In margine alla più grande sconfitta della sinistra riformista di questi ultimi decenni.
Sì, amici cives, si è trattato di una sconfitta totale, una vera “pugna cannensis” (1), una batosta da analizzare con calma (ma non troppo a lungo) e da cui ripartire. Evidentemente sono mancati alcuni elementi fondamentali ed altri sono stati “usati” in modo distruttivo e autolesionista… con i risultati che sono di fronte a tutti.
E’ vero, è ancora notte… qualcosa potrebbe cambiare… ma poco. I numeri sono inclementi nella loro asciuttezza: i CinqueStelle sono il primo partito sia come percentuali al Senato che alla Camera, avendo raggiunto i 32 – 33 punti assoluti. Secondo, per il momento, il partito Democratico, intorno al venti per cento (in attesa dei numeri definitivi), poi – via via – la Lega di Salvini e Forza Italia del duo Berlusconi-Tajani. Questi due partiti di centro destra, a cui colleghiamo anche il 4 per cento circa di Fratelli d’Italia, sopravanzano nell’insieme i “grillini” (di tre – quattro punti) e, dalle prime dichiarazioni, si autopromuovono come destinatari del “fatidico” incarico del “Colle Quirinale”. D’altra parte uno dei più stretti collaboratori di Di Maio definisce “trave portante del prossimo Parlamento” il MovimentoCinqueStelle, rivendicando diritti di prelazione al momento degli “incarichi esplorativi”. A seguire tutti gli altri, anche quelli “eredi” di quel che resta del “centrosinistra” e della fase ulivista. Gli stessi che sono (con il PD) diretta emanazione di una serie di governi tecnici e della serie (a posteriori definibile “poco incisiva”) dei tre presidenti del Consiglio: Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. I dati riguardanti formazioni “pungiglione” come CasaPound e Potere al Popolo, proveremo ad analizzarli in un’altra occasione. Sperando che il veleno e l’estremismo di cui sono intrisi si stemperino o, nel caso di “Potere al popolo” trovino un loro modus vivendi accettabile in vista di un rilancio complessivo.
Sì…, si accenna al “rilancio” perché non è ammissibile lasciare spazio al peggio della propaganda leghista, segnata da ovvietà e scorciatoie di comodo e da un “perbenismo di facciata” che trova nell’immarcescibile Berlusconi il suo più coerente interprete. Queste due forze, terze e quarte in un immaginario “score” finale, hanno puntato sulle sensibilità immediate degli italiani, esortandoli a “difendere il lavoro” da tutta una serie di minacce estere, dai “cattivi” della BCE fino agli “sconosciuti” da isolare e rispedire al mittente in Africa o in qualsiasi altro luogo. Il tutto in nome di una “italianità” da anni Sessanta dello scorso secolo, ferma a “Canzonissima”, alle “fettuccine” e ai “Mondiali di Calcio”.
Comunque, si è trattato di temi semplici, diretti, veicolati in più modi, dai vecchi cari manifesti alla propaganda più subdola via media e web. Girando – comunque – sempre su due o tre questioni, praticamente una “uniloop” ripetuta all’infnito (e a loro vantaggio). E proprio la “capillarità” della comunicazione, congiunta ad un uso evoluto dei “social” è una delle basi del successo di “Annibale”, forte, astuto, ma non invincibile.
I temi della tutela più immediata del lavoro e della inadeguata gestione dell’emergenza “migranti” sono stati affrontati in modo simile anche dai “vincitori” della tornata elettorale del 2018, i “Cinque Stelle”. Con qualche apertura in più ad alcuni altri argomenti che “fanno fine” in un programma, e non impegnano più di tanto. Da una generica tutela dell’ambiente, ad un ricorso “senza lacci e lacciuoli” alla giustizia per i motivi più vari, anche se il “Movimento” ha vinto su altro…Infatti la ciliegina sulla torta per Di Maio e co. è stato il continuo riferimento alla “trasparenza”, alla “pulizia”, ad essere gli unici a “saper cancellare le opere sbagliate, specie se frutto di tangenti e malaffare”. In questo modo è riuscita l’operazione di essere percepiti come un “toccasana” per circa un terzo dei votanti, anche se il 99% degli stessi – in cuor suo – sa benissimo che i problemi del debito pubblico, di un bilancio perennemente in difficoltà e, più in generale, di una Nazione in ginocchio per economia e occasioni perse, hanno ben poche vie di uscita.
