Incontro con Giancarlo Topino. “Trasporti”…A che punto siamo?

Semplice, cordiale, diretto, competente, il rappresentante della FILT provinciale ci ha ricevuti nel suo ufficio e da questa chiacchierata amichevole sono venute fuori molte interessanti notizie.

.D. Cominciamo con una tua impressione, per quelle che sono le tue competenze, su “lavoro in generale”, “nuove modalità di lavoro”, “Logistica” e questioni collegate. Approfittane anche per presentarti direttamente

.R. Sono Topino Giancarlo, segretario generale FILT della Camera del Lavoro di Alessandria. Noi ci occupiamo dei trasporti, abbiamo “due facce della stessa medaglia”. Una riguarda il trasporto passeggeri, il trasporto pubblico locale, un po’ abbandonato e sottovalutato nel corso degli anni un po’ da tutti…dai Governi che si sono succeduti alle istituzioni locali e l’altra dallo stesso pubblico…ma su questo torneremo.

Per la prima parte di competenza, a conferma del quadro sostanzialmente negativo, stiamo parlando di aziende pubbliche e/o “partecipate” che, nel tempo, sono fallite o sono state fortemente ridimensionate.

.D. E come mai questo? Per una operazione voluta oppure per altro?

.R. Beh…secondo me è una storia iniziata diversi anni fa con una crisi del settore “quasi” voluta e legata al fatto che tali “partecipate” non funzionavano più come “bacino di consensi” se non direttamente di voti. Ognuno aveva i suoi referenti politici locali e si andava avanti così. Poi la “globalizzazione” ha trasformato il tutto. Sono arrivate delle grosse multinazionali, le piccole aziende non sono più riuscite a reggere e, soprattutto, è cambiata la concezione stessa dei “trasporti”. Sul “trasporto pubblico” i vari Governi a livello nazionale non investivano più e tra la fine degli anni Novanta e gli inizi del Duemila si è cominciata l’operazione di progressivo svuotamento. Dovuto soprattutto alla “globalizzazione internazionale” a cui non si era preparati. Le prime a pagarne le conseguenze sono state le Amministrazioni Locali ( in modo particolare quelle comunali) che anche sulla spinta della legge Madia (cfr. L. 124/2015) sono state invogliate a chiudere quelle (a volte gloriose) esperienze e a guardare altrove. Infatti proprio negli anni tra il Novanta e l’inizio secolo, invece di avere una incentivazione del trasporto pubblico, si sono trovate motivazioni per ostacolarlo. Tra queste le questioni inerenti l’inquinamento e i costi di esercizio di quei mezzi. Il risultato è stato che si è avuto uno smantellamento di quello che era il trasporto pubblico su gomma e, quel che sorprende di più, anche quello su ferro.

.D. Una situazione che ha riguardato, quindi, sia il livello nazionale che quello regionale e locale….

.R. Esattamente. Con una unica eccezione. Quella che riguarda il comparto dell’ “Alta Velocità”. Proprio “Trenitalia”, una delle grandi aziende in crisi allora, grazie a questa trasformazione delle forme di trasporto è riuscita ad andare in attivo.

.D. Comunque la valutazione complessiva non mi pare positiva….

R. Beh. Noi siamo la provincia (Alessandria) che, secondo le recenti indagini degli uffici studi regionali, impieghiamo più chilometri per andare verso scuole e ospedali. Ciò significa che siamo stati quelli più penalizzati dai tagli. E questo fatto, combinato con il dato che, come è noto, la provincia di Alessandria è quella con il tasso di inquinamento più alto in Piemonte, ci confina nelle parti più basse delle classifiche di settore.

.D. Quindi…dato negativo che si assomma a dato negativo…

.R. Già. Aggravato dal fatto che molte aziende hanno fatto in questi ultimi decenni scelte suicide che hanno portato al loro fallimento. L’ultimo caso, dopo l’AMV di Valenza (alla fine inglobata nella galassia ATM) proprio quello di difficile soluzione del CIT di Novi Ligure. Un luogo di lavoro dove era stato messo in atto dagli stessi lavoratori un percorso di rilancio, una esperienza diretta e positiva che, però , alla fine è stato interrotto bruscamente.

.D. E a pagare, come sempre , sono i lavoratori, quelli che si trovano alla fine della catena…

.R. Già. Triste dirlo ma le cose stanno in questo modo. Con operatori che si impegnano in tutte le maniere, ma che si ritrovano con stipendi fra i più bassi a livello europeo e, in molti casi, alla fine, con un pugno di mosche. Infatti negli ultimi vent’anni il loro stipendio non è aumentato e negli ultimi dieci sono stati sottoscritti pochissimi contratti, un po’ per la crisi, un po’ per la mancanza di risorse nel settore. Un settore che, da florido che era, si ritrova continuamente nelle strette del “privato”. Ad esempio quando Firenze era governata da Renzi Sindaco fu deciso di rendere privata una azienda pubblica che, poi, non aveva grosse perdite. I costi non sono diminuiti e, anzi, a fronte di un aumento della domanda, sono diminuiti gli entroiti per l’erario.

.D. E questo, a parer tuo, per quali motivi? Di sicuro anche Renzi avrà fatto le sue valutazioni….

.R. Evidentemente si cominciava a condividere allora l’idea che il “pubblico” in Italia non fosse efficiente. Con la solita solfa sentita tante volte : “Si tratta di carrozzoni, mentre il ‘privato’ è efficiente”. C’è da dire, a questo riguardo che il ‘privato’ molte volte investe sulle professionalità, mentre il ‘pubblico’ ha un altro approccio con la tendenza a mettere ad amministrare persone poco competenti o, semplicemente “trombate” dalla politica attiva o amici fidati che venivano messi in posti di potere soprattutto per fare da tramite ad altri, o poco più. Questo tipo di approccio ha contribuito a creare una crisi profonda in ambito ‘trasporti’ e oggi, pur in presenza di alcuni segnali di ripresa , specie nel settore ‘merci’ siamo di fronte ad una crisi che è prima di tutto di professionalità, in quanto le competenze più strettamente tecniche legate ad organizzazione ed esecuzione dei lavori sono passate in altri settori.  Anche  perché non è stata fatta una politica salariale all’altezza, che permettesse di essere competitivi con altre aree di lavoro.

.D. Bene. Il quadro è delineato. E, facendo riferimento ai lavoratori, a chi giorno per giorno svolge le sue mansioni (dalle più semplici alle più complesse e di responsabilità), quante persone sono oggi impiegate nel settore?

.R. Dunque. Sul trasporto pubblico locale c’è stata una perdita di cinque milioni di chilometri su un anno. Una perdita di percorrenza sulle “tratte” solo della provincia di Alessandria, per essere ancora più chiari. L’ente Provincia utilizza un capitolato d’appalto su undici milioni di chilometri e noi oggi abbiamo percorrenze per meno della metà di quanto messo a gara. Circa il 40 per cento. Questo per tutte le strade da Casale a Ovada, da Tortona fino a Acqui e oltre. Oltretutto si tratta in modo particolare di servizi legati a scuolabus o a “corse” in orari scolastici. Con l’aggravante di avere poli logistici importanti, totalmente scoperti dal trasporto pubblico. Persino Rivalta Scrivia, un po’ la capitale della logistica provinciale, è poco o nulla servita. Con il risultato che le vie di accesso alle entrate dell’Area Logistica sono intasate da auto private, motorini, biciclette e anche direttamente da“pedoni” a margine strada. Il paradosso è che chi si sta muovendo, forse, è il gestore privato che con proposte mirate (assodato che è consistente il numero dei possibili utenti) va a supplire il “pubblico” inadempiente.

.D. Con le tue riflessioni, concrete e dettate dall’esperienza, siamo arrivati a Rivalta Scrivia… Ne approfittiamo per riprendere uno degli argomenti “clou” della trasportistica: il passaggio “da gomma a rotaia”. A che punto siamo?

.R. Beh…togliere i TIR dalla strada sarà (in tempi abbastanza brevi) una necessità perché le nostre infrastrutture non reggono. Siamo, anche in questo, il fanalino di coda dell’Europa. Infatti su rotaia trasportiamo solo il 5 per cento delle merci contro una media europea del 10 per cento. Saremo , quindi, obbligati a questo tipo di passaggio. Prendiamo solo in considerazione i collegamenti con la vicina Liguria. A Tortona, a Arquata, spesso si formano ingorghi di difficile soluzione e altrettanto succede sulla direttrice del Cadibona. Ricordiamoci che siamo di fatto, e lo saremo ancor di più il retroporto naturale di Genova con tutto quanto questo comporta. Per cui, data la situazione viaria di forte intasamento, dovremo per forza basarci su quel che ci propone il sistema ferroviario. Senza dimenticare il tasso di inquinamento oggettivo legato al solo trasporto via TIR. E questo in presenza di un aumento sostanziale dei volumi di traffico che, a seconda dei periodi dell’anno, va da un più dieci ad un più venti per cento rispetto ad una decina di anni fa. Le aziende specialiste in trasporto container, inoltre, stanno arrivando anche ad incrementi del trenta per cento. E saremo di sicuro, e quasi per necessità, il naturale retroporto ligure, perché una soluzione diversa, vista la configurazione della Liguria, diventa impossibile. Quindi “percorso obbligato” viste le necessità oggettive di tipo economico e ambientale

