Ugo Leone su “Strisciarossa”: cosa sta per succedere con Trump

Una prima analisi di Ugo Leone su “Strisciarossa” di quelli che sono i primi passi in materia ambientale e, di fatto, economica, da parte di Donald Trump e della sua squadra. Un quadro sconfortante che fa temere per il futuro prossimo e lontano. Sembra che, di fatto, non sia successo nulla di drammatico in questi anni e che tutto possa continuare come sempre.  Soprattutto negli Stati Uniti dove nessuno deve permettersi di mettere in discussione la più classica delle “american way of life”. Ci si alza di due o più gradi a fine secolo…?”no problem…abbiamo i ventilatori”. L’aria delle città è inquinata come non mai? “no…solo propaganda di chi ci vuole male….nelle città non si è mai respirato così bene”. And so on….  Ma come si è potuto arrivare a questi punti….? Ecco…questa è la domanda giusta ed il pezzo di Ugo Leone ci dà il là per lanciare una proposta. Provate a rispondere a “Come si è potuto arrivare a questi punti…?” e, oltre alla pubblicazione su CF, per chi sarà più convincente e stimolante, ci saranno un panettone di marca e un moscato d’Asti docg. E la nostra parola non è di “lingua biforcuta”….   (come sempre inviare a   cittafutura.al@gmail.com  .   (n.d.r.)

Temendo quello che poteva accadere e che, poi, è di fatto accaduto come l’elezione di Trump, il 2 novembre chiudevo il mio “Stiamo viaggiando incoscientemente verso una catastrofe” scrivendo che la Cop 29 a Baku era considerata un’ultima chance. E che, comunque non si dovesse dimenticare che già il 5 novembre si sarebbe tenuta “un’altra Cop senza numero che è quella delle elezioni americane dal cui risultato dipenderà se e quanto saranno tenuti in conto i problemi dell’ambiente e dei suoi otto miliardi di abitanti”. La speranza che Kamala Harris potesse vincere era molto scarsa e, almeno per quanto mi riguarda, era legata soprattutto alla possibilità che gli Stati Uniti potessero continuare a collaborare alla battaglia contro l’aumento delle temperature terrestri. Non dico inquinando di meno e  immettendo meno gas serra in atmosfera, ma almeno mantenendo la firma agli accordi di Parigi dicembre 2015, con tutto quello che ne consegue. Che cosa faranno gli altri Paesi che hanno firmato gli accordi di Parigi?

Trump invece non garantiva questo e, caso mai qualcuno alimentasse illusioni, lo ha detto subito che avrebbe ritirato la firma da quell’accordo. Non potrà farlo prima di gennaio e si potrebbe anche scontrare con gli investimenti del Presidente uscente Joe Biden sulle energie rinnovabili che hanno avuto importanti impatti positivi nel mondo del lavoro. Tanto che molti Stati, la California innanzitutto, sono impegnati a realizzare investimenti sulle energie “pulite”.

Così come Elon Musk economicamente interessato ad investire, per esempio, nelle auto elettriche. Ciò non toglie che Trump ritirerà la sua firma da Parigi e probabilmente lo farà già il 21 gennaio 2025. Questo per quanto riguarda gli Stati Uniti. Ma l’accordo di Parigi col quale i firmatari si impegnano a contenere l’incremento delle temperature entro 1,5-2 gradi celsius fu firmato da 196 Paesi.

Gli altri 195 che faranno? Quelli che al successo di Trump hanno fatto salti di gioia lo seguiranno per realizzare a scala locale le sue promesse elettorali? Nel caso dei problemi di ambiente e clima anche se non ritireranno la firma saranno sempre più tiepidi (è il caso di dire) nella realizzazione di quegli impegni assunti nove anni fa?

Il problema è concreto e serio. E dalle soluzioni realizzate, rinviate o mancate del tutto dipendono le sorti della Terra.

Mentre scrivo comincia a Baku la Cop 29. Oggi è l’11 novembre e si festeggia San Martino, il santo cui è meteorologicamente legato l’inizio di qualche giornata bella e calda nota come estate di San Martino. Ma col mutamento climatico in corso dubito molto che un qualunque Martino oggi troverebbe il clima novembrino tanto freddo da indurlo a dividere con un povero poco vestivo il suo mantello per condividere la possibilità di ripararsi. Col caldo che fa viene fatta fuori anche questa tendenza alla santità. Ma a Baku si parlerà d’altro, naturalmente. In realtà si dovrebbe parlare, ma se si riflette sulle assenze e sulle presenze a queste giornate di incontri plenari è difficile e ottimistico immaginare che si parli con perfetta cognizione di cause del mutamento climatico. Cause, effetti soluzioni per bloccarlo, fondi da dare ai Paesi più poveri e meno responsabili.

