A Trento si è parlato di “ambiente degradato in Ucraina”

Purtroppo le conseguenze ecologiche dell’invasione russa dell’Ucraina sono significative e sono visibili in tutti i settori. Mentre la guerra continua, i danni causati non possono essere determinati con precisione, ma anche le stime (poche) a disposizione suggeriscono impatti ambientali significativi.

Alcune considerazioni preliminari                                           

La Russia ha iniziato una qualche forma guerra sul territorio dell’Ucraina orientale e in Crimea già dal 2014. In un certo senso ciò che è accaduto dopo il febbraio  2022 è solo una continuazione di un processo già avviato. Di fatto l’intero territorio dell’Ucraina è sotto attacco dal 2022, ma è stato colpito in misura molto diversa in alcune aree di più, in altre meno. La lotta per l’esistenza e la protezione del più grande Paese d’Europa (tale è l’Ucraina), la sicurezza di quel popolo e la preservazione dei suoi valori sono un  compito prioritario. Intere città sono state distrutte durante la guerra; il numero finale dei decessi è ancora sconosciuto. Anche l’ambiente è stato duramente colpito dalla guerra: alla fine bisognerà ripristinare non solo le abitazioni, le infrastrutture e le imprese, ma anche gli ecosistemi danneggiati e distrutti dall’invasione russa, soprattutto nei luoghi in cui si è combattuto corpo a corpo con trincee, campi minati, bombardamenti con mortaio di amplissime aree ecc.

Ricordiamoche gli ecosistemi dell’Ucraina sono di grande importanza per l’Europa. Costituiscono il 35% della biodiversità europea (più di 70.000 specie biologiche). Il 29% del territorio ucraino è costituito da ecosistemi naturali e seminaturali e il 16% è coperto da foreste. In Ucraina si trova l’11% dei Carpazi, dove cresce un terzo di tutte le specie vegetali europee. Il Dnepr è il quarto fiume più lungo del continente europeo. Gli effetti della guerra d’aggressione russa hanno colpito il 20% delle riserve naturali dell’Ucraina con una superficie totale di circa 1 milione di ettari. Tuttavia, finché la guerra continua, non sarà possibile effettuare una valutazione completa dell’impatto della guerra sugli ecosistemi.

Quando la Russia attacca centrali nucleari, fabbriche e magazzini e gli incendi rilasciano sostanze pericolose nell’ambiente o distruggono impianti di trattamento delle acque reflue per l’acqua inquinata, causando problemi alla salute e ingenerando malattie degenerative che non danno scampo, provoca danni enormi che difficilmente ripagherà. Fra questi decine e decine di varietà di affezioni oncologiche, alterazioni al sistema emopoietico e al funzionamento ghiandolare di base con consegunte spedalizzazione o , peggio, condizione di perenne dipendenza da farmaci o stampelle. Questo per gli “umani”, categoria tutto sommato “conosciuta” e “analizzata”. Ben diversa la conoscenza dei fatti rispetto al Verde.  Tutte emergenze indotte  che dovrebbero rientrare nelle violazioni della Convenzione di Ginevra. Infatti lo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale definisce crimini contro l’ambiente “il lancio deliberato di un attacco con la consapevolezza che causerà danni diffusi, gravi e a lungo termine all’ambiente naturale, che sono chiaramente sproporzionati rispetto a quelli complessivamente concreti e immediati attesi”. vantaggio militare.” Ciò significa che la distruzione deliberata e insensata dell’ambiente è un altro crimine da  ascrivere a chi ha scatenato questo inferno.

Mondo vegetale e animale
Gli ecosistemi naturali vengono distrutti durante una guerra. Secondo stime ufficiose, comunque effettuate da organi internazionali di controllo certificati, al 1 marzo 2022, un totale di 900 siti del Fondo ucraino per la conservazione della natura con una superficie di 1,24 milioni di ettari erano sotto occupazione militare o si trovavano in zona di guerra. Ciò corrisponde a circa un terzo dell’area del Fondo per la Conservazione della Natura dell’Ucraina. Circa 200 riserve naturali che coprono una superficie di 2,9 milioni di ettari, che fanno parte della “Rete Smeraldo” della Convenzione di Berna per la conservazione degli habitat naturali in Europa, sono a rischio di distruzione. Il Gruppo ucraino per la protezione dell’ambiente ha riferito che il 44% delle riserve naturali più preziose dell’Ucraina sono sotto l’occupazione russa, compresi un totale di 17 siti Ramsar (zone umide di importanza internazionale) con una superficie di 627.300 ettari dal 2014.