.D. Secondo il tuo parere il mondo industriale, quello dei trasporti via container, quello della Logistica, è pronto a questo passaggio?

.R. Sulla carta, secondo quanto promesso e ricordato in molte occasioni, anche recenti, operatori come “MSC” e “Maersk” sono pronte. Così come dà segni di maturità, più di qualche anno fa, la stessa RFI gestore ferroviario. Ne è una conferma la situazione (e soprattutto l’evoluzione prossima ) dello smistamento di Alessandria. Un nodo fra i più importanti del nord-ovest per decenni fino agli anni Settanta dello scorso secolo. Per trent’anni solo promesse e ora, finalmente, sembra che si stia muovendo qualcosa. E bisogna fare presto perché, come penso si sappia, diverse linee interne con rotaie e scambi, non sono più agibili. Anche se molto ridotto, anche molto depotenziato, conserva un suo valore e serve molti più treni di quanto possa effettivamente coprire. Il progetto che ci è stato presentato (come Camera del Lavoro) risulta con un potenziamento significativo. Una proposta anche in relazione con il cambio, evidentissimo, di attenzione alla Logistica a livello nazionale, cosa che solo una decina di anni fa era impensabile. Pensiamo per es. ad Amazon e a tutto quanto sta muovendo. E’ un po’ la conseguenza di quel che abbiamo toccato con mano in periodo di Covid con le persone impossibilitate a muoversi e con le merci che si muovevano comunque (e anche in maniera maggiore ai periodi precedenti) proprio grazie alla Logistica. Altra conferma di questa tendenza è la triplicazione di portata del Canale di Suez con conseguente aumento del tonnellaggio in transito. A volte ci troviamo anhe delle forzature, come quella della carta igienica cinese che, paradossalmente, conviene importare dalla Cina piuttosto che produrla in loco. Un discorso che vale anche per altri prodotti, come per esempio i pannelli solari, con componenti che potrebbero benissimo essere prodotti in Italia e, invece, provengono in massa di nuovo dalla Cina.

.D. A questo punto viene spontanea una domanda. Se potessi avere mano libera e, quindi, impostare le cose nel modo migliore, trovare i finanziamenti, tentare di cambiare gli equilibri attuali, evidentemente insufficienti…Quali dovrebbero essere le priorità?

.R. Per prima cosa bisognerebbe tutelare e regolamentare il lavoro, cominciando ad applicare completamente tutte le prescrizioni di legge. Per esempio riguardo la Legge sugli Appalti, chiediamo come CGIL una revisione da una vita. Una rivisitazione importante che servirebbe molto. Specialmente riguardo i “cambi appalto”, “le modalità di applicazione” per avere nuovo lavoro ma soprattutto “buon lavoro”. Dobbiamo fare in modo, infatti che ci sia del buon lavoro e del lavoro sicuro, dati gli incidenti che si ripetono, purtroppo alcuni mortali. Anche la Logistica non si deve sottrarre a questi principi. Registra un po’ meno incidenti sul campo ma solo per due motivi ben noti: alcuni di questi non vengono nemmeno denunciati e comunque vengono tendenzialmente “recuperati” all’interno delle aziende. Quindi, per prima cosa focus sul “cambio appalti”. Per ora c’è quella sul settore pubblico ma occorrerebbe anche tutta quella sul “privato” per noi essenziale. Tenete conto anche che gli investimenti, visto che prima si faceva riferimento a quelli, ci sono e sono molto legati alle contingenze. Il porto di Genova è uno dei porti mediterranei più importanti e lo diventerà ancor di più quando sarà perfettamente in funzione il “Terzo Valico”. All’arrivo a Genova ci sarebbe il compattamento dei treni con i container, l’immediato trasferimento ad Alessandria in area nuovo scalo ferroviario e, di lì, l’organizzazione dei convogli verso il nord con un risparmio netto anche di cinque o sei giorni.

.D. Puoi spiegarci meglio questo passaggio?

.R. Tutto partirebbe da Genova e da Vado-Savona e di questi due grandi punti di partenza noi dovremmo diventare il retroporto naturale. Ci sono due colossi del trasporto container già pienamente operativi sui due terminal (MSC e Maersk), con l’Italia che parrebbe pronta a questa opportunità. Tanto è vero che RFI ha deciso di intervenire sullo specifico, a sostegno di questa grande operazione di movimento merci. Ci sono anche procedimenti in corso riguardanti le procedure di sdoganamento che vedrebbero, allo stato attuale delle cose, in vantaggio il porto di Trieste, più conveniente per il traffico verso il centro Europa. Un passaggio importante della manovra è il passaggio da Rivalta allo scalo di Alessandria di tutta la parte di interscambio da gomma verso rotaia. Più volte ipotizzato ma non ancora operativo. Ci sarebbe pertanto la possibilità di essere veramente alternativi al percorso attuale che vede le merci entrare nel Mediterraneo dal canale di Suez, uscire da Gibilterra e andarsi a posizionare in gran parte al porto di Rotterdam. Con conseguente smistamento, di lì, per tutta Europa. L’utilizzo dei treni veloci del TerzoValico permetteranno risparmi anche di cinque o sei giorni rispetto alla linea tradizionale. La costruzione dei convogli avverrebbe qui da noi e poi si proseguirebbe verso nord attraverso i valichi vecchi e nuovi attraverso le Alpi. E non solo. Oltre che alla logistica da trasporto con movimento merci senza interventi sul prodotto si passerà, a breve, all’assemblaggio, con impianti specifici, di parti di macchinari, oggetti e merci varie che arriverebbero ad Alessandria divise per poi essere assemblate qui. Un parallelismo nelle attività di settore che abbiamo già visto in molte occasioni. Di fatto questo è il futuro. E’ il futuro per la nostra provincia che ha la fortuna di trovarsi geograficamente in una posizione privilegiata. E’ il futuro di tutta questa parte di nord ovest italiano. Genova è uno dei porti più attivi del Mediterraneo e con Trieste si contende il palmarès di terminal più frequentato. Anche Marsiglia in questi ultimi due anni non ha mantenuto il passo di crescita di inizio Duemila e, comunque, si trova ad un giorno di più di viaggio rispetto a Genova.

.D. Questa concretizzazione quando potrà arrivare a regime?.

R. Mah…ho già detto prima che molte aziende, molti “buyers” nazionali hanno acquistato terreni e si sono fatti valere. Autamarocchi, operante prima prevalentemente nella zona di Trieste, ha comprato diversi terreni a Tortona. Così come molti altri che, non a caso, hanno rimesso in sesto capannoni interi dismessi. Altra novità è la tendenza dei grandi produttori ad uscire dall’area del sud est asiatico per passare in nord Africa, ritenuto – in questa turbolente fase politica internazionale – più affidabile.

Per noi non cambierebbe molto anche se il fatto di essere sul mediterraneo a lungo andare dovrebbe consentire plus valenze. In un quadro comunque discretamente positivo, visto l’andamento del movimento merci, aumentato di parecchio immediatamente dopo il periodo di pandemia. Reso meno positivo – in quest’ultimo – anno dalla guerra in Ukraina, con le difficoltà conseguenti per navi da carico e non solo. Di lì l’opzione nordafricana per il servizio di produzione all’origine.

.D. Per chiudere ….quali potrebbero essere i primi passi vincenti?

.R. Sicuramente il miglioramento dei servizi sia merci che passeggeri sulle tratte attuali verso il mare e verso Milano. Come pure una maggiore attenzione per la rete che dovrà comunque formarsi visto l’aumento prevedibile di pressione che dovrà essere diviso fra nuovo Smistamento di Alessandria, aree smistamento di Tortona-Rivalta, di Novi-San Bovo, di Ovada e di Acui-San Giuseppe di Cairo. La volontà di attuazione pare esserci e il recente raddoppiamento della linea Tortona – Voghera va in quel senso…. Ma la strada è ancora lunga e può trovare nella triangolazione Savona, Alessandria, Genova il suo punto di svolta.

 

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