Come pure sanno benissimo che sono poche le possibilità di valorizzazione delle risorse proprie e molti, invece, i vincoli tanto di carattere bancario che industriale. Ma tant’è… si cambia. A meno che il Presidente Mattarella non ci metta lo zampino e accetti una maggioranza nettamente di destra (molto risicata) con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia con garanzia di ulteriore blocco di ogni riforma seria per i prossimi cinque anni.
Che fare dunque? Per prima cosa il PD, con le residue forze, non dovrebbe farsi coinvolgere in alleanze spurie e di dubbio valore contenutistico, ritornando ad una sana e corretta opposizione. Al contempo dovrebbe iniziare un’opera di riorganizzazione interna della forze del c.d. “centrosinistra riformista” con una visione dei problemi non localistica, ma mondiale. Dimostri, insieme a tutte le forze che condivideranno un percorso virtuoso, di avere la capacità di riconoscere e condizionare le scelte errate (poste in essere a qualsiasi livello) in campo economico, sociale e ambientale, operando per una assistenza adeguata (e finalizzata all’ “inclusione”) per i migranti, per una soluzione globale dei problemi riguardanti tutto l’ecosistema Terra. Occorrerà l’intelligenza e l’impegno di tutti per ricostruire economie e “mettere in sicurezza” intere regioni dell’ (ex) Terzo Mondo devastate da interessi neocoloniali, mafie e guerre tribali.
Iniziative in grande stile da “fare subito”, perché per ogni giorno che passa sarà sempre più difficile tornare indietro. I sistemi, i mezzi e le collaborazioni per ottenere risultati sono “alla portata” (cioè, per esplicitare, “i soldi si possono trovare”, tagliando spese militati inutili oppure finti “aiuti” utili solo per pochi venditori. … Manca però un indirizzo politico chiaro, manca a livello locale, nelle residue forze politiche ancora interessate ad un cambiamento vero; manca soprattutto negli Stati, impantanati in questioni di principio o attinenti ad altre epoche che un organismo debilitato come l’ONU non riesce a indirizzare.
Stesso discorso vale per il lavoro (sia quello “part time” …che quello che – proprio – non c’è) facendo in modo che le forze veramente interessate ad un cambiamento spieghino le motivazioni della deindustrializzazione italiana, delle conseguenze devastanti su occupazione e sul “welfare”, cercando di fare informazione sui molti perché delle crisi in atto e su quali possano essere i residui obiettivi a disposizione. . Il tutto con parole semplici, concetti chiari e ben finalizzati, così come ci ha insegnato, a nostro spese la cavalleria numida o la veloce fanteria cartaginese. La disfatta a Canne è servita di lezione per quello che poi diventerà il meglio della “respublica romana”, ora sta a noi non farne una Waterloo con l’unico esito possibile…quello dell’isolamento rancoroso in una delle tante Sant’Elena del nostro mondo complesso .
Un percorso lungo, che deve trovare in tutte le componenti appartenenti alla storia del centrosinistra la volontà di coordinamento, riorganizzazione, ri-motivaszione, nel rispetto reciproco e nella superiore utilità dell’impegno di ciascuno.
…
.(1) – Dall’Enciclopedia Treccani: “Canne, battaglia di Nei pressi dell’antica città di Canne, in Puglia, il 2 ag. 216 a.C. Annibale riportò una schiacciante vittoria sui romani e i confederati italici condotti dai consoli Gaio Terenzio Varrone e Lucio Emilio Paolo. Fu decisiva la manovra a tenaglia dell’esercito cartaginese, che accerchiò i romani con la fanteria ai lati e la cavalleria alle spalle. Morirono all’incirca 20 o 25.000 romani e ca. 10.000 vennero fatti prigionieri”.)
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