Otto riserve naturali e dieci parchi nazionali sono occupati o si trovano nelle zone di combattimento, comprese le riserve della biosfera Askaniya-Nova e del Mar Nero, i parchi nazionali Dzharylhach, Oleshky-Sands e Svyati Hory. Quasi l’80% del Parco Nazionale Svyati Hory è stato distrutto. Alla fine di marzo 2023, la Russia ha intensificato il controllo militare su “Askaniya-Nova” – lì ora c’è una crisi umanitaria. La guerra colpisce circa 3 milioni di ettari di foreste, ovvero circa un terzo di tutte le foreste ucraine. Furono bruciati circa 23.300 ettari di foresta, più o meno la zona di Francoforte sul Meno. Durante la guerra la superficie colpita dagli incendi boschivi è quasi centuplicata rispetto agli anni precedenti. Nel maggio 2022, le foreste relitte del Kinburn Spit sono bruciate per un’intera settimana a causa della guerra. Attualmente, 450.000 ettari di foresta sono occupati dalla Russia e 650.000 ettari di superficie forestale devono essere sminati. Occorre ripristinare complessivamente circa 2,45 milioni di ettari di superficie forestale. Ci vogliono in media 25 anni per sostituire gli alberi danneggiati o bruciati. Dati raccapriccianti che tutti si sono chiesti e di cui hanno solo immaginato la portata….ora, con i numeri portati in Occidente da alcuni attivisti ecologisti ucraini, la realtà dei fatti assume tutta la sua durezza. Di quattro persone incontrate, tra cui Mariah Sovchak, nostra prima interlocutrice e fonte informativa, tre erano uomini e solo Mariah di sesso femminili. Tre di loro si sono allontanati dall’Ucraina per sfuggire alla coscrizione obbligatoria (in vigore in maniera stringente dal dicembre 2023 e applicata con la forza dal marzo di quest’anno) e uno (Michail Timonov) si è dichiarato attento alle tematiche ambientali ma disposto ad imbracciare una arma per difendere il “territorio sacro della patria”.

Viaggiano su una Renault del 2002 con targa “KH”, hanno girato l’Ungheria, la Slovacchia, la Repubblica ceca, la Germania e poi sono arrivati a Trento. Proprio lì (alla scuola della frazione di Mattarello) li abbiamo incontrati.

Anche la fauna selvatica sta soffrendo

Circa 600 specie animali sono a rischio di estinzione. La guerra non solo distrugge i luoghi di svernamento e di nidificazione di molte specie di uccelli, ma colpisce anche le rotte degli uccelli migratori “non ucraini”. L’Ucraina si trova, infatti,  all’intersezione delle rotte degli uccelli migratori del Paleartico occidentale e della regione afro-eurasiatica, interessando più di 400 specie di uccelli.

Sfortunatamente, la flora e la fauna perdute non possono essere ripristinate rapidamente. E’ vero che gli ecosistemi naturali come foreste, corpi idrici, steppe e mari sono capaci di autorigenerazione. ma ciò richiede molto tempo. Il tempo di recupero dipende da fattori particolari, come l’intensità del bombardamento o l’entità della contaminazione. E, oltre alla valutazione del danno, è necessario sviluppare un piano individuale per ripristinare ciascuna area.

Impatto sull’ecosistema marittimo
Non è una novità che la guerra abbia un forte impatto sugli ecosistemi del Mar d’Azov e del Mar Nero. La costa dell’Ucraina è di circa 2.700 km (Crimea compresa) e ci sono 45 riserve naturali marine in Ucraina. Con l’annessione della penisola di Crimea nel 2014, l’Ucraina ha perso l’accesso a undici riserve naturali marine nella sua zona costiera. Dall’inizio della guerra d’aggressione russa su larga scala, ha portato a distruzione e esaurimento  anche l’accesso alla Riserva della Biosfera del Mar Nero e al Parco Nazionale Sviatoslav (Costa Bianca), che si trovano nel sud della regione di Kherson. Le principali conseguenze della guerra sugli ecosistemi costieri e marini sono l’inquinamento chimico e acustico e i danni fisici.

Molti casi di delfini spiaggiati sono stati segnalati sulle coste dei paesi del bacino del Mar Nero. Solo la squadra del Parco nazionale delle lagune di Tuzly segnala migliaia di delfini spiaggiati, alcuni con gravi ustioni, probabilmente a causa dell’esplosione di bombe o mine. A causa della tecnologia sonar della flotta russa, gli animali perdono la capacità di orientarsi e quindi la capacità di sopravvivere. Da questi disturbi allo spiaggiamento… il passo è breve.

