioni su tutto il territorio provinciale alessandrino. Per comodità lo abbiamo ripreso (integralmente) ma con sottotitoli utili a capire il focus particolare dell’associazione.

L’applicazione dei criteri di esclusione, così come effettuata da Sogin e verificata e validata da ISIN, ha portato all’esclusione del 99,8% del territorio nazionale. Per Sogin, lo ha detto il dottor Chiaravalli, Direttore Deposito Nazionale Rifiuti Radioattivi, al Tavolo di Trasparenza sul Nucleare del 20 gennaio, tutte le 67 aree potenziali sono ugualmente idonee ad ospitare il deposito nazionale.”

Legambiente per la scelta “meno inidonea”: “Legambiente Ovadese, già il 6 gennaio, organizzava per i propri iscritti, per le associazioni e i comitati del territorio, una riunione per collaborare al processo di individuazione del sito veramente MENO INIDONEO ad ospitare il deposito nazionale, poiché tutti sappiamo che non esiste un sito ideale, ma anche fra siti potenziali i criteri di scelta devono tener conto in maniera razionale ed obiettiva di tutte le criticità dei territori.

Attenzione a trovare il sito veramente “meno inidoneo” e non solo quello più “facile” da ottenere: “Il timore è che l’esiguo numero di siti individuati possa portare a non approfondire ulteriormente, per non rischiare di escludere troppi siti e che l’analisi razionale soccomba al grido del più prepotente”.

I precedenti, come l’iter per la discarica “La Filippa 2” non sono incoraggianti: “Non sempre, inoltre, le analisi su larga scala evidenziano le criticità che invece sono note a chi il territorio lo vive. Ben l’abbiamo sperimentato noi alessandrini con il progetto di discarica al servizio dell’economia circolare di La Filippa 2.0.”

Attenzione alle Aree di ricarica delle falde acquifere profonde: “In particolare il primo criterio che macroscopicamente emerge per la sua assenza è il rispetto delle “Aree di ricarica delle falde acquifere profonde”, quelle destinate al consumo umano. Per la provincia di Alessandria due aree (AL8 e AL13) ricadono in Aree di ricarica e, in Piemonte anche TO10. Poiché l’acqua è vita anche qui valgono le considerazioni fatte, e rimaste sinora inascoltate per la discarica Riccoboni di Sezzadio: poco conta se le potenziali aree siano a qualche metro dall’area di ricarica, poco conta se la direzione della falda devia escludendo il sito dell’impianto negli ultimi 10 centimetri o 10 metri, il buon senso dovrebbe essere più importante della scienza ed escludere a priori AL8, AL13, TO10 e naturalmente le altre aree, fra le 67, con la stessa caratteristica.”

Attenzione alla valutazione degli studi, che deve essere fatta da tecnici “terzi”: “Nel processo per l’individuazione del sito meno inidoneo è necessario analizzare sia i criteri di esclusione sia la loro applicazione mettendo anche in dubbio l’analisi svolta da Sogin. Analisi che è dichiaratamente partita e “si è fondata su documenti e studi prodotti dai migliori tecnici delle Regioni, di Arpa ecc..”. “ “Ci deprime molto apprendere che la Regione Piemonte ed i Comuni si affideranno a quegli stessi tecnici per “controllare” il lavoro di Sogin. Non è che non ci sia fiducia nelle capacità, semplicemente riteniamo che difficilmente laddove ci fossero errori o dimenticanze questi stessi tecnici sarebbero in grado di vedere ciò che precedentemente non hanno visto. Affiancare professionisti esterni, che come prerequisito non abbiano collaborato alla stesura dei materiali già a disposizione, appare una richiesta sensata da porre alla Regione e ai Comuni interessati dalla CNAPI a tutela delle criticità dei territori e verso l’individuazione più razionale possibile del sito veramente meno inidoneo.” Tecnici esterni

Massimo rispetto dei criteri ISIN stabiliti, senza inventarsene di nuovi: “Ci allarmano, inoltre, le affermazioni di Chiaravalli, Sogin, in merito all’ordine di idoneità delle potenziali aree sulla base di caratteristiche tecniche e socio-ambientali, affermazioni che contrastano con i criteri oggettivi di ricerca del sito meno inidoneo. In base ad aspetti socio-ambientali e logistici, Chiaravalli ha in sostanza affermato che Sogin punta ad individuare l’area in Piemonte perchè è la regione che ha più nucleare. Ed infatti 7 delle 12 aree definite da Sogin “classe A1” e quindi molto buone sono aree piemontesi.”

Necessità di rendere pubblici alcuni studi all’origine dell’attuale carta CNAPI: “Bisognerebbe chiedere formalmente a Sogin di pubblicare il documento contenente le caratteristiche tecniche e socio-ambientali e gli aspetti logistici e di classificazione sismica di natura amministrativa che è alla base di questa suddivisione in categorie di “idoneità”.

“Troppo semplicistica l’analisi presentata al Tavolo di Trasparenza:

  • adeguata distanza dalle linee ferroviarie,
  • assenza di edifici residenziali,
  • limitata presenza nel territorio comunale di superfici di pregio a valenza agraria,
  • bassa presenza di valenze naturali. “

“E’ la Regione Piemonte che dovrebbe assumersi la responsabilità di chiedere alla Sogin come e perchè i propri siti siano così discriminati rispetto alle altre regioni italiane.”

Attenzione ai pareri degli Enti Locali, segnatamente dell’Ente Provincia: “In questo momento nella provincia di Alessandria ben 6 aree sono nel limbo del passaggio da aree potenzialmente idonee ad aree idonee, questo stressa la Provincia negli iter di nuove autorizzazioni in corso nelle aree e stressa economicamente le attività insediate in quelle stesse aree.” . “La Provincia di Alessandria ha esplicitamente chiesto al Tavolo di trasparenza quali norme seguire per le autorizzazioni in corso nelle sei aree potenzialmente idonee.”

Opere  di compensazione e “ristori”, pur ingenti, devono essere frutto di logica amministrativa nel pieno rispetto dell’ambiente, senza perdersi in strade oscure…: ”Ben sappiamo come l’incertezza ed il vuoto amministrativo lascino spesso spazio a fenomeni di infiltrazioni della criminalità che si concludono sempre a danno dell’ambiente e dell’uomo.” “Abbiamo intrapreso il processo verso il Deposito Unico Nazionale ed il conseguente recupero ambientale degli attuali siti come atto di tutela e rispetto per le future generazioni, vigiliamo tutti insieme perchè durante il percorso si rispettino tutti i territori e tutte le popolazioni coinvolte” . Fin qui l’intervento che verrà riassunto e arricchito nell’intervento del rappresentante di Legambiente e di altre associazioni ambientaliste.

Una presa di posizione interlocutoria che richiede in sostanza due cose: l’affido a tecnici “terzi” non coinvolti nella stesura del documento CNAPI stesso, del compito di validazione e verifica dei dati base e, in secondo luogo, una valorizzazione dei pareri locali (soprattutto dell’Ente Provincia) sulla base di criteri chiari e inoppugnabili. Ma, forse, è il caso di andare un pochino oltre. E qui viene in aiuto, più del documento ufficiale dei Verdi nazionali, ripreso dall’esecutivo dei Verdi della provincia di Alessandria, chiuso su un “no” generalizzato, uno scritto dei “promotori Futura Sintesi – iscritti  e simpatizzanti Verdi / Europa Verde del Piemonte Sud. Quella che, con tutta probabilità andrà a costituire una delle costole della minoranza all’attuale dirigenza Bonelli alla prossima assemblea nazionale.

La posizione di “Synthesis”

Si tratta di una presa di posizione contemporanea al giorno di pubblicazione della carta CNAPI e che riporta la questione su un livello più generale. Con le assunzioni di responsabilità che ne conseguono.

Le previsioni per l’attuazione dell’iter necessario alla realizzazione del sito e alla sua messa in opera ci portano – di fatto –  intorno al 2025, anche se, in questi casi, i “termini” sono sempre molto relativi. Un impatto non da poco, quello di un impianto di stoccaggio nucleare, che da sempre i Verdi italiani (come scritto nel documento in oggetto) hanno previsto come uno dei principali problemi legati all’uso dell’energia nucleare da fissione (e in prospettiva anche da fusione). Una situazione imbarazzante che metterà a dura prova le capacità di corretta informazione, accesso agli atti fondamentali e , se del caso, delle varie amministrazioni coinvolte. Lo stesso documento di Legambiente, commentato in apertura ne è una conferma.  Ricordiamo che, una volta individuato il sito in cui verrà realizzato il deposito nazionale inizialmente conterrà ben 78 mila metri cubi di rifiuti a bassa e media intensità e successivamente anche 17 mila metri cubi ad alta attività (per un massimo di 50 anni). La spesa pervista per il “Deposito”, affiancato da un parco tecnologico, è di 900 milioni di euro. Forse è prprio a questa “fetta di torta” che fa riferimento il comunicato legambientino nella sua parte finale, aticipando quello che sarà un possibile tira-e-molla tra stakeholders vari e le stesse amministrazioni periferiche. E’ ancora troppo evidente il vulnus  prodotto dalla non-discussione in margine ai provvedimenti di sostegno ai lavori del c.d. “Terzo Valico ferroviario GE-MI” ammontanti a sessanta milioni di euro per soli undici Comuni. Un continuo rincorrersi di proposte, di spinte e controspinte che poco – o nulla – hanno a che vedere con la programmazione trasportistica. Nello specifico della proposta Sogin vi è anche, a corollario, il cosiddetto  “parco tecnologico” ma, per ora, si hanno poche informazioni, vista la genericità dello specifico paragrafo che ne tratta, almeno per quanto si può capire dal sito  (https://www.depositonazionale.it/) .

Cosa ci si può attendere

Una condizione di emergenza che non può essere sottovalutata e che rende ancor più meritorie le lotte e le opposizioni fatte, in modo sempre pacifico e a termini di legge, tra gli anni Settanta e Novanta dello scorso secolo. Non c’è affatto da scherzare e tanto meno da “minimizzare”. Nel “Deposito Nazionale” saranno sistemati definitivamente – come già segnalato –  circa 78.000 m3 di rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, la cui radioattività decade a valori trascurabili nell’arco di 300 anni. Sia sulla definizione di “molto bassa e bassa attività” come su quello di “valori trascurabili” è già iniziato, anche nelle commissioni parlamentari, un costruttivo confronto. Inoltre di questi rifiuti, è bene ricordarlo,  circa 50.000 metri cubi derivano dall’esercizio e dallo smantellamento degli impianti nucleari per la produzione di energia elettrica (chiusi definitivamente dal Referendum appositamente indetto nel 1987). A questi cinquantamila andranno aggiunti i circa 28.000 metri cubi provenienti da impianti nucleari di ricerca e dai settori della medicina nucleare e dell’industria.  Anche sui tempi e sulle prospettive future è utile fare chiarezza.   Infatti sul totale di circa 78.000 metri cubi, 33.000 metri cubi di rifiuti sono già stati prodotti, mentre i restanti 45.000 metri cubi verranno prodotti in un futuro non ben determinato (secondo gli atti pubblicati).  Nel Deposito Nazionale sarà pure compreso il Complesso Stoccaggio Alta attività (CSA), per lo stoccaggio di lungo periodo di circa 17.000 metri cubi di rifiuti a media e alta attività. Una minima parte di questi ultimi, circa 400 m3, è costituita dai residui del riprocessamento del combustibile effettuato all’estero e dal combustibile non trattabile. Cioè quello che abbiamo inviato all’estero, pagando profumatamente per il trattamento specifico, e che – comunque – ci ritorna per le parti “non processabili”. Una grana in più.

E’ vero che il Deposito Nazionale ospiterà esclusivamente i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese, sulla base del principio, affermato dalle norme vigenti, che ogni Paese ha la responsabilità di gestire i propri rifiuti radioattivi, ma l’entità del materiale da trattare e, soprattutto, il costo relativo dello stesso a fronte di un “servizio energetico limitato” cioè di un “flop” riconosciuto a livello internazionale dell’avventura nucleare italiana, grida vendetta . In attesa della disponibilità di un “Deposito geologico idoneo” e “gestibile in sicurezza”, i rifiuti a media e alta attività saranno stoccati all’interno di una diversa struttura di deposito temporaneo, denominata CSA, “Complesso Stoccaggio Alta attività”, collocata sullo stesso sito del “Deposito Nazionale”. Cioè, in sostanza, il “Deposito Nazionale assommerà una serie di rischi in attesa di soluzioni migliori”. Incredibile…ma è proprio scritto questo nella comunicazione ufficiale. Infatti i residui radioattivi e i materiali nucleari a media e alta attività saranno stoccati, secondo il documento Sogin, “in appositi contenitori altamente schermanti, quali ad esempio i cask, specifici contenitori qualificati al trasporto e allo stoccaggio, capaci di resistere a sollecitazioni estreme sia meccaniche che termiche (urto e incendio). Anche se questi stessi “cask” non avranno mai una garanzia illimitata ma solo e soltanto legata a parametri di volta in volta indicati dalle prescrizioni amministrative”. Quanto mai volatili e discutibili come abbiamo già verificato in mille altre occasioni. Testualmente il documento Sogin, sul dato specifico e sulle possibili contestazioni che ne potrebbero conseguire, recita: “Il CSA risponderà ai requisiti di sicurezza richiesti dall’autorità di controllo, sarà in linea con analoghe strutture già presenti all’estero e disporrà di processi e tecnologie per la gestione ottimale delle diverse tipologie di rifiuto a media e alta attività, attraverso meccanismi di movimentazione remotizzati o con operatore. “ (documento citato). Tutto bene allora? Beh…Avemmo giustamente dubbi sulla scelta nucleare ai tempi del CNEN, di Felice Ippolito e del PEN di Donat Cattin… I fatti ci diedero (e ci danno) ragione. Ora correre ai ripari non sarà semplice e, stanti le – giuste – prescrizioni europee, non sarà affatto indolore. Quindi ribadiamo il nostro “no” a scelte forzate e frutto di scambi di vertice, ben sapendo che, ad un certo punto, si dovrà trovare una soluzione. Ma quella soluzione, l’identificazione di un sito di stoccaggio delle scorie nazionale dovrà essere una testimonianza in negativo dell’insipienza di cinquant’anni di politica economico-industriale ed energetica della nostra Italia. Con l’impegno a migliorare nelle energie rinnovabili, quelle vere, non quelle causa di disastri o peggioramento delle condizioni ambientali.

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