Sulla soglia di casa. Abitare tra sogno e realtà.
Il nuovo libro di Carla Stroppa edito da Moretti & Vitali.
La simpatia di lettura è, comunque, inseparabile dall’ammirazione. Si può ammirare in maggior o minor misura, ma sempre uno slancio sincero, un piccolo slancio di ammirazione è necessario per poter ricevere il premio fenomenologico di una immagine poetica .
Prendo queste parole di Gaston Bachelard come incipit e incitamento a condividere con voi qualche riflessione sull’ultimo libro di Carla Stroppa: Sulla soglia di casa. Abitare tra sogno e realtà, edito da Moretti&Vitali. Sono parole che la stessa Stroppa riporta nel suo libro e che ci offrono un robusto cono di luce sulla necessità di ogni alterità come nostro specchio, ma soprattutto sulla necessità di tenere insieme un binomio sempre più bistrattato: Conoscenza e Amore.
Carla Stroppa, psicanalista junghiana, usa spesso la parola “slancio ” e sempre con immagini differenti e significative che sanno coniugare conoscenza e amore. Un passo indietro, solo per il rinnovato slancio in avanti è quella che mi è più cara, riportandomi ogni volta alla mente che a volte indietreggiare è fare un passo avanti.
Inutile dire che per me la la psicanalisi è soprattutto un’arte religiosa: arte trascendente, che sa trascendere il mentale “religando”, cioè tenendo insieme tutte le nostre parti in una relazione feconda e armonica con tutto quel che ci circonda, ognuno artigiano della sottile rete comune che ci lega ( e ci slega ) e di cui ognuno è un nodo, unico e irripetibile.
Carla Stroppa in questo libro usa il simbolo della Casa per illuminare le molte sue ( nostre ) stanze, aiutandoci ad incontrare le forze rammendatrici della soglia, quella dimensione che il sogno osa attraversare, mettendoci in contatto con quel che c’è, che possiamo, non osiamo, non ancora vediamo.
L’Anima, un ponte tra l’io e il sé. Un simbolico ponte fatto di perdite e di ritrovamenti, di malinconie e di nostalgie, di momenti di luce e di profondo buio, di dolori e gioie indicibili. Un ponte costruito come una volta si costruivano le cattedrali, con la passione di arrivare sempre più vicino al principio ispiratore, con la tenacia di accogliere tutti i disincanti che inevitabilmente ogni architettura incontra, con l’umiltà di sapere che si costruisce sempre sulla sabbia e che la cattedrale è ascolto di quel canto alto che si muove dentro le navate, che non necessita di altari e idoli, che ispira la vera etica in un’ azione secondo Natura.
Sentite come Emily Dickinson racconta di questa costruzione, e come Carla Stroppa ne illumina il significato: sistema di autocura, che la psiche può mettere in atto per salvarsi quando l’orrore del presente spinge alla ricerca di flussi eterni, magari intravisti..”
C’è una sofferenza così assoluta / Che ingoia l’Essenza / Poi copre l’Abisso con l’Estasi / Così la Memoria può passarci / Intorno – attraverso – sopra / Come chi immerso nel Deliquio / Procede sicuro – dove un occhio aperto / Lo farebbe cadere – Osso dopo osso
La simpatia di lettura e l’ammirazione toccano sempre qualcosa di noi: come mai ci avviciniamo a quel libro, a quella persona ? Dove e perchè ci trafigge quella parola ? E quel luogo? E’ una rivelazione sempre l’incontro e dire che chi teme l’altro teme l’incontro con sé stesso, mi pare sempre più evidenza nella cruciale realtà che ci circonda.
L’autrice mostra nel libro i volti delle nostre paure, disegnate nelle drammatiche esistenze ferite da relazioni genitoriali incapaci d’amore; nelle pagine del libro possiamo toccare con mano come gli errori dei padri – e delle madri – ricadano sui figli e sul futuro dell’intero cosmo. Ma possiamo anche vedere i molti aiuti che la vita offre, certamente a chi non si vuol nascondere e osa incontrare l’Ombra, figura necessaria alla luce della conoscenza.
Così come per la nostra autrice anche per me la Casa è protagonista di molti sogni ed è stato proprio “l’abitarla” che ne ha portato alla luce gli anfratti più bui, i pertugi, le stanze inviolate e quelle troppo frequentate, le cantine e i solai: l’incontro con il basso e lo slancio verso l’alto.
E dentro quelle stanze, poco a poco, i volti e i moti degli abitanti, le indifferenze, le incapacità, le indicibili violenze dei familiari orchi, le fate buone e quelle cattive: sedie elettriche familiari che costellano lo zodiaco del quotidiano.
Carla Stroppa si fa torcia per interni bui, occhio azzurro di proiettile per i buchi di ogni serratura, e la vena poetica del suo scrivere che svela e ci svela, non fa sconti, ma ci offre contemporaneamente le tenerezze dell’incanto che la casa – nella sua polarità creativa e distruttiva – porta con sé. Come non ringraziare quegli angoli nascosti e silenziosi ove da bambini ci rintanavamo per fuggire alla visione dei grandi, che troppo spesso non sanno quel che fanno?! Come non rammemorare la cucina e i suoi profumi, la pelle umida e antica della nonna, odori conosciuti eppure estranei, come quelli che lievitavano nella camera da letto dalle bianche lenzuola di tela pesante, in cui ci si infilava felici o infelici, paurosi del buio o, come me, felici di un’oscurità più chiara e accogliente della troppo spesso mortifera luce diurna.
Tutti riceviamo un dono / poi, non ricordiamo più / né da chi né cosa sia / Soltanto, ne conserviamo / pungente e senza condono / la spina della nostalgia. ( Giorgio Caproni )
L’infanzia è il regno degli angeli e dei demoni e i bambini ne sono il tabernacolo. Ma i bambini, a differenza degli adulti, hanno la chiave d’oro per tirar fuori da entrambi i loro segreti e aprire la porticina dell’immaginazione e della lingua del non dicibile. Da bambini siamo ancora con una gran parte di noi dentro il sogno che stiamo andando a sognare. Il trauma di una tempesta troppo in anticipo segna inevitabilmente la tenera anima dell’albero che siamo, il seme potrà marcire o fiorire e qui vive il grande Mistero della vita.
“L’albero della vita – scrive la Stroppa – avvelenato nelle radici, si sviluppa in modo mostruoso: una vitalità spiritata diviene la sua linfa e finisce col trasformarlo in un illusorio albero della cuccagna sulla cui cima svetta trionfante una demonica maschera mortuaria. Ma per dirlo e ridirlo: altre volte proprio il dolore si fa traino della passione trasformativa”.
Ancora una volta è la passione la miccia della conoscenza, ed è in queste magiche nozze che il sogno si fa risanatore; non a caso nell’antichità era il tempio il luogo sacro ove i sacerdoti ci accompagnavano a sognare, accanto a sorgenti d’acqua e a serpenti si passava la notte, augurando che il sogno riparasse la ferita e portasse quiete nel mondo intero, dentro e fuori naturalmente inseparabili.
Nel libro Carla Stroppa tocca temi ad entrambe molto cari. Il tema del Maestro, il tema del leggere e dello scrivere. Riporto qui alcuni stralci. ” Albert Camus ha dedicato a Jean Grenier e al suo piccolo prezioso Isole parole illuminanti. Un libro come “sistema di autocura “, che si mette a funzionare attraverso le scritture sensibili e intuitive.
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