All’inizio dell’invasione la Russia attaccò i porti ucraini. A est di Odessa, due navi, la Millennial Spirit e la Namura Queen, che trasportavano carburante e prodotti chimici furono colpite, provocando un incendio sulla superficie del mare. Secondo il sistema informativo EcoZagroza del Ministero dell’Ambiente ucraino, nel primo anno di guerra furono rilasciate nell’acqua 11.000 tonnellate di prodotti petroliferi. Furono posti campi minati anche sulle spiagge e lunghe le coste in funzione antisommergibile. Bombe di opposizione (quelle che scoppiano a contatto di un natante che voglia avvicinarsi alla spiaggia) sono un po’ ovunque e le dislocazioni sono segreto militare (sia per gli Ucraini che per i Russi).

La guerra ha avuto, inoltre,  un impatto significativo sulla navigazione marittima nel Mar Nero e nel Mar d’Azov e ha cambiato il sistema di gestione e controllo della pesca. Ridurre il trasporto marittimo (soprattutto quello “pesante” legato alle “armate” russe e ucraine) può avere un impatto positivo sull’ambiente marino. Un’analisi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) ha rilevato che i pescherecci ucraini hanno smesso di esportare nel 2022 e hanno perso quasi l’intero pescato annuale nel Mar Nero e nel Mar d’Azov, che ammontava a 13.000 tonnellate. Ciò ha portato ad un aumento delle catture di pesce nelle acque interne e nei delta dei fiumi. Cioè…per non morire lwetteralmente di fame le associazioni di pescatori hano completamente cambiato sistemi e modalità di pesca.

L’impatto della guerra sui bacini idrici d’acqua dolce

Anche le acque intene sono state danneggiate dalla guerra d’aggressione russa: attraverso la distruzione di impianti di depurazione e di dighe e  con ostacoli ai servizi responsabili dell’approvvigionamento idrico. Inoltre la distruzione della diga sul bacino idrico di Kiev, nella città di Irpin, ha danneggiato in modo significativo i terreni fertili, allagando centinaia di ettari.

Il bacino idrico di Oskil a sud di Kupyansk nell’oblast di Kharkiv è uno dei dieci bacini artificiali più grandi dell’Ucraina in termini di area e volume. Nell’ottobre 2022, gli occupanti russi hanno parzialmente fatto saltare la diga, facendo defluire il 76% dell’acqua. L’ecosistema del bacino è stato distrutto, pesci e molluschi sono morti e i cicli di vita e migrazione degli uccelli acquatici sono stati interrotti.

Nella primavera del 2022, gli impianti di trattamento delle acque reflue a Mariupol, Berdyansk e in altre città sulla costa del Mar d’Azov sono stati distrutti. Le acque reflue non finivano nel sistema fognario moderno ma nei fiumi, inquinando le falde acquifere e raggiungendo infine il mare, con un impatto negativo sull’ecosistema marino.

Ad esempio, il 14 marzo 2022, dopo aver bombardato gli impianti di trattamento delle acque reflue dell’impianto di approvvigionamento idrico e di drenaggio di Vasylkivsk, la Russia ha distrutto l’edificio della stazione di pompaggio delle acque reflue. Di conseguenza, per qualche tempo l’acqua di ritorno non trattata è entrata nel Dnepr. Le conseguenze di quell’atto sono facilmente immaginabili.

Dal febbraio 2022, dieci pozzi minerari nelle regioni di Lugansk e Donetsk sono stati allagati dalle truppe di genieri russi, portando anche ad un forte inquinamento delle  falde acquifere. Dal 2014 al 2020, una stima approssimativa è che almeno 39 pozzi nel territorio occupato siano stati allagati. La causa più comune di inondazioni sono state le interruzioni di corrente.

Ambiente naturale e ambiente costruito… tutto sotto scacco.

Il raggiungimento di livelli critici comporta numerosi rischi per l’ambiente: l’acqua di miniera non trattata può mescolarsi con l’acqua sotterranea utilizzata come fonte di acqua potabile. I gas minerari possono anche diffondersi nell’aria quando le miniere vengono allagate.

Il 6 giugno 2023, intorno alle 3 del mattino, gli occupanti russi fecero saltare in aria la centrale idroelettrica di Kakhovka. Questo crimine di guerra colpisce più di 80 insediamenti downstream, la sicurezza nucleare della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la sicurezza alimentare, il sistema energetico e l’ambiente dell’Ucraina.

Al breve innalzamento del livello dell’acqua del Dnepr e all’allagamento delle zone ha fatto seguito il prosciugamento di gran parte del bacino, con gravi conseguenze per l’ecosistema della regione.

