“O Muori da Eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il Cattivo”.
Pronti, Partenza, Via. E ci ritroviamo per le strade di una Chicago trasformata in Gotham City, nel pieno dei preparativi di un assalto a una grande banca. La macchina da presa IMAX (innovativo sistema in grado di mostrare immagini con una grandezza ed una risoluzione molto superiore rispetto ai sistemi di proiezione classici) ci porta nel vivo dell’azione con un ritmo furioso e serratissimo che richiama alla mente le grandi scene di crimine nel film “Heat – la sfida” di Michael Mann o quelle di rapina mascherata in “Point Break”.
Il folgorante prologo di “The Dark Knight” è forse la parte più intensa del film, che per due lunghe ore e mezza ci racconta una nuova avventura dell’eroe pipistrello questa volta alle prese con i mafiosi già apparsi in “Batman Begins”, criminali di Hong Kong e con la follia senza freno di Joker.
Amplissimo dispiego di esplosioni, tecnologie super futuristiche e dosi di violenza inconsuete. Il destino dei film su questo personaggio, inventato dalla penna di Bob Kane della DC Comics, è quello di valorizzare assai di più il villain di turno piuttosto che l’interprete Bruce Wayne/Batman. Era accaduto con Jack Nicholson nel primo episodio firmato Tim Burton, ma anche con i successivi Danny DeVito/Penguin, Jim Carrey/Enigmista e perfino con Schwarzenegger/Mr Freeze. E questo settimo capitolo della saga, il secondo firmato da Christopher Nolan non fa eccezione, anzi conferma il trend.
Perché il vero protagonista di “The Dark Knight”, è per l’appunto uno strepitoso Joker interpretato da un Heath Ledger vincitore di un Oscar postumo. Il personaggio del clown folle era già stato affrontato egregiamente dal mefistofelico Nicholson, ma questa nuova prova del giovane attore, prematuramente scomparso, rimarrà a lungo nella memoria. Ledger infatti rende la maschera del pazzo pagliaccio più sofferente e meno giocosa del suo predecessore: il suo Joker ha un cerone colante e pasticciato, le sue cicatrici sono purulente, la sua divisa è più consunta e trasandata, i capelli sono unti e scarmigliati. Egli deve rappresentare, e lo fa al meglio, un folle anarchico amante del caos e della paura diffusa. Il suo agire malvagio è finalizzato a sovvertire l’ordine, a creare il panico. Non ha alcuna morale né desiderio di ricchezza, anzi disprezza i banditi che la inseguono almeno quanto i “buoni” che gli danno la caccia.
E al “povero” Batman/Wayne miliardario insoddisfatto, esperto di Keysi (innovativa arte marziale che utilizza più parti del corpo) e spericolato pilota di bat-pod (un futuristico motociclettone armato) non rimane che intervenire alla sua maniera per disfare i piani criminosi che minacciano la sua città, conscio del fatto che il suo destino è quello di dover difendere Gotham City dal Male anche se questo comporta l’abbandono dell’amata Rachel, destinata a sposare l’amico/nemico Harvey Dent. Proprio quest’ultimo è il personaggio più controverso e con più sfaccettature del film. Interpretato da Aaron Eckhart, Harvey Dent è il Procuratore Distrettuale, l’uomo della gente, la faccia pulita della legge e dell’ordine, che finisce col perdere il lume della ragione in ossequio al suo soprannome “Due Facce”, trasformandosi in un essere assetato di vendetta. Eppure, per difendere la sua immagine di “giusto”, Batman non esiterà ad addossarsi colpe non sue, consapevole che “o muori da eroe, o vivi tanto a lungo da diventare il cattivo”. Un eroe umano, quindi, più che un supereroe, che avverte il peso della predestinazione ma non riesce a sottrarvisi.
Seppur il titolo possa portare a pensare che il film sia in qualche modo un omaggio al lavoro di Frank Miller Il Ritorno del Cavaliere Oscuro va subito puntualizzato come esso riprenda dall’opera di Miller la tematica “dell’eroe fuorilegge”, visto più come una minaccia che come un salvatore. La storia del film, scritta dallo stesso Nolan e da David Goyer e sceneggiata, di nuovo, da Nolan e da suo fratello Jonathan, prende molti spunti dalla saga di “The Long Halloween” di Jeph Loeb (creatore e produttore di Heroes) e Tim Sale, seguito ideale di Batman: Year One di Frank Miller. Come precisato dagli stessi Nolan e Goyer nella prefazione de Il Lungo Halloween, la storia alla base del tutto era perfetta per mettere in luce le nuance da film noir del nuovo Batman, con tutto il suo sottobosco fatto di accordi fra le famiglie mafiose e i criminali fuoriusciti dal manicomio di Arkham, gli unici capaci di ostacolare in qualche modo la forza dirompente del Cavaliere Oscuro. Ancor più importante ai fini della realizzazione del film, erano i rapporti che si venivano ad instaurare fra gli unici paladini della legalità, ovvero Gordon/Dent/Batman, perfettamente ricreati nel film.
Grazie all’unione delle tematiche noir alla cifra stilistica di Nolan, The Dark Knight riesce a trascendere i limiti del cinefumetto d’autore, entrando nel ristretto novero dei grandi capolavori del crime movie. I disturbanti interrogativi morali che lo spettatore si troverà inaspettatamente ad affrontare, avvicinano il film a Scorsese, piuttosto che ad altre celebri trasposizioni d’altri nobili esponenti dell’arte sequenziale. Lo stile di regia adottato da Nolan, seppur virtuoso come sempre, non indulge più di tanto in quello che ormai è divenuto il suo marchio di fabbrica, ovvero quel montaggio incrociato capace di dialogare e di spiazzare continuamente lo spettatore (che di fatto scopre gli eventi contemporaneamente ai personaggi del film), ma lascia il compito di mettere in crisi le certezze del pubblico ai due villain del film che, di facto, vanno a demolire la sicumèra di chi pensa di andare a vedere il solito film di super eroi dalla morale rassicurante e conciliante. Il buon vince sempre? Probabile. Ma a quale prezzo?
Se Christian Bale e, ovviamente, i veterani Michael Caine e Morgan Freeman confermano le notevoli performance del “primo” Batman, è verso Ledger e Eckhart che bisogna tessere le lodi più grandi.
Il risultato è pressochè eccellente grazie anche alla colonna sonora sincronizzata con le scene e la durata del film; Christopher Nolan ha finalmente trovato il suo compositore: Hans Zimmer.
“Il Cavaliere Oscuro” è la perfetta fusione della poetica di uno dei migliori registi contemporanei, Nolan e degli aspetti più dark, noir e cinematografici di una delle figure più note dell’immaginario collettivo, ovvero Batman. Come ha avuto modo di dire lo stesso Tim Burton, artefice degli epocali Batman e Batman Returns, venti anni fa un Batman come quello di Nolan sarebbe stato improponibile, anche se questa è, ieri come oggi, la vera natura del personaggio. Il regista britannico ha elevato lo status del cinefumetto, anzi lo ha trasceso, spiazzando critica e pubblico con un’opera che, ad eccezione del finale troppo indulgente e proteso verso il terzo capitolo, è capace di argomentare ad armi pari con altre più blasonate opere.
Luglio-Agosto 2008: Hollywood si inginocchia ad uno dei migliori sequel mai realizzati.
Riccardo Coloris
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