1970-2020

Mia moglie sostiene che io oggi viva di rimpianti.
Ma a me sembra che bisogna parlare di fatti accaduti nel passato, che accadono oggi o che accadranno nel futuro.
Quindi, i cosiddetti rimpianti si trasformano in realtà in ricordi.
Come era la mia situazione nel 1970?
Vivevo in una piccola città di mare, sull’Adriatico, nella quale ero nato, ma dalla quale avevo imparato a distanziarmi, come se il mio mondo futuro fosse il Viaggio.
La mia condizione esistenziale era scandita da un tempo molto ordinato, organizzato in un certo senso dall’istruzione e dai miei genitori.
La mattina all’università, a seguire i corsi di mio interesse, il pomeriggio a casa, per studiare, ascoltando magari qualche album di musica classica o sinfonica, la sera dopo cena tutta una serie di programmi determinati dal fatto che la vita sociale/culturale era piuttosto intensa, anche per una città così piccola (300.000 abitanti): l’opera, i balletti, i concerti, le rappresentazioni teatrali di un certo livello, e poi cinema, tanto cinema, determinato dalle ventitre sale e da due cinerini in particolare, che erano monotematici, in quanto uno si occupava esclusivamente di western, l’altro di film di azione, per cui ho fatto indigestione di Robert Mitchum.
Devo confessare che esisteva pure un piccolo cinema a luci rosse, in cui si proiettavano pellicole soft-porn e in cui giganteggiava la figura voluttuosa di attrici quali Olinka Berova…
La serata poteva essere ancora più variegata, con delle puntate a Venezia, che distava soltanto un’ora e mezza di treno e i richiami del Lido, oppure, attraversato rapidamente il confine con la Jugoslavia, si arrivava a Portorose, un piccolo, ma delizioso, centro sul mare, con un casinò, con annesso locale notturno, dove diecimila Lire di allora avevano un richiamo irresistibile.
Aggiungerò un altro punto, che riguarda fondamentalmente il processo di apprendimento: è il fatto che in questa piccola città si trovavano la British School per la lingua inglese, Alliance Française per la lingua francese, Instituto Cervantes per quella spagnola, e soprattutto il Goethe Institut per quella tedesca, con conferenze ed eventi nella lingua originale.
Come vedete, un percorso di mathesis (apprendimento), tutto sommato, graduale, efficace e divertente.
Per quanto riguarda il 2020, cosa posso dire?
Mi ritrovo in una vallata piena di Storia, con dei borghi medioevali che soddisfano gli interessi di una persona acculturata, come Monteriggioni, Montepulciano, Pienza e le ridenti località circostanti.
Poi, devo dirlo per chi si rapporta con l’arte, siamo nelle terre di Piero, dove si respira un’aria di pre-Rinascimentale, che prefigura i grandi risultati artistici di 50/60 anni dopo.
Poi, permettetemi di dirlo, alcune apparizioni flash, che mi hanno comunque molto colpito nel passato, come quella di un poderoso verro di cinghiale che, solidamente appoggiato sulle quattro zampe, non mi dava il passo e sembrava quasi proteggere l’entrata del castello nella Val D’Orcia.
Nel 1970 quindi ero un vir civilis, un uomo di città, nel 2020 sono diventato un vir ruralis, un uomo di campagna.
Quindi, senza voler approfondire il solco che separa la Kultur dalla Zivilisation, così sottolineato da Thomas Mann oltre cento anni fa, è chiaro che io privilegio la prima, che è stata la Stella Cometa della mia vita.
Non ci possono esser dubbi, come direbbe Tarkovskij, l’Arte deve appartenere alla sfera della Spiritualità, quindi volare in cieli immateriali, o, comunque, riuscire a librare alto rispetto al mondo che ci circonda.
No, cara moglie, i miei non sono rimpianti: il rimpianto ha di per se stesso un valore negativo, mentre l’apprendimento, quando e come sia avvenuto, è sempre una ricerca del Bene.

Di Giorgio Penzo

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