Il tunnel di base del Frejus fa parte di un progetto europeo ed è in avanzato stato di realizzazione, per cui indiscutibilmente un suo arresto non avrebbe alcuna giustificazione industriale, economica e prima ancora ambientale essendo uno degli strumenti dello shift modale da gomma a ferro.
Non è altresì pensabile che questo venga inserito in un contesto dove la logistica su ferro è solo di lungo raggio, così come è emerso dal convegno del 28 settembre a Torino e dalla spinta del mondo della strada all’asse Torino-Novara come retroporto Savona-Genova.
Al di là delle questione geografiche di banali applicazioni della ricerca operativa all’economia dei tragitti risulta evidente che il punto di concentramento e stoccaggio debba essere un luogo accessibile e baricentrico ai porti, quel punto è chiaramente Alessandria e non Torino, né Novara che possono trovare altre specializzazioni. Il sistema dei porti liguri trova l’alessandrino come naturale retroporto e Alessandria si colloca all’incrocio delle linee fondamentali Torino – Genova, Genova – Sempione, Torino- Bologna (quindi Verona-Brennero e valichi est e i porti adriatici).
Mentre per andare a Torino e Novara occorre andarci per forza, da Alessandria si incrociano le rotte e quindi è il naturale polo logistico.
Il fatto che lì sia stata realizzata l’area ferroviaria più grande d’Italia avrebbe dovuto far meditare sulla realizzazione di impianti periferici e lontani dai punti di carico e scarico del lungo raggio.
Il rischio del decentramento e della bipartizione del retroporto è quella di un medio raggio consegnato alla gomma e alla rinuncia di conversione al ferro del sistema di distribuzione, almeno oltre un certo livello dimensionale.
Battersi per il tunnel di base del Frejus, non TAV che è un’altra cosa, dovrebbe essere contemporaneo ad uno sforzo di ripristino della logistica alessandrina come baricentro del medio raggio e di settori della distribuzione e ad una, comunque indispensabile, valorizzazione e potenziamento degli assi complementari di collegamento, anch’essi in transito o originanti da Alessandria: tutte le linee che dal Monferrato e la Langa, quindi l’imponente filiera cuneese, trovano sbocco alla pianura padana naturalmente e velocemente da Alessandria che non allungandosi a Torino per raggiungere Novara e Milano.
È evidente come Torino sia periferica infrastrutturalmente e non possa essere un centro di smistamento. Prima del forzato allungamento dei percorsi e del crollo delle rotte di medio raggio di ferrovia i treni merci per il Frejus venivano composti a Alessandria. Non è pensabile un ripristino ex ante, ma è doverosa una concentrazione degli sforzi verso un progetto obiettivo che porti i territori in cooperazione e non in competizione, più universalmente che si concentri sul massimo shift modale possibile, quindi non limitato al lungo raggio.
Giorgio Abonante (nella forma originale pubblicata su http://democraticieriformisti.wordpress.com in compagnia di Angelo Marinoni)
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