Già prima dell’inizio di questa ventinovesima Conferenza delle Parti se ne è cominciato a scrivere e quello che ho letto è generalmente orientato a ritenere già in partenza un possibile fallimento, l’ennesimo, questo incontro in Azerbaigian. Come, del resto, deludente è stata la Conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità (Cop 16) che il 1° novembre si è conclusa a Cali, in Colombia, senza che i partecipanti siano riusciti a raggiungere l’accordo necessario per raccogliere i duecento miliardi di dollari annui necessari per realizzare l’obiettivo di conservazione della natura fissato a Montréal due anni fa per bloccare il declino della biodiversità.

Come ci ricorda Ferdinando Cotugno nel suo settimanale “Areale” (“Domani” 9 novembre 2024). La Cop di Cali sulla biodiversità non dà un buon viatico per la Cop 29 sul clima: “La sintesi migliore l’ha trovata Jiwoh Abdulai, ministro dell’ambiente della Sierra Leone: «Voi ci venite addosso con la macchina tagliandoci la strada, distruggete la nostra macchina e per rimediare volete farci un prestito per ripararla».” Se fosse stato intervistato un napoletano, o un meridionale in genere, la sintesi sarebbe stata “Senza denari non si cantano messe”. E già questo risultato viene considerato un “macigno” sulla Cop 29. E la Cop 29 appena cominciata è già fallita.

C’è una vignetta che riassume tutto in termini esemplari: uno degli organizzatori dell’evento dice al microfono ai presenti: “E’ un po’ deludente, molte promesse e poco di concreto, ma comunque appuntamento all’anno prossimo per la Cop30”. Questo mentre un altro protagonista che si accingeva a cominciare i lavori, gli dice “Non abbiamo ancora cominciato”:

E questa è l’opinione più diffusa. «Non credo proprio che ci si possa aspettare alcun risultato significativo dalla conferenza Cop29». Così si esprime Jeffrey Sachs economista della Columbia University e direttore del Center for Sustainable Development, nonché consigliere per le questioni ambientali del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, dopo esserlo stato per Kofi Annan e Ban Ki-moon. «Dobbiamo rassegnarci: siamo in un momento di sospensione. Non credo proprio che ci si possa aspettare alcun risultato significativo su alcuna “ambasciata” convincente che Biden – tutto sommato ancora presidente – possa trasmettere in materia o tantomeno far passare in fretta al Congresso».

La Cop 29 è troppo vicina agli ultimi eventi americani e, verosimilmente, ha ragione il vignettista: se ne parlerà l’anno prossimo alla Cop 30. E non è escluso che se ne possa parlare alimentando un po’ di ottimismo. Molto dipenderà dal peso che potranno avere sul comportamento di Trump gli interessi di Elon Musk e seguaci nelle tecnologie verdi. E non poco dipenderà anche dalla forte crescita della Cina su questo stesso fronte tecnologico che si presenta come diretta sfida agli Stati Uniti. Per cui, dice sempre Jeffrey Sachs «o cerchiamo di riguadagnare il terreno perduto sull’auto elettrica e sulle innovazioni “environment- friendly” o dovremo alzare definitivamente bandiera bianca su tutta la linea di fronte a Pechino. Di questo Trump potrebbe rendersi conto, se ben consigliato».

Intanto ad apertura dei lavori a Baku il ministro dell’ambiente azero Mukhtar Babayev ha ricordato ai rappresentati di 200 Paesi che il mondo è “sulla strada della rovina” e che per il clima le persone stanno morendo, motivo per cui è fondamentale “tracciare un nuovo percorso”.

Sarebbe molto interessante se l’Europa, anziché procedere in ordine sparso e stare a guardare come si mette tra Stati Uniti e Cina, cercasse di dire la sua come doverosamente le compete.”

.1. Ugo Leone. “Trump dice no alla lotta contro il cambiamento climatico e mette a rischio la Terra (e le nostre vite)

Strisciarossa 12/11/24, 07)43

https://www.strisciarossa.it/trump-dice-no-alla-lotta-contro-il-cambiamento-climatico-e-mette-a-rischio-la-terra-e-le-nostre-vite/

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