(Proponiamo ai nostri lettori la sintesi di un’impegnativa relazione tenuta nelle settimane scorse dal nostro amico Corrado Malandrino, professore ordinario ora a riposo di “Storia delle dottrine politiche” e già Preside della Facoltà di Scienze Politiche di Alessandria presso l’Università del Piemonte Orientale. Il discorso, in forma naturalmente più ampia, è stato tenuto all’assemblea nazionale degli storici delle dottrine politiche. Delle idee di Federico Faggin, inventore dei microprocessori, scienziato di fama internazionale e importante imprenditore in America, che partendo dalla nuova fisica indeterministica, e anche da talune sue esperienze mistiche, riscopre una visione neospiritualistica del mondo, si parla ampiamente, anche a partire da alcuni suoi recenti libri, in Italia pubblicati da Mondadori, che hanno avuto grande eco. Sarebbe bello, anzi, che alcuni nostri collaboratori, specie interessati a tali questioni, tra noi o lontani, assumessero il discorso di Malandrino come base di discussione, per esprimere la loro eventuale opinione in proposito. Buona lettura. F.L.)
Negli ultimi quattro-cinque anni sono arrivati sul mercato editoriale italiano, in veste apparentemente divulgativa – ma con un approccio e un approfondimento degni di un profilo scientifico –, tre volumi di Federico Faggin, un fisico ed imprenditore italiano che da oltre 50 anni vive e lavora nella Silicon Valley. Stimato tra i maggiori inventori viventi, grazie alla sua ideazione e messa a punto del MOS (Metal-oxide-semiconductor) con gate di “silicio” ha permesso la costruzione del primo microprocessore ad altissima velocità Intel 4004 (e poi i seguenti 8008 ecc.), dando poi un impulso decisivo alla definizione di strumenti come il touchpad e il touchscreen, che hanno contribuito potentemente a sviluppare i PC, i tablet e gli smartphone di cui ci serviamo quotidianamente. Inutile dire che i libri di Faggin hanno incontrato un grande successo di pubblico, così come le sue conferenze itineranti che vedono sempre sale stracolme di gente. I libri di Faggin sono la sua autobiografia intitolata Silicio, e due volumi intitolati Irriducibile e Oltre l’invisibile dedicati a presentare il suo pensiero scientifico e filosofico: concezioni fortemente suggestive che egli espone con grande capacità comunicativa nonostante gli impervi passaggi tecnico-scientifici. Non mancano infine, soprattutto nel terzo volume, consistenti parti che introducono considerazioni e proposte politiche[1].

Due parole sulla sua biografia. Nato a Vicenza nel 1941, dopo la laurea in Fisica e alcuni anni di lavoro in Italia tra Vicenza, Padova e Milano presso varie imprese-pilota nelle prime produzioni di computer (tra cui l’Olivetti), ha vissuto e lavorato poi dal 1968 in California, nella Valle di Santa Clara vicino a San Francisco. Quella che, secondo Bill Gates, proprio dall’introduzione fagginiana del silicio nello sviluppo degli hardware informatici ha preso il nome di Silicon Valley nell’immaginario collettivo. Per questi importantissimi risultati Faggin ha ricevuto numerosi riconoscimenti, tra cui il premio Internazionale Marconi (1988), il premio Kyoto per la Tecnologia avanzata (1997), la Medaglia Nazionale USA per la Tecnologia e l’Innovazione (2010) conferita dal presidente Obama, il premio Enrico Fermi della Società Italiana di Fisica (2014). Nel 2019 è divenuto Cavaliere di Gran Croce-Ordine al merito della Repubblica Italiana e dovrebbe esser ormai arrivata a termine anche la procedura per la presentazione della sua candidatura al Premio Nobel per la Fisica. Come imprenditore, ha fondato e diretto nell’ultimo trentennio del Novecento società produttrici di tecnologia e hardware elettronico e informatico come ZiLOG e Synaptics operanti a livello mondiale. Negli ultimi trent’anni