Il gioco più pericoloso, oggi, è quello del capro espiatorio. Ne abbiamo visto un’anteprima in questi giorni. Governatori contro Ministri, Sindaci contro Governatori, Opposizione contro Governo. E i cittadini esasperati contro tutti. Uno scenario – descritto lucidamente da Severgnini sul Corriere – in cui rischiamo di precipitare se perdiamo la capacità di analizzare, distinguere e proporre conservando il senso della realtà. Senza, cioè, mai dimenticare che siamo alle prese con un evento senza precedenti nella storia delle democrazie. E che le risposte dei governi, inevitabilmente, riflettono pregi e limiti del sistema in cui eravamo fino a Febbraio, e ancora fondamentalmente restiamo. Perché i salti bruschi – miracoli – li fanno solo i santi. O i dittatori. E spesso solo a parole. Facciamo tre esempi per capirci.
Non c’è persona che abbia incontrato di recente che non si sia lamentata del fatto che non siamo – in quattro mesi! – riusciti a potenziare i trasporti. Ci proviamo da una trentina d’anni. Un bando di gara per comprare nuovi treni per la metropolitana richiede da sei mesi a sei anni (a Napoli anche di più). Sempre che ci siano i fondi. In cassa. E quelli europei, se verranno, ci saranno non prima di un anno. Se le cose stanno così, l’unico modo per evitare il sovraffollamento micidiale che abbiamo visto in queste settimane era evitare che riaprissero le scuole. In primis le superiori. Per tre ragioni. La prima è che le fasce d’età delle elementari e medie inferiori spesso ricorrono ad altri mezzi, privati o schoolbus che siano. Sono meno autonome, e quindi anche più controllabili. La seconda, non meno importante, è che la didattica a distanza funziona malissimo alle elementari, così così alle medie ma solo con sforzi eroici del corpo insegnante. Molto meglio alle superiori. Sempre, ovviamente, che invece di occuparsi dei banchetti mobili si fossero investite risorse a formare in questo senso i docenti. La terza è che a casa – pur tra tanti disagi – gli adolescenti possono restare soli, e consentire che i genitori, se indispensabile, vadano al lavoro.
Sono opinabili queste osservazioni? Non credo proprio. Ma se ci fosse ancora qualche dubbio sul ruolo della circolazione scolastica come volano dell’epidemia, basta leggere l’esemplare analisi di Battiston sul Corriere di sabato, con dati e grafici che suffragano irrefutabilmente la tesi. Quindi, bene ha fatto il governo a intervenire con decisione su questo punto. Poteva farlo prima, ma, come si dice in questi casi, meglio tardi che mai.
Secondo esempio, il tasto dolentissimo delle attività commerciali. Qui il problema è di natura tecnica. Se una fabbrica mette tutti in cassa integrazione, si sa subito a chi e come inviare gli assegni compensativi. Possono esserci ritardi -e, purtroppo, ci sono stati – anche perché si sta mettendo sotto sforzo una burocrazia statale – qualcuno ricorda Quo vado? – per giunta per lo più in smart-working. Ma i soldi comunque arriveranno. Con il commercio, e attività correlate, si entra in un’altra dimensione. Sembra che all’improvviso ci siamo tutti dimenticati di quello che – per usare un eufemismo – chiamiamo il mondo del sommerso, e quel suo annesso e connesso che sarebbe l’evasione fiscale. Il modo più sicuro per garantire un ristorno delle perdite per le chiusure forzate sarebbe attraverso il credito di imposta. Già. E quando l’imposta non c’è, o è solo minima rispetto al ricavo effettivo dell’attività? Come può – deve – intervenire lo Stato? C’è magari chi sta pensando: ben gli sta, se lo sono meritato. Ma il problema sociale non cambia. E quelli che si sono visti in piazza a Napoli – e probabilmente si vedranno in altre piazze d’Italia – sono comunque cittadini – elettori – i cui conti a fine mese non tornano. E non è facile farli tornare.
Terzo esempio, gli ospedali in affanno. Sarebbe un bel gesto di deontologia professionale se gli autori dei numerosi servizi di quest’estate sui reparti Covid nuovi di zecca e inutilizzati facessero anche loro un’autocritica. SI stanno tutti rivelando indispensabili. Ma, purtroppo, ancora insufficienti. Perché continua a mancare il personale. Anche qui: Assumete, assumete! Come se si trattasse di pescare infermieri e anestesisti per strada, e metterli a gestire reparti complicatissimi di terapia intensiva. Convertire un sistema sanitario dissanguato da tagli decennali è un’operazione ciclopica. E chissà se tra qualche anno, quando dovremo pagare il conto, non ci sarà chi tornerà a dire che è stato un errore investire tanti quattrini nella sanità pubblica. Come continuano a dire in America.
A proposito, mentre provate a aggiungere a questa lista altri casi soppesando – senza urlare – i pro e i contro, non dimenticate che gli aspetti più critici di questa pandemia potrebbero subire una svolta dopo il primo martedì di novembre. Se resisterà il tentativo europeista di affidare ai governi il compito di gestire questa sfida titanica. O se prenderà forza – e fuoco – la linea liberista trumpiana, con seguaci in America latina e domani, chissà, anche su questa sponda dell’Atlantico. La linea del si salvi chi può. Che poi sarebbe la legge del più forte.
di Mauro Calise.
(“Il Mattino”, 26 ottobre 2020).
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