Una volta, nei vecchi tempi, si usava dire: “Historia magistra vitae”.
Il che è perfettamente vero, ma bisogna che chi la interpreta sia un personaggio di peso, uno che sa di cosa parla.
Ci sono alcuni che sanno di cosa parlano, altri no.
Nella mia giovinezza ho seguito un corso di studi in cui si affrontavano ben sei esami di storia, quindi non una infarinatura, ma degli studi particolarmente rocciosi.
Degli insegnanti di peso, quali il professor Filippo Cassola per la storia antica, il professor Miccoli per la storia della Chiesa, il professor Enzo Collotti per la storia contemporanea.
Forse non dei monumenti eterni, ma degli accademici capaci, affabili, post-sessantottini: un piacere ascoltarli.
Più tardi, negli anni ‘80, ho trascorso un periodo di studio-lavoro in Francia ed ho avuto modo di ascoltare i grandi della tradizione francese degli Annales, quali Le Goff e Duby, mentre brilla come una stella nel mio ricordo l’immenso Fernand Braudel, nei suoi saggi sull’Europa Medioevale e sul Mediterraneo.
Impeccables! Direbbero i Francesi.
Non è finita qui: nel mio soggiorno inglese ho avuto modo di seguire le lezioni di Sir Eric Hobsbawm, il grande interprete del “secolo breve” e allievo di Arnold Toynbee.
La scuola storiografica francese appaiata a quella più tradizionale britannica.
Ma, nonostante questo pedigree, non mi voglio spacciare per uno storico, che non sono: però un certo metro di giudizio non posso non possederlo.
Sui televisori italiani, da alcuni anni, appare un personaggio, sicuramente poco accademico, ma anche poco adatto a far fruire il concetto di Storia a spettatori non studenti o specializzati.
Una sorta di jolly, uscito da non si sa dove, che appare tutti i giorni a sputare sentenze sulla storia presente, passata, futura, come fosse una Pizia capace di risolvere ogni quesito.
Così non è, la storia non è una sorta di “settimana enigmistica” che va completata come vada vada, è qualcosa di molto complesso, che certe volte si ripercuote sul presente e, talora, sul futuro.
Il personaggio a cui accenno affronta i programmi come una sarabanda scolastica estratta dal libro “Cuore” e non dà veramente un senso di serietà ed affidabilità.
Mettiamolo ben in chiaro: non nutro sentimenti antisemiti, nutro bensì sentimenti anti-ignoranza e anti-faciloneria.
È vero, il personaggio di cui accenno ha un grande merito, conduce (sic?) un programma giornaliero che si occupa di storia e di ciò gli si deve dare atto, ma è l’esperto, colui che sa le cose, a condurre il gioco.
Caro sig. Paolo, non so in che modo lei sia arrivato dov’è arrivato nei tunnel della Rai, ma quello che bisogna solennemente affermare è che esiste una grande differenza fra un dilettante volenteroso ed un professionista, magari prostrato da anni di studio.
Non basta volere, bisogna potere ed anche sapere.
Viator
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