Faggin è divenuto anche un pensatore del rapporto tra scienza e spiritualità. Per tale sviluppo, che qui più ci interessa, è stata fondamentale l’esperienza di “risveglio” che ebbe all’inizio degli anni Novanta. Egli l’ha raccontata in Silicio e continua a ripeterla e ogni volta nelle sue conferenze, proprio per farne capire l’importanza. In breve: durante le vacanze di fine anno 1990 trascorse con la famiglia sulle rive del lago Tahoe, una notte si svegliò per bere e, mentre ritornava a letto e aspettava d’addormentarsi, avvertì improvvisamente un’energia fortissima emergere dal petto. E qui è meglio lasciare a lui la parola: “Era non solo un’esperienza mai provata prima, ma un fenomeno così straordinario che non avrei mai potuto immaginare. Questa energia viva era amore, ma un amore così intenso e così incredibilmente appagante che superava ogni sentimento e nozione che avevo sulla natura dell’amore. Ancora più incredibile era il fatto che la sorgente di questo amore fossi io. Si manifestava come un ampio fascio di luce bianca e scintillante, viva e beatifica, che sgorgava dal mio cuore con una forza incredibile. Poi all’improvviso quella luce esplose. Riempì la stanza e si espanse fino ad abbracciare l’intero universo con lo stesso bianco splendore. Ho capito allora senza ombra di dubbio, che quella è la sostanza di cui è fatto tutto ciò che esiste. È ciò che ha creato l’universo partendo da se stessa. Poi, con immensa sorpresa, riconobbi che quella luce ero io! L’intera esperienza durò forse un minuto, però mi cambiò irreversibilmente”[2]. Faggin sottolinea che tale “risveglio” (come è noto, una parola ricorrente nella vicenda del Budda “risvegliato”, ma Faggin nega un legame organico con tale esperienza) non è da intendere come una suggestione mistica o un artificio retorico, ma come un’esperienza reale, fisica e spirituale straordinaria effettivamente vissuta e che, in verità, sarebbe a suo avviso più comune anche in tante altre persone di quanto si potrebbe pensare, senza arrivare a scomodare analoghi eventi di natura religiosa, tramandati per esempio nella vita di San Paolo o di Santa Teresa, oppure in narrazioni antiche interessanti filosofi come Plotino o medievali come riferisce il mistico Meister Eckhart. Questo “risveglio”, nel caso di Faggin, è da capire anche come momento di “conversione” da un’attitudine materialista e scientista, che aveva caratterizzato fino ad allora la formazione e l’attività del Faggin fisico, inventore e imprenditore; quindi, come un passaggio a una propensione a valutare più approfonditamente gli aspetti spirituali e “irriducibili” dell’essere umano. Questo evento ebbe luogo a conclusione di un periodo critico in cui Faggin, non contento di sé nonostante gli indubbi e ricchi successi ottenuti sul piano professionale, si arrovellava sul vero significato dell’esistenza, della coscienza umana, sulle più profonde finalità verso le quali la sua vita avrebbe dovuto tendere[3]. Da quell’impulso e da tale ispirazione prese corpo la traiettoria intellettuale che lo ha portato a divenire pensatore di un nuovo modo di concepire l’universo e la vita sulla base di un quadro concettuale da lui definito “Coscienza-InformazioneFisico” (CIF) e della teoria denominata “Quantum Information-based Panpsychism” (QIP), elaborata a partire dal 2017 insieme al fisico quantistico dell’operazionalismo digitale/informatico Giacomo Mauro D’Ariano, un alessandrino di nascita (1955) professore di Meccanica quantistica nell’Università di Pavia[4]. Di questo quadro teorico fisico-scientifico (che occupa gran parte dei libri fagginiani) bisogna almeno accennare con qualche appunto, senza pretendere certo di andare oltre un livello minimo, prima di passare agli aspetti più umanistici e in qualche modo etici e politici conseguenti.
