
Alessandria viene portata alla ribalta delle cronache dal nuovo libro di uno dei suoi più famosi scrittori, Roberto Cotroneo. Si intitola La nebbia e il fuoco ed è uno dei suoi lavori più personali. Punto di partenza un episodio realmente accaduto: venuto ad Alessandria da sua sorella, in una mattinata grigia esce per comprare delle scarpe e incontra Gepi, libraio locale ormai in pensione. Senza un motivo esatto, gli racconta la prima azione in città della Resistenza: l’uccisione da parte dei Gap (Gruppi Armati Patriottici) del colonnello Ruggeri. Facendolo cita Aldo, suo amato professore delle Superiori, che sarebbe stato uno dei protagonisti dell’azione. Mai Cotroneo avrebbe sospettato una cosa del genere, il docente non gli aveva detto nulla. Rimasto sorpresissimo, tornando a casa si chiede come sia possibile.
Comincia a fare ricerche e trova quasi subito l’episodio perché c’è abbondanza di materiale. Ma questa diventa anche l’occasione per parlare di Alessandria, dopo avere elaborato trenta libri ambientati in qualunque luogo ma mai nella sua città. Qui è nato e ha passato la giovinezza, è giunto il momento di ripensare il suo luogo d’origine e quanto certe persone abbiano inciso sulla sua vita. Si può dire che questo è un libro su Alessandria, sulla sacralità dell’insegnamento e sulla Resistenza. O meglio su un certo modo di pensare la guerra di Liberazione, senza retorica.
Cotroneo si sente in debito con Aldo, senza di lui non sarebbe mai diventato quello che è. Il libro è un omaggio al suo ruolo di educatore ma il silenzio sulla guerra apre le porte a una riflessione più ampia su tutta la comunità, su una ripulsione verso la retorica che è anche una capacità di misurare la vita in maniera più completa. Ci sono grandi metropoli in cui tutto viene presentato sempre come perfetto e unico, all’insegna della civiltà dello spettacolo. La provinciale Alessandria invece sminuisce costantemente qualsiasi cosa, è un atteggiamento verso la vita. Persino su Umberto Eco, il più famoso tra i suoi cittadini, non c’è stato tutto questo entusiasmo: lo si è visto con la levata di scudi di chi non voleva intitolare il liceo classico alla sua memoria. Una città di ingrati e invidiosi? Diciamo che è anche una temperatura dell’anima: una capacità di ridurre tutto al minimo comune denominatore, di non farsi mai impressionare da niente.
D’altra parte proprio Umberto Eco, con una ironia davvero tutta alessandrina, aveva già riflettuto su questi aspetti addirittura negli anni Sessanta con l’ormai mitico articolo ‘Pochi clamori tra la Bormida e il Tanaro’, pubblicato su l’Espresso. “Sapeste come ci si sente fieri nel riscoprirsi figli di una città senza retorica e senza miti, senza missioni e senza virtù” scriveva il grande professore.
[1]Roberto Cotroneo, La nebbia e il fuoco, Feltrinelli, 2025, pp.144
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