Alessandria. Come ti avrei voluto

Alessandria è fatta di grandi spazi vuoti, e sonnolenti. Ma di colpo, in certe serate autunnali o invernali, quando la città è sommersa dalla nebbia, i vuoti scompaiono, e dal grigiore lattiginoso, alla luce dei fanali, spigoli, angoli, subite facciate, scorci bui emergono dal nulla, in un gioco nuovo di forme appena accennate, e Alessandria diventa “bella”.
Umberto Eco, “Il miracolo di San Baudolino”, in Il secondo diario minimo, Bompiani, Milano 2016, p. 338.

Per la serie delle interviste curate per La Stampa da Valentina Frezzato su “Alessandria. Come ti vorrei”, è apparsa qualche giorno fa una interessante intervista all’architetto Armanda Tasso, corredata da sette belle immagini che illustrano alcuni degli aspetti (positivi e negativi) del decoro cittadino. Prima di entrare nel merito delle affermazioni espresse in quest’ultimo intervento, nonché a titolo di sintesi di questo mio contributo sulla “bellezza” o “bruttezza” della città di Alessandria, vorrei richiamare come ebbe ad esprimersi, in merito ai “caratteri della Mandrognickheit”, il suo cittadino più illustre, Umberto Eco, su quel libello, Il miracolo di San Baudolino, recentemente ripubblicato nel libro citato in epigrafe.[1]

Stampato nel 1989 in 1.600 copie tutte numerate e autenticate, nella sua versione originale “Il miracolo di S. Baudolino” consta di sole trentadue pagine, delle quali dodici di testo e otto illustrazioni di Mario Annone. Quel piccolo libro si presenta custodito in un cartoncino color tortora, sigillato con una ceralacca rossa sulla quale spicca il timbro della FISAC-CGIL, promotrice della pubblicazione. Inoltre, in una nota di Presentazione della Segreteria del sindacato, si precisa che “Lo scritto di Umberto Eco è praticamente inedito e presenta preziosi ricordi autobiografici con quella sua vena fabulistica che è ormai inconfondibile”.

Sempre sul tema oggetto di questo scritto, non posso esimermi dal citare quel fantastico video su ‘Alessandria città scollegata’, che dista “a un’ora da tutto e a un secondo dal niente”, dove “si nasce nei bar e ogni uomo ha il suo branco (…), e l’acqua che scorre non va avanti, va altrove”, video nel quale “la ruvida voce di Massimo Torchio, accompagnata da quella del soprano Anita Maiocco”, ci racconta un viaggio “che pare onirico tra le immagini che Decorato ha catturato non solo «nel bello, ma anche dove quel bello non c’è»”.[2]

“Alessandria – esordisce Armanda Tasso nella sua intervista – è una città brutta perché non ha mai saputo far emergere gli elementi positivi”. Anche se, bisogna riconoscere, che la città “ha un suo tessuto architettonico: un’edilizia ottocentesca di pregio (…) penso che l’immobilismo sia uno dei problemi più grandi di questa città: è mancata e manca la voglia di andare contro e oltre gli schemi o di seguire strade ardite”. E sottolinea, inoltre, come non sia “facile chiudere il centro storico al traffico (…). Non è facile eliminare i parcheggi e regalare intere piazze sicure ai cittadini. (…) Ma ciò che manca alla città è proprio la volontà di operare delle trasformazioni radicali”. Occorre, sottolinea, “eliminare i parcheggi e regalare intere piazze sicure ai cittadini”.

Infine, alla domanda in cui l’intervistatrice chiede ad Armanda Tasso cosa suggerirebbe qualora potesse riprogettare le opere, l’architetto risponde: “Dunque, ripartirei dall’evidenziare la memoria storica dei complessi monumentali e dalle potenzialità. Che sono: i fiumi, la riconoscibilità, perché c’è una certa omogeneità che va sottolineata, poi la presenza di piazze e sagrati che si offrono alla città per essere vissuti. Il mio sogno è vivere in una città che lascia liberi questi spazi. Marciapiedi compresi”. E che occorre affrontare “subito la questione delle auto: questa è una città che vive per le macchine. Dobbiamo lavorare su questo fronte”. Rammentando che “non serve far cambiare percorso a chi la usa, ma portarlo a non usarla affatto”.[3]

Dire che sono d’accordo con queste osservazioni è banale. La questione, infatti, più che sul problema, risiede sul come deve essere affrontato. Nei due anni immediatamente successivi alla disastrosa alluvione del novembre ’94, ignorando completamente la mia (provocatoria) proposta di ripristinare il servizio tramviario,[4] l’Amministrazione comunale, guidata dall’allora sindaca Francesca Calvo, ha approvato un Piano del Traffico costruito sull’ipotesi di “portare le auto in centro”. Da allora molte cose sono cambiate, fermo restando che una parte significativa delle opere per la messa in sicurezza della città dalle esondazioni dei fiumi deve ancora essere effettuata,[5] e che una parte consistente della città è inclusa nella cosiddetta Fascia C del Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, quella che comprende le aree a rischio di inondazione nel caso di un evento catastrofico. [6]

Avendo ormai accantonato da tempo la realizzazione di “Quel desiderio chiamato tram”, per tornare alla questione di come ridurre la presenza delle auto all’interno del centro storico, e per concludere questa mia riflessione su “Alessandria. Come ti avrei voluto”, faccio presente che in molte città italiane è stato adottato un sistema al tempo stesso semplice e remunerativo per le casse comunali: esso consiste nell’istallazione nelle vie di accesso al centro storico di un sistema di telecamere, atto a fare in modo che coloro che intendono accedere all’interno dell’area delimitata dagli Spalti corrispondano un tributo all’Amministrazione Comunale. Oltre a ridurre il numero delle auto all’interno del centro storico, un provvedimento di questo tipo servirebbe a migliorare la qualità dell’aria e a realizzare il desiderio dell’architetto Armanda Tasso di “regalare intere piazze sicure ai cittadini”.

Alessandria, 18 febbraio 2024

di Bruno Soro

  1. Sul contenuto di questo libello mi sono già espresso in una nota, “Eco il barbaro”, pubblicata nel 2016 sul sito della rivista on line di Città Futura.
  2. A questo video, Antonella Mariotti ha dedicato un interessante articolo, apparso su La Stampa del 21 settembre scorso, dal quale ho rubato due incisi riportati nel testo. In questo video, ideato e arricchito dalle immagini di Fabio Decorato, sono immortalati “Quattro minuti di intensa emozione, un’emozione che gli alessandrini dovrebbero provare almeno una volta guardando i luoghi belli e quelli abbandonati, a volte bagnati di fiume e di solitudine, che girano intorno a tutti”.
  3. Tra le altre questioni sollevate nell’intervista all’architetto Armanda Tasso in merito ai “grandi spazi vuoti, e sonnolenti”, sottolineati in epigrafe da Umberto Eco, andrebbero citati alcuni casi ben noti, come il Tinaio degli Umiliati, la Cittadella e la Caserma Valfré, messi in evidenza in alcune altre interviste rilasciate da cittadini altrettanto illustri.
  4. Pubblicato originariamente su “La Città”, anno III, sul numero 2 del febbraio 1996, con il titolo “Quel desiderio chiamato tram”, questo articolo è stato integralmente riprodotto nel mio «Aria al veleno e “Quel desiderio chiamato tram”», pubblicato nel febbraio 2018 sul sito on line della rivista Città Futura.
  5. Un elenco dettagliato delle opere per la messa in sicurezza di Alessandria dalle esondazioni dei fiumi, redatto da uno dei tecnici dell’ex-Gruppo di Lavoro, gentilmente fornitomi dalla dottoressa Gianna Calcagno, è disponibile all’interno del mio articolo «La sicurezza dalle inondazioni nello Scenario a rischio “Basso”», pubblicato il 12 gennaio 2023 sul sito on line della rivista Città Futura.
  6. Adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale n. 26 in data 11 dicembre 1997, il Piano Stralcio delle Fasce Fluviali è stato approvato con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24 luglio 1998.

1 Commento

  1. Complimenti. Hai centrato le questioni più importanti e citato protagonisti di rilievo di questi ultimi 40 anni. “Città” compresa. Sostanzialmente il gruppo che comincio’ a muoversi dopo il fallimento dell’ opaco e contraddittorio socialismo alessandrino (con la crisi di inizio anni Novanta come massima acme) rivive nelle tue parole.

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