Di “Solvay” e, prima ancora , di Ausimont e di Montecatini/Montefluos, ci siamo interessati da tempo. Praticamente da quando sono iniziate le pubblicazioni on line del giornale. La nostra posizione è nota: salute dei lavoratori e dei cittadini e certezza di un lavoro dignitoso e di qualità devono andare di pari passo. Seguendo le norme nazionali e internazionali per tutto quanto riguarda correttezza (e innovazione tecnica) nelle lavorazioni, “resilienza” con preciso adeguamento alle norme ambientali e di “industria green” prescritte dalla Unione Europea e, soprattutto, chiusura di tutte quelle linee di prodotto di cui si è acclarata la pericolosità. Arrivando anche, e l’abbiamo fatto in più articoli e interviste, a rilevare l’importanza della presenza e della piena attività in positivo dellì’azienda stessa, fondamentale proprio per l’attività di bonifica e di riorganizzazione complessiva, oltre che per la garanzia di lavoro pulito da assicurare sempre e comunque.
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La posizione della “Rete Ambientalista” .
Rileviamo su questo specifico argomento la posizione molto dura della “Rete Ambientalista” (1) (contattabile presso <movimentodilottaperlasalute@
La vogliamo pubblicare integralmente e a questa presa di posizione aggiungiamo quanto ricevuto dalla direzione Solvay (per la precisione dal suo “spin off” Syensqo) (2). Un argomento delicato che, come segnalato in apertura riguarda migliaia di lavoratori, la sicurezza di un impianto industriale di rilevante importanza e, ovviamente, la salute di lavoratori e abitanti. Ecco i due testi completi.
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“Si allunga l’elenco: Veneto, Toscana, Trentino, Marche, Sicilia, Emilia Romagna. Dopo la Lombardia, un nuovo rapporto pubblicato da Greenpeace Italia, basato su dati ufficiali degli enti pubblici, dimostra come la contaminazione da Pfas nelle acque potabili del Piemonte interessi anche Torino e provincia: oltre 125 mila persone potrebbero aver bevuto acqua contaminata, e non solo l’alessandrino, dove si trova il polo chimico Solvay di Alessandria sobborgo Spinetta Marengo, unico produttore in Italia, individuato fin dal 2007 (studio europeo Perforce) principale fonte di Pfoa nel bacino del Po e del brevettato C6O4 (dati recenti di ARPA Piemonte) non solo attraverso le acque reflue, ma anche in atmosfera con una deposizione al suolo fino a migliaia di nanogrammi per metro quadrato in pieno centro di Spinetta.
Alla richiesta atti di Greenpeace, solo 10 enti, pari al 23% del totale, hanno inoltrato copia delle analisi effettuate, addirittura adducendo come ragione dei mancati controlli la specifica istanza di Arpa Piemonte di non ricercare i PFAS nell’acqua potabile. Dei 671 campioni analizzati tra il 2019 e il 2023, nel 51% è stata riscontrata la presenza di PFAS, con le maggiori positività nella provincia di Alessandria. In questa area cinque comuni, ubicati lungo il fiume Scrivia, hanno evidenziato la presenza degli inquinanti in tutti i prelievi effettuati in questi anni: Alzano Scrivia, Castelnuovo Scrivia, Molino dei Torti, Guazzora e Tortona in concentrazioni variabili e comprese tra 19 e 190 nanogrammi per litro, nonché a Montecastello con 470 nanogrammi, però solo a Montecastello il sindaco ha chiuso l’acquedotto.
Dall’analisi dei dati condivisi dal gruppo Società Metropolitana Acque Torino (SMAT) che gestisce la rete idrica di 291 comuni, emerge la presenza di PFAS in 77 comuni, il 26,5% del totale. Nello specifico, per la città metropolitana di Torino il 45% dei campioni è risultato positivo alla presenza di PFAS. Per le altre province piemontesi, invece, la situazione non è ricostruibile poiché gli enti pubblici, inclusi i gestori, non hanno effettuato analisi. Colpisce la presenza rilevante di cC604 (brevetto esclusivo Solvay) in quattordici comuni (Agliè, Avigliana, Baldissero Canavese, Bardonecchia, Bruino, Caprie, Cintano, Pavone Canavese, Pinerolo, San Maurizio Canavese, Susa, Torino, Venaus, Villar Focchiardo) con un picco di 66 nanogrammi per litro a Cintano, a pochi chilometri da Ivrea, a Bardonecchia situata a circa 1.300 metri d’altezza e 96 nanogrammi a Gravere, a oltre mille metri di altitudine.