Faggin muove il suo discorso da due tipi di premesse: in primo luogo le conseguenze della grande rivoluzione scientifica che la fisica ha conosciuto a partire dalla definizione di “quanto di energia” data da Max Planck nel 1900: ossia la meccanica e la fisica quantistica, che prima della, e correlativamente alla, teoria della relatività di Einstein – ha imposto per tutti un cambiamento radicale della visione del mondo, una nuova Weltanschauung.[5] In secondo luogo, egli sostiene che la fisica quantistica esige anche l’elaborazione di una nuova concezione dell’origine dell’universo, della vita e della coscienza. E proprio una riconsiderazione radicale di cosa sia la coscienza e la sua natura costituisce la premessa più qualificante del suo pensiero. Le idee-forza fagginiane, che guidano la sua lettura delle conseguenze della rivoluzione quantistica, si possono dunque riassumere nella costruzione di un inedito quadro concettuale che esplicita e raggruppa un’originale teoria della “coscienza”, dell’”informazione” e del “fisico” (CIF), di un rinnovata concezione “panpsichista” (QIP), e che infine a loro volta comportano l’elaborazione di una “teoria del tutto” (ToE, Theory of Everything). A conclusione di tale itinerario, Faggin raggruppa tutte queste proposte in una disciplina “scientifica” di sua invenzione che chiama “Nousym” (da Nous/intelletto + Sym/simbolo), la quale è concepita come un passaggio successivo alla teoria QIP e finalizzato all’unione organica di scienza e spiritualità. In questo senso, tutta la teorizzazione di Faggin prende le mosse da una radicale critica nei confronti dello scientismo materialista e determinista dominante la scienza otto-novecentesca e il conseguente riduzionismo. Da tale critica è fortemente influenzata, come vedremo in conclusione, anche la sua interpretazione dell’intelligenza artificiale (IA).
Seguiamo pertanto succintamente il filo del ragionamento scientifico di Faggin (e di D’Ariano nella sostanza, pur con qualche riserva che qui non è possibile accennare). Come detto sopra, una nuova visione della realtà fisica del mondo e della vita viene imposta dalla fisica quantistica contro il determinismo della visione materialista e riduzionista della fisica classica. La natura della realtà quantistica prescrive un nuovo modo di pensare secondo le categorie di relatività, irriducibilità, probabilità e indeterminismo, da Einstein a Heisenberg, Dirac e oltre. La formula operazionalista di D’Ariano offre a Faggin la possibilità di affermare che la teoria quantistica possa descrivere – insieme all’ordinamento dei fondamenti universali della natura – la nostra esperienza intima, in quanto anch’essa non condivisibile come l’informazione quantistica, la quale non è clonabile ed è unica. La nostra esperienza coscienziale è fatta di “qualia”, che non sono del tutto condivisibili, come il colore. Ad esempio, io non posso sapere se il colore verde che vedo è lo stesso colore che vede un’altra persona. E questo vale per i pensieri: per quanto possa conoscere una persona non saprò mai cosa sta esattamente pensando. Secondo Faggin i qualia sono sensazioni/sentimenti/pensieri emergenti nella coscienza di un ente in seguito alla percezione di una particolare informazione viva o di una nuova comprensione endogena. Sono “portatrici di significato” (conoscenza semantica) delle sensazioni e dei sentimenti con cui la coscienza esperisce e trasforma l’informazione simbolica che viene dal mondo esterno conoscibile secondo i dettami della fisica classica, comprendendoli nel significato che viene dal profondo della persona (Oltre l’invisibile, p. 91). In tal senso si distinguono dalla conoscenza simbolica espressa nei parametri della fisica classica. I qualia si suddividono in quattro classi (Irriducibile, p. 134): sensazioni e sentimenti fisici; emozioni; pensieri; sentimenti spirituali.
Ciò detto, in sostanza Faggin crede di riconoscere non solo un’analogia tra il comportamento delle particelle, che si rivelano come eccitazioni dei campi quantistici, con le manifestazioni coscienziali dei qualia, ma senz’altro identifica le une con le altre. Lo stato puro di un sistema quantistico può rappresentare lo stato di coscienza di un ente che ne è dotato, in quanto esso ha tutte le caratteristiche cruciali di un’esperienza cosciente fatta di qualia. Le manifestazioni della coscienza sono analoghe a quanto succede nell’esperimento quantistico di misura di particelle, dove si genera non un mero risultato statistico, ma un vero “atto di creazione” delle medesime nell’entanglement[6], per cui i risultati non sono esattamente predicibili in linea statistico-deterministica e di principio, e non per mancanza di conoscenza. E questo dato è molto importante concettualmente: la teoria quantistica prevede che il risultato della misura sia veramente un “atto di creazione dal nulla inosservabile”, e che non sia la lettura di qualcosa di preesistente che semplicemente ancora non si conosce. Il mondo è fatto di creazioni dal nulla in autentico divenire. Questo processo rappresenta pure il modo di essere della coscienza. Come nel Panta Rei di Eraclito, sottolinea Faggin: tutto cambia, scorre, nulla sta fermo. Questo spiega la capacità di creare, che a sua volta dipende dalle domande poste: ricordando che anche l’osservatore è parte del processo quantistico e in esso coesistono due realtà: l’una fisica tradizionale, l’altra quantistica.
Sulla base di tale convinzione (inutile dire: ancora da provare sperimentalmente), entrambi i protagonisti di questa costruzione teorica elaborano un nuovo paradigma scientifico-fisico secondo cui la fisica quantistica e il mondo della coscienza sono esprimibili da principi cognitivi anziché materialistici, e conferendo a essi uno status ontologico: di qui una specifica “ontologia della semantica”. La meccanica quantistica è informazione, quindi sintassi che implica l’attribuzione agli enti quantistici di una conoscenza «semantica» (significati nei qualia) e non puramente la conoscenza «simbolica» tipica della fisica classica. Lasciamo parlare Faggin: «Esiste una realtà semantica che consiste in una gerarchia parallela di entità consapevoli [entità che Faggin denomina seity] che usano particelle, atomi, molecole, cellule, animali, ecc., come simboli per le loro comunicazioni. Il materialista vede solo l’aspetto simbolico [e non] i puppet masters»7. Ecco dunque definito il significato della seity, un neologismo inglese esprimente la natura del sé più profondo che Faggin usa per indicare l’unità di coscienza evoluta e coincidente con un “ente/campo quantistico” con tre proprietà fondamentali: coscienza, agentività con libero arbitrio, identità. La combinazione di più seity comunicanti crea gerarchie di nuove seity, significati, simboli, materia, regole sintattiche, linguaggi. Tali creazioni, strato dopo strato, creano organizzazioni in cui esse sperimentano se stesse per aumentare la propria conoscenza di sé. La teoria dell’informazione di Faggin/D’Ariano è essenzialmente isomorfica con la meccanica quantistica. Arriviamo così alla tesi principale di Faggin: “Nel modello che propongo, […], la coscienza, il libero arbitrio e la vita esistono fin dall’inizio, come semi all’interno di un Tutto olistico che contiene anche le proprietà fondamentali che permettono l’evoluzione dell’universo inanimato. Secondo tale modello, gli organismi viventi sono fenomeni sia quantistici sia classici, mentre la coscienza e il libero arbitrio [free will] sono fenomeni puramente quantistici: ragion per cui il computer classico non potrà mai essere cosciente. Quanto alla morte, essa riguarda solo il corpo, non la seity, che è la nostra essenza quantistica”[7]. In sintesi: la coscienza è fenomeno quantistico perché analogo allo stato puro quantistico, uno stato ben definito probabilisticamente, «privato», «non clonabile», conoscibile solo dal sistema che è in quello stato, in continua evoluzione, impossibile da descrivere con meri simboli classici (della fisica classica) deterministici. La fenomenologia della nostra coscienza riflette esattamente la fenomenologia quantistica. La coscienza non emerge dal cervello, ma è attributo innato degli enti quantistici-seity che sono campi, non singole particelle che invece sono «stati eccitati dei campi»[8]. Le seity hanno origine da un soggetto creatore (che possiamo identificare come la prima seity creatrice) che Faggin chiama” Uno”, definendolo come esponente dell’unità della natura e della totalità di ciò che esiste, in potenza e in atto, nel sistema olistico da lui elaborato. “Uno” è compartecipe di tutte le successive seity e delle loro comunicazioni- esperienze in un universo olistico e dinamico nel quale le realtà materiali sono il risultato e i simboli delle loro conoscenze. Ovviamente Faggin riconosce che l’esistenza di “Uno” è un postulato indimostrabile, sostenendo però che esso sarebbe l’unico postulato in tal senso nel suo sistema. Esso è alla base della “Teoria del Tutto” (ToE) che ci dà la descrizione finale olistica e monistica del mondo concepito secondo il quadro CIF, la teoria OPT e la teoria QIP. Secondo tale descrizione il mondo esteriore è un correlato simbolico del mondo semantico interiore della coscienza e della conoscenza. Il mondo esteriore non può produrre coscienza, ma sono le seity già coscienti che – a partire da “Uno”, di cui sono una parte-intero – con la loro agentività e libero arbitrio producono fenomeni e materia. L’universo non è quindi opera di un «orologiaio cieco», ma di enti coscienti generati da “Uno”, che poi si sviluppano cooperativamente e partecipano al suo eterno divenire.
L’ultimo passaggio della costruzione fagginiana vede l’unificazione teorica di tale “olismo” monistico nella cosiddetta disciplina “Nousym” (Nous/intelletto + Sym/simbolo): essa descrive il passaggio successivo alla teoria QIP che confluisce nell’unione di scienza e spiritualità. Sulla base del postulato indimostrabile fondante dell’Essere, “Uno” è la totalità di ciò che esiste ed è dinamico, olistico e vuole conoscere se stesso. Coscienza e libero arbitrio sono le sue proprietà primarie e irriducibili e non emergono dalla materia, ma è vero il contrario, ossia che la materia è da loro prodotta. Da tale postulato consegue logicamente che esse sono attributi dei «campi quantistici/seity» che sono «parti-intero» di UNO, unici soggetti coscienti e comprendenti i qualia.
Alla suggestiva concezione di Faggin è stato obiettato da più parti il suo essere non verificato (e forse non verificabile) sperimentalmente, o la sua dipendenza da filosofie metafisiche e da tradizioni religiose e mistiche di vario genere, dal Tao ai Veda, dal buddismo ai filosofi neoplatonici come Plotino fino al ricordato Meister Eckhart[9]. Ma egli, pur sostenendo la necessità di un incontro tra scienza e spiritualità, ha sempre respinto tali critiche riaffermando il fondamento quantistico delle sue elaborazioni e, anzi, dando vita a una “Fondazione Elvia e Federico Faggin” che ha lo scopo di promuovere studi e ricerche fisico-matematiche in grado di provare le basi scientifiche della sua concezione. E pertanto c’è da sperare che i lavori di tale Fondazione possano portare a risultati che permettano risposte alle suddette critiche.
Nell’attesa che ciò accada però Faggin non rinuncia a darci interessanti spunti di applicazione delle sue teorie anche sul terreno culturale e politico. La sua polemica filosofica contro il materialismo scientista e determinista, che ritiene erede della fisica classica, si estende infatti anche a una concezione che del medesimo humus intellettuale fa parte: