Tre ragazze del secolo scorso

Parafrasando un libro scritto da Rossana Rossanda, ho voluto individuare delle donne del secolo scorso che mi hanno particolarmente interessato per la loro capacità di distinguersi e, al tempo stesso, per il fatto di non essere manipolate da maschi che vogliono renderle uguali a loro. Quindi, donne vere, con le loro caratteristiche specifiche.La prima che mi viene in mente e che ho sempre ammirato è stata Camilla Ravera. Ricordo con grande piacere ed ammirazione le interviste sulla sua lunga vita, in particolare i momenti in cui, unica donna, faceva parte del Comitato Centrale del PCI e, in particolare, quando, per l’incarcerazione di Gramsci e l’esilio forzato di Togliatti, fu obbligata a divenire Segretario del PCI.
In particolare, ricordo il viaggio in Unione Sovietica e il commosso incontro con Lenin, che le rivolgeva domande sulla situazione della penisola italiana e sulle possibilità del movimento operaio nel nostro paese.
Ma quello che anche figurativamente mi ha sempre colpito nella sua esperienza umana è stato il momento in cui fu catturata dagli elementi dell’OVRA, per cui questa piccola donna, debole ed indifesa, fu accerchiata da oltre venti uomini, per i quali rappresentava una minaccia, almeno a detta di quello che Bocchini sosteneva.
Immaginate una piazza deserta, una piccola maestra elementare ingannata e tradita e venti uomini armati che la assediano, come fosse una pericolosa criminale: una scena da Chicago in quegli anni.
E poi le traversie, la detenzione a Ponza e Ventotene, fino alla liberazione a fine 1943.
Una vita esemplare, in cui il sacrificio per la causa compensa la perdita e i valori familiari, che, per una donna di allora, potevano essere fondamentali, basilari: un marito, una famiglia, dei figli…
E’ un femminismo ante litteram, non quello di Erica Jong degli anni ’70, bensì la manifestazione di una volontà di liberare le donne, affrancandole da una secolare sudditanza ai maschi. Camilla Ravera è una donna completa, a mio avviso, poiché supera tutti gli archetipi di allora (e di adesso) per acquisire una sostanziale parità con i suoi omologhi di sesso maschile.
L’aderire, non simbolicamente, ma sostanzialmente, ad una causa importante apre le porte di ogni carcere. Ed io l’ho sempre vista così.
Un altro personaggio, forse più lieve, ma anche molto interessante ed appartenente al mondo cattolico, è quello di Tina Anselmi.
Anche se oggi tendiamo a dimenticare il vecchio Veneto cattolico (a volte bigotto), quello che ha prodotto Rumor e Bisaglia, i ras democristiani del Veneto, sappiamo che in realtà la regione era un caposaldo fondamentale della Democrazia Cristiana, e lo è stato per decenni.
Tina Anselmi rappresenta da un lato la forza delle tradizioni cattoliche, ma libertarie (e questo ci ricorda la sua immagine sorridente di ragazza ventenne, che fa la staffetta partigiana nella sua provincia), dall’altro l’impegno politico nel dopoguerra, che la porta, dopo alcuni decenni, alla posizione di Presidente della Commissione P2, in una posizione politicamente difficilissima, ma che lei seppe condurre con mano ferma e sicuramente onesta.
Per capire quanto fosse stata insidiosa tale presidenza, ricorderei che, dopo di allora, tramontò la sua stella e perse infine il suo seggio parlamentare nel suo collegio.
Qualcosa o qualcuno aveva voluto minare la sua autorità morale: cose da Prima Repubblica…
Il terzo personaggio femminile, che mi è particolarmente caro, è, appunto, Rossana Rossanda.
Quasi istintivamente, mi vengono alla mente i due ragazzi che, accanto all’ingresso della Facoltà di Lettere e Filosofia della mia Università, distribuivano le copie de Il Manifesto.
Ed io, in quegli anni, così convulsi, ma così creativi, imboccai quella strada, iniziai a leggere ed apprezzare quel quotidiano piuttosto che Potere Operaio o Lotta Continua, entrando in un dialogo stretto, dialettico, con i vari autori Luigi Pintor, Aldo Natoli, Valentino Parlato, Luciana Castellina e, infine, Rossana Rossanda. Proprio con i suoi articoli mi ritrovavo la sera a rileggere le sue osservazioni razionali e brillanti, da ex esponente di spicco del settore Cultura del PCI.
Dopo la mattinata passata all’università a seguire le lezioni dei miei Maestri, dopo il pomeriggio in compagnia della mia fedele macchina da scrivere e del mio registratore Geloso, passavo la serata a leggere i suoi articoli su vari argomenti di politica interna e internazionale: era una boccata d’aria fresca, un momento di intelligenza che seguiva i monotoni telegiornali ufficiali dell’epoca.
La stessa volontà di Rossana di passare tanta parte della sua vita in Francia, a Parigi, dimostra la sua volontà di essere Cosmopolita, di uscire dai rigidi schemi di un’Italietta Romacentrica e piena di frottole, anche da parte dei più agguerriti partiti della Sinistra.
Tre donne quindi, ma donne Vere, non simulacri come certe giornaliste che appaiono sugli schermi di oggi, sorta di “regine Travicello”.
Non un femminismo levigato e di superficie, ma un femminismo reale, in cui donne come queste si pongono idealmente contro qualcosa che le prostituisce.
E senza essere politicamente delle Marianne, sono impegnate, ferme, serie e non perdono nulla della loro femminilità, della loro capacità di generare idee e spinte vitali.
Giorgio Penzo

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