Parallelamente alla richiesta dei dati agli enti pubblici, Greenpeace ha raccolto e analizzato 15 campioni di acqua potabile nelle otto province piemontesi per la maggior parte da fontane pubbliche di parchi giochi per bambini, evidenziando la presenza di PFAS in 5 campioni: 120 nanogrammi per litro ad Alzano Scrivia (AL), 73 a Castelnuovo Scrivia (AL), 70 a Guazzora (AL), 19 a Tortona (AL), 12 a Galliate (NO).
Per anni, con una campagna incessante sui Pfas abbiamo subissato urbi et orbi i mezzi di comunicazione, ora finalmente siamo noi ad essere subissati da giornali e tv, dunque oltre ai nostri 40mila utenti l’opinione pubblica si sta allargando. Esempio, nell’ultima settimana: clicca sul titolo per avere la rassegna stampa.
Sul “biomonitoraggio”
L’intensificazione della campagna nazionale di Greenpeace per la messa al bando dei Pfas, da noi iniziata vent’anni fa, inchioda inesorabile le responsabilità delle amministrazioni piemontesi a cominciare dalla Regione. Per decenni hanno chiuso occhi-bocca-orecchi sulla Solvay, sul polo chimico di Spinetta Marengo, su Pfas e altri 20 inquinanti tossici cancerogeni in suolo-aria-acqua, sulle indagini ambientali Arpa, sulle almeno nove indagini epidemiologiche (l’ultima, del 2019), sull’indagine Pfas dell’Università di Liegi, sulle ispezioni ONU e del Parlamento, sui miei 20 esposti, sul processo penale fino alla Cassazione, sul processo Miteni in Veneto, sul disegno di legge parlamentare, sull’allarme Pfas in tanti Stati e altre Regioni italiane, sulla sterminata letteratura scientifica, sull’espandersi della divulgazione giornalistica alla quale abbiamo dato un incessante contributo.
Da venti anni la Regione Piemonte, subalterna con i sindaci alla multinazionale belga, si oppone alla nostra richiesta di monitoraggio ematico di massa della popolazione alessandrina, onde evitare l’esibizione di un gigantesco delitto sanitario: la prova regina, “la pistola fumante” che costringerebbe Solvay a quella fermata delle produzioni incriminate che spettava al sindaco quale massima autorità sanitaria locale. Oggi, ha avviato, obtorto collo, un mini monitoraggio del sangue ridicolizzato dalla spettacolare iniziativa di Greenpeace: un campione di studio diluito in un anno o due, limitato ad un centinaio di persone le più lontane possibile dall’epicentro urbano inquinato, sparse nelle campagne a decine di chilometri di distanza.
Insomma, il cosiddetto biomonitoraggio regionale altro non è che un goffo lento espediente teso a non dimostrare nulla: magari addirittura escludendo C6O4 e ADV tra i Pfas, cioè un “rallenty” utile alla giunta regionale per bypassare la scadenza elettorale ma soprattutto che serve strategicamente alla Solvay per prendere tempo per tirare a campare … e far tirare le cuoia alla gente.
Nella strategia a medio termine di Solvay, apprendiamo alla viva voce di Marco Apostolo, Country Manager di Solvay-Syensqo in Italia, infatti, ci stanno una simulata fuoriuscita dai Pfas e alcuni snodi di carattere giuridico.
Uno è il nuovo processo penale in coda alla sentenza di Cassazione, che prende avvio dal GUP il 4 marzo prossimo. L’altro è la partenza di cause civili e azioni collettive, anche inibitorie, con l’assistenza di un pool di legali di Alessandria e Torino.
Sulla parte inerente le Università
Alla subordinazione delle amministrazioni locali alla Solvay fa da corollario quella storica dell’Università di Alessandria. La celebrazione di oggi non merita neppure un bidoncino di materiale organico (peraltro passibile di anni di galera se non trasportato da trattori).