I primi passi per ripristinare la qualità dell’acqua dovrebbero essere lo sminamento e il rinnovamento dei vecchi impianti di trattamento delle acque reflue o la costruzione di nuovi e moderni impianti di trattamento delle acque reflue. Sempre secondo i nostri quattro interlocutori che, quando ne hanno occasione, non esitano a documentare le loro affermazioni con depliant in due o tre lingue, cvon bei disegni ed informazioni chiare.  Un’altra misura importante a cui si dovrà ricorrere sarà il ripristino delle riserve naturali nelle aree ripariali. Infatti grazie alle sponde protette i bacini idrici non vengono inquinati e insabbiati. Allo stesso tempo viene filtrato il deflusso superficiale dalle aree adiacenti. Le coste protette forniscono habitat per pesci e altra vita acquatica, per cui le acque fortemente inquinate da solventi, additivi di ogni tipo, scarti dell’industria bellica contenenti metalli pesanti e anche tracce di litio, cobalto, antimonio, smalti ecc.

Gli effetti della guerra sui suoli

L’impatto della guerra sulla qualità del suolo è difficile da ignorare poiché quasi tutte le operazioni di combattimento entrano in contatto con il suolo. Crateri di esplosioni, trincee, sversamenti di miniere e petrolio, sostanze tossiche e trasporto di macchinari pesanti sono solo alcuni dei danni causati dalla guerra ucraino-russa. Le principali tipologie di inquinamento del suolo sono di tipo meccanico, fisico e chimico.

Attualmente si ritene si debbano  sminare circa 470.000 ettari di terreno agricolo in nove regioni dell’Ucraina, di cui circa 174.00o il più presto possibile in quanto ora incolte e piene di scarti bellici.

Nonostante l’aumento del personale dell’Agenzia statale per la gestione delle emergenze dell’Ucraina e gli sforzi straordinari che stanno compiendo, ci vorranno anni prima che tutte le aree vengano sminate. Gran parte dei lavori potranno iniziare solo dopo la fine dei combattimenti, quando sarà nuovamente possibile accedere a tutte le aree.

I suoli e il loro strato fertile si formano nel corso di migliaia di anni (in condizioni naturali, ci vogliono più di 100 anni perché si formino 2 cm di terreno fertile). Le operazioni militari possono distruggere tutto questo in pochi giorni. I bombardamenti che provocano crateri dovuti a esplosioni, il trasporto di armi pesanti attraverso campi, trincee e altre fortificazioni provocano, come immaginabile, pesantissimi danni al territorio. E questo ha gravi conseguenze poiché le risorse terrestri sono lente a riprendersi.

Oggi non conosciamo le condizioni del suolo nelle zone contese. Possiamo quindi trarre delle conclusioni solo esaminando le zone già liberate. Studi di laboratorio hanno dimostrato che la contaminazione chimica del suolo ben oltre i limiti, soprattutto da parte di metalli pesanti come cadmio, arsenico, piombo, zinco e rame, rappresenta un grave problema.

Il ripristino dei suoli degradati è un processo complesso ma fattibile. Il primo passo a livello statale è un’indagine sistematica delle condizioni del suolo per determinare l’entità del danno. Nella primavera del 2023, la ONG “Ecoaction” (“Ecodija”) ha scritto un’analisi sugli effetti della guerra sulla condizione del suolo ucraino. Ecoaction adotta due approcci: recupero e conservazione. La ricoltivazione prevede misure per ripristinare artificialmente un paesaggio utilizzabile. La conservazione implica vietare l’uso umano del territorio e lasciare che il territorio si riprenda naturalmente. Occorre conservare soltanto le aree del tutto inadatte alla coltivazione sicura.

Gli effetti della guerra in atmosfera
La guerra peggiora notevolmente la qualità dell’aria. Le emissioni atmosferiche causate dagli incendi di prodotti petroliferi ammontano a quasi 500.000 tonnellate. Gli attacchi russi ai depositi petroliferi e agli impianti di stoccaggio di carburanti e lubrificanti hanno bruciato più di 34.100 tonnellate di prodotti petroliferi (dati aggiornati al 30 aprile 2024). Tali incendi liberano nell’aria sostanze pericolose: monossido di carbonio, benzo[a]pirene, zolfo e anidridi di zolfo, monossido di carbonio (IV), ossidi di azoto, sostanze gassose e solide. Ma sembra che a nessuno interessi nulla di queste problematiche, anzi. Un terreno di chilometri e chilometri quadrati completamente abbandonato da comunità di persone, dedite per lo più all’agricoltura, al piccolo commercio e ai servizi, fa solo piacere ad grandi generali in capo. L’uso dei cannoni a medio e lungo raggio sarà ancora più facile così come sarà piò semplice piazzare mine e scavare trincee.

Dopo la fine della guerra, oltre a documentare tutti i danni ambientali e a ricevere risarcimenti, sarà importante includere nel piano di ricostruzione dell’Ucraina il ripristino e la protezione degli ecosistemi nonché la ricostruzione “verde” secopndo i dettami della migliore Ecologia.  Sarebbe un contributo alla protezione del clima ancor più importante di molti altri vista la situazione da cui è scaturito.  Lasperanza va verso una riappacificazione ma i segnali sono altri…

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