“Sindrome Nimby” o capacità di programmazione?

In altri momenti storici, a volte anche in modo strumentale, il movimento ambientalista, specie quella frazione (minoritaria) con velleità politico-amministrative, si sarebbe buttata a capofitto in un sostegno a tutto campo a favore di chi “si oppone alle multinazionali dell’energia” specie se in modo ambiguo dal punto di vista dei finanziamenti, del profitto finale e, soprattutto, in presenza di un quadro non chiarissimo dal punto di vista legislativo. Una esperienza non nuova (per chi appartiene ad una associazione ambientalista) che abbiamo fatto di recente per un impianto di grandi dimensioni a Cantalupo, a fianco della fabbrica Guala, uno dei più estesi in agrifotovoltaico della provincia (con tanto di esposto di Pro Natura Alessandria alla procura della repubblica, controfirmato da molti residenti della zona). Lo abbiamo fatto per l’impianto eolico, per noi sproporzionato del Giarolo e per quello della “Madonnalta ” di Acqui Terme, assolutamente fuori luogo. Niente di particolare, per quanto riguarda Pro Natura Alessandria, con tutto il rispetto per altre associazioni (come Legambiente) che hanno approfondito molto meglio di noi le questioni base, le solite di sempre. “Rispetto di VIA e VAS”, “Aderenza alle norme regionali e nazionali con la tendenza a diminuire l’impatto dell’impianto anche in presenza di rispetto con largo margine della norma”, “Utilizzo sociale e ben distribuito di quanto viene prodotto in termini di MWe” questione delicata e importantissima in vista di una resilienza vera. Per questi motivi, da parecchio tempo, non basta una telefonata all’ambientalista di turno per avere una copertura contro qualcosa o qualcuno ma, come si è visto, a volte si ha sostegno, a volte no. Per cui viene estremamente utile capire da chi, a livello amministrativo e come rappresentante di un movimento c.d. “dal basso”, si interessa di queste delicate tematiche, in che modo si potrebbero trovare soluzioni efficaci, utili a scongiurare la perpetuazione dell’uso di energie fossili o, peggio, aprendo la strada a “scorciatoie nucleari” assolutamente fuori dalla più elementare scienza energetica. 

Grazie quindi ai nostri due interlocutori (Giulia Giustetto, consigliere comunale ad Alessandria e  Giancarlo Rossi, rappresentante del “Comitato Salviamo le Cascine”). Qui di seguito le risposte alle nostre domande. 

.1. Come intende, Lei, un agrifotovoltaico sostenibile? È possibile oppure dovremo promuovere solo e soltanto coperture/metrature di aree dismesse o coperture di edifici pubblici e privati in attività?

G. Giustetto (1) – Sappiamo che l’agrivoltaico differisce rispetto all’installazione di un impianto fotovoltaico perché è realizzato in modo da rendere compatibile la coltivazione insieme con la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile. Sembrerebbe, dunque, una soluzione al problema del consumo di suolo agricolo. Le norme hanno, infatti, “risolto” la questione dichiarando semplicemente, infatti, che l’agrivoltaico, così come anche impianti di bassa potenza, “non sono consumo di suolo”.

Questo però non è corretto: un doppio uso non riduce il consumo, né abbiamo ad oggi elementi che possano provare una non compromissione della fertilità dei terreni agricoli a seguito dell’installazione dell’impianto. Nulla sullo smaltimento.

Per quanto riguarda la compatibilità con le coltivazioni agricole, sappiamo, ad esempio, cha alcune sono implementate dalla presenza di pannelli fotovoltaici che, muovendosi secondo il sole, garantiscono un sistema di ombreggiatura che ripara le piante dall’esposizione diretta al sole, soprattutto nelle ore più calde e nelle stagioni più calde, quando può persino danneggiare la coltura: il cambiamento climatico incide anche su questo.

Non tutte le coltivazioni, però, possono essere compatibili con questo tipo di impianto. Il problema, infatti, non è solamente ambientale, ma anche economico e agricolo. Possiamo serenamente decidere di arrenderci al cambiamento climatico e ai suoi effetti, sapendo che alcune colture in Italia non si faranno semplicemente più: bisognerà però trovare una soluzione economica sia per le imprese, sia per gli agricoltori, sia per l’export. Ma non dovrebbero le istituzioni, le associazioni, le imprese cooperare per trovare una soluzione che tenga un punto di equilibrio fra tutto questo, governando tanto le politiche energetiche quanto la transizione ecologica e nel rispetto dei territori e delle loro peculiarità?

L’Italia vive di peculiarità, enogastronomiche, culturali, artistiche: sarebbe opportuno trovare, rapidamente, questo punto di equilibrio nella forma della collaborazione e non attraverso le regole di mercato che si autoregola perché, abbiamo visto, non si autoregola con equilibrio e non è in grado di delineare nessun tipo di piano pubblico, non essendo il suo ruolo. Le politiche ambientali ed energetiche invece richiedono programmazione.

Questo ultimo elemento mi consente, finalmente, di introdurre l’argomento della speculazione. Una maggior produzione di energia da fonte rinnovabile è necessaria, ma i nostri consumi non sono destinati a scendere. Una programmazione per le politiche energetiche ed in equilibrio con il rispetto dei territori non può essere demandata alle norme vigenti né a istituzioni locali lasciate senza norme adeguate e aggiornate a dialogare da sole con grosse imprese (non del territorio) titolari di fondi speculativi e in assenza di pianificazione pubblica.

Chi è titolare di fondi speculativi persegue prima di tutto la massimizzazione del profitto: si può considerare la produzione di energia da fonte rinnovabile, a fronte di questa premessa, come un interesse pubblico che sovrasta gli altri, ma che ha ricadute positive solo per il privato? Molto spesso tutto ciò, a fronte del vuoto normativo, si svolge in assenza di: studio agronomico, tutela del territorio dal consumo di suolo, tutela dell’ambiente, della fauna, tutela del mercato immobiliare, studio idraulico (impatto delle piogge e irrigazione), tutela dalla produzione di calore, tutela dei beni architettonici e culturali, tutela delle colture e del mercato agricolo. E non perché non ce ne siano le capacità, ma perché se la norma non lo impone, l’impresa non lo produce: il problema non è ambientale, ma giuridico e speculativo.

L’ingiustificabile ritardo nella produzione di energia da fonte rinnovabile non può essere alibi per la speculazione urbanistica. E’ da prediligere in via prioritaria e obbligatoria, come passaggio vincolante, che si utilizzino dapprima superfici come coperture e aree dismesse: certo, significa invertire la logica dei fondi speculativi e organizzare una pianificazione pubblica. L’installazione di impianti agrivoltaici deve essere realizzata in equilibrio con i fattori dei quali manca ad oggi ancora una definizione e sempre soggetta a una programmazione.

Poi, forse, quando ci libereremo delle ipocrisie, prima o poi affronteremo il problema di una politica energetica comune davvero solidale e che valuti le possibilità produttive degli impianti di energia rinnovabile almeno in tutta Europa, senza deturpare, umiliare, deformare il territorio, le sue peculiarità e bellezze anche artistico-paesaggistiche.

 

Sempre la domanda n.1 ma al rappresentante di “Salviamo le Cascine”

G. Rossi (2) – Le problematiche sono molteplici evidenziando che i parchi agrivoltaici non sono indolori per il suolo,gli ecosistemi di superficie, le relazioni ecosistemiche tra suolo e vegetazione, gli equilibri ambientali ed il paesaggio.

Da un’analisi effettuata emerge chiaramente che moltissimi pareri emessi dalla Commissione CT.VIA,ovvero dal Mase,risultano essere negativi in materia di impianti agrivoltaici. “Sulla base dei dati resi pubblici su 234 progetti valutati, i pareri positivi risultano essere solo 130 pari al 56%,mentre in 104 casi la pratica sottoposta ha avuto esito negativo.” (QualEnergia.it).

Le motivazioni principali hanno ad oggetto: suolo, biodiversità agroalimentare, elettromagnetismo, popolazione e paesaggio. In tutti i casi la Commissione ha lamentato imprecisioni negli studi sottoposti, viziati da gravi incoerenze e scarsa attenzione alla componente agricola dell’impianto, trovando insufficienti le relazioni agronomiche, sviluppando obiezioni tecniche di fattibilita’, entrando nel dettaglio degli spazi e delle manovre necessarie, o della redditivita’, oltre all’impatto sulla biodiversita’ e sul suolo agricolo.

Evidente che un grande progetto agrivoltaico non e’ un progetto di ingegneria : il progetto deve avere cura del paesaggio (che e’ natura e cultura) e della natura (biodiversita’ e relativi equilibri) fornendo grande attenzione alle discipline agronomiche ed a quelle naturalistiche.

In tal senso l’art. 14 Comma 5 DL 275-2024 (Regione Veneto) “Si rende necessario introdurre una modifica alla legge regionale volta a rafforzare la caratteristica agricola degli impianti. Infatti, se non vi sono problemi nell’ipotesi in cui il soggetto proponente la realizzazione dell’impianto agrivoltaico sia l’imprenditore agricolo stesso come configurato dall’articolo 2135 del Codice Civile, alcune criticità proprio in ordine alla continuità dell’attività agricola, che deve coesistere con l’attività di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, possono verificarsi soprattutto con riferimento a progetti di impianti di elevata potenza che richiedono risorse finanziarie importanti e che vedono l’intervento di imprenditori energetici, non agricoli, anche nella forma dell’associazione temporanea di impresa ( ATI).

Per questo motivo è necessario rafforzare il requisito della continuità dell’attività agricola sull’area interessata dall’impianto prevedendo la condizione, per il soggetto che attua il piano colturale, di essere imprenditore agricolo ai sensi dell’articolo 2135 del Codice Civile con l’iscrizione al sistema camerale per verificarne l’esercizio professionale dell’attività, e, come ulteriore garanzia, la titolarità del fascicolo aziendale”.

E ora passiamo alla seconda domanda…

2. Come pensa (e suggerisce) debba essere rivista la normativa regionale ora vigente (con le evidenti contraddizioni più volte segnalate)? 

G. Giustetto – La normativa regionale del Piemonte ha il grande vantaggio di avere una “gran bella norma” sull’urbanistica, la legge regionale 56 del 1977, che parlava con 50 anni di anticipo (o forse semplicemente per tempo?) di tutela del suolo.

Come già anticipato, il tema dell’energia da fonte rinnovabile non è solamente rilevante da un punto di vista ambientale, ma anche giuridico, certamente in ambito urbanistico, economico, culturale e politico. Le istanze, le loro conseguenze, insieme con quelle dell’installazione degli impianti, ricadono tutte sulle spalle degli amministratori locali: sebbene siano le province ad avere competenze sulla pianificazione territoriale, i destinatari delle conseguenze sociali e politiche della depredazione del territorio sono i Comuni e i loro Sindaci, che si trovano con gli strumenti urbanistici a loro disposizione, soli, a far fronte alle istanze.

Occorre recuperare una dimensione collaborativa e organizzata anche a livello provinciale per la pianificazione del territorio: solidale, però, non come il solito spazio di competizione politica fine a se stessa. Questa collaborazione va, poi, resa forte di fronte al legislatore sia regionale sia statale: non ci sono territori sacrificabili più di altri, è necessario un punto di equilibrio fra i vari interessi e i vari territori, e significa anche prendere il coraggio di affrontare politicamente la questione nella sede opportuna, quella europea, e chiedendo la massima trasparenza, il rispetto della legalità, della pianificazione e dei vincoli di solidarietà fra Paesi membri.

Questo non è il settore della competizione e della gara.

Per quanto riguarda il legislatore regionale, un tassello importante di un puzzle, ma certamente non l’intero puzzle, come si diceva, è essenziale che, con la stessa onestà intellettuale che si richiede ai sindaci oppure ad altre istituzioni, proceda nell’interesse del territorio (e non partitico, personale o politico) a emanare tutte le integrazioni normative, nonché a compensare il vero e proprio vuoto normativo, attraverso il testo che viene definito “Aree idonee” per la salvaguardia del nostro territorio e per la ricerca di un equilibrio fra tutele del suolo e produzione di energia ad oggi inesistente. Senza questo punto di equilibrio, dalla direzione però chiara, il legislatore non è un buon legislatore. La voce delle Regioni è, peraltro, una voce “alta”: sia riportata presso i Ministeri competenti e il Parlamento affinché siano investiti del problema, prima che le leggi regionali siano dichiarate illegittime perché in conflitto con una normativa nazionale già lacunosa e problematica; siano riportate, infine, le stesse istanze laddove bisogna decidere di una politica energetica comune.

Per la seconda domanda la risposta di “Salviamo le cascine “ è la seguente…

G. Rossi: Si richiede alla Regione Piemonte…. competente in materia di individuazione di aree idonee,o non idonee,alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili,  assicurando una adeguata,ed omogenea,distribuzione sul territorio, tenendo conto della localizzazione dei consumi, della capacita’ della rete elettrica e valutando quali possano essere le dimensioni ottimali degli impianti, ponendo un tetto massimo alle potenze al fine di minimizzare gli impatti ambientali :

1) Di designare come aree non idonee tutti i terreni inseriti negli ultimi 5 anni nel Sistema Informatico Agricoltura Piemonte (SIAP), indipendentemente dalla classe identificabile dalla  “Carta della capacita’ d’uso dei suoli del Piemonte”, che siano risultati beneficiari di contributi europei relativi alla Politica Agricola Comune (PAC) oltre a quelli ricadenti nella I e II classe di capacita’ d’uso ed agli areali individuati dai disciplinari delle produzioni agricole vegetali a Denominazione di Origine Protetta (D.O.P.), ad indicazione Geografica Protetta (I.G.P.),a Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.) e Garantita (D.O.C.G.),Unesco, Unesco, buffer

Unesco e Sin. Nel pieno rispetto dell’ art. 7 comma 2 lettera c) DM 21.06.2024….

2) Di consentire, tuttavia, l’installazione di impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra :

° Nelle aree classificate agricole racchiuse in un perimetro i cui punti distino non piu’ di 500 metri da zone, o impianti in essere, a destinazione industriale, artigianale e commerciale, compresi i siti di interesse nazionale, fatti salvi tutti i vincoli derivanti dalla designazione di un’area come “inidonea”,solo nel caso di fornitura di elettricita’ alle imprese ivi insediate.

° Nelle aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri, fatti salvi tutti i vincoli derivanti dalla designazione di un’area come “inidonea”,solo nel caso in cui il proponente risulti essere un imprenditore, o impresa agricola,ex art. 2135 Codice Civile, come certificato dalla CCIA, da almeno 5 anni, presente nei registri (SIAP) ed (ARPEA) per medesimo periodo, ed avente sede legale ed operativa entro una distanza massima,da individuarsi in 10 chilometri, dall’area interessata.

A tal fine non sono da considerarsi strutture idonee le cosiddette (ATI) Associazioni Temporanee di Imprese.

Quindi…attendiamo i prossimi sviluppi che vedranno sicuramente i proponenti pubblici e privati con loro ragioni, progetti e prospettive e il decisore legislativo con diverse opzioni a disposizione (tenendo conto dei livelli superiori, specie europei a cui si dovrà fare riferimento). Noi, redazione di CF, siamo per implementare il più possibile (facilitando accessi a finanziamenti e semplificando le norme) tanto il solare, quanto l’eolico e l’idroelettrico (eccetera…pensando ad altre fonti chiaramente rinnovabili). Con due clausole: parità di trattamento per tutti ai sensi di legge, evitando di arrivare a saturazione e a no “finali” proprio su proposte interessanti e (seconda) con il massimo rispetto delle possibilità di coltivazione dei terreni, anzi cercando di evitare il più possibile le trasformazioni in agrifotovoltaico incentivando aree dismesse e coperture pubbliche e private. Si può fare e ci attendiamo da tutti segnali importanti di responsabilità. (n.d.r.)

 

.1. Giulia Giustetto

Consigliera comunale e provinciale – Alessandria.

.2.  Comitato Salviamo Le Cascine  Il Presidente

Giancarlo Rossi          Mail to       : salviamo.lecascine@protonmail.com

 

 

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