Oggi presso il Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica di Alessandria), si “celebra” la cerimonia di sottoscrizione dell’accordo tra l’Università del Piemonte Orientale e l’azienda Syensqo, spin-off del Gruppo Solvay, alla presenza di Istituzioni e Autorità per la nascita del Centro di Ricerca e Sviluppo per il Risanamento e la Protezione Ambientale (RiSPA). Il Centro, ovviamente, “nasce con l’obiettivo di sviluppare materiali e processi per l’abbattimento e l’eliminazione degli inquinanti nell’ambiente”: obiettivo garantito dalla green Solvay che lo finanzia dall’alto dei suoi 1,2 miliardi di euro di fatturato. L’Università, ovviamente, l’accordo (l’ennesimo) non lo fa con i Comitati, le Associazioni ambientaliste, le Vittime, il Popolo inquinato, chè non hanno una lira.
Applauditi da Autorità e politici, brindano (ore 10) con pasticcini e champagne (belga) e allegri firmano (ore12)
Gian Carlo Avanzi rettore dell’Università del Piemonte Orientale e Marco Apostolo Country Manager di Syensqo Italia, sorretti da Guido Lingua Direttore del Dipartimento di Scienze e Innovazione Tecnologica e da Stefano Colosio Direttore dello Stabilimento Syensqo di Spinetta Marengo, e tal Leonardo Marchese, tutti prof. e ing.” . Qui termina la comunicazione.
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La posizione di “Solvay – Syensqo”
(2) In questi giorni è stato pubblicato un report di Greenpeace relativo alla presenza di PFAS nella Regione Piemonte. A tal proposito Syensqo (spin off di Solvay) intende ribadire quanto segue:
- Nell’area alessandrina dove opera il sito Syensqo l’acqua è potabile e non si è mai verificato alcun problema relativo alla potabilità dell’acqua. Le analisi condotte dall’ASL sull’acqua potabile nel periodo 2019-2023 in Provincia di Alessandria non hanno individuato la presenza didi PFAS (PFCAs e PFOS) nell’acqua potabile di Alessandria.
- Solvay/Syensqo non ha mai prodotto né utilizzato PFOS.
- Solvay/Syensqo non ha mai prodotto PFOA e lo ha utilizzato solo per la produzione di alcuni fluoropolimeri, fino al 2013, quando tutti gli usi sono stati interrotti, in anticipo rispetto alle normative.
- Il sito di Spinetta è uno dei siti più monitorati d’Europa, con centinaia di analisi effettuate dalle autorità ogni anno. Queste analisi sono pubbliche.
- Greenpeace dichiara elevati valori di PFOA ad Avigliana, Tortona, Baldissero Torinese, Bibiana, Borgomasino, Cafasse, Cambiano, Caselle Torinese, Cavour, Cesana Torinese, Chiomonte, Gravere, Piobesi Torinese, Pratiglione, San Colombano, Settimo Rottaro, Villafranca Piemonte. Considerata la collocazione geografica di tali comuni rispetto allo stabilimento di Spinetta, appare scientificamente altamente improbabile, o non plausibile, che Spinetta sia all’origine della contaminazione.
- C6O4 è l’unico fluorotensioattivo ancora prodotto a Spinetta Marengo e viene gradualmente eliminato. È registrato nell’ambito della legislazione europea (REACH) e non è bioaccumulabile, né biopersistente.
- Grazie ai suoi 600 milioni di euro di investimenti dall’acquisizione del sito, Syensqo opera con le migliori tecnologie disponibili, applicando tecniche all’avanguardia a Spinetta che consentono all’azienda di ridurre le emissioni di fluorotensioattivi quasi al 100%.
Inoltre, Syensqo osserva che il PFOA, una sostanza utilizzata da molte industrie sin dagli anni ’40, è ampiamente diffusa nell’ambiente e può avere molteplici fonti, compreso l’uso di schiume antincendio da parte dei vigili del fuoco (nelle caserme dei vigili del fuoco, negli aeroporti, negli ospedali, ecc.). Solvay non ha mai prodotto schiume antincendio.
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.1. https://www.rete-ambientalista.it/2024/02/09/nessuna-regione-italiana-si-salva-dai-pfas-il-piemonte/
.2. https://www.solvayspinettamarengo.it/comunicato-stampa/merito-alla-presenza-di-pfas-nelle-acque-potabili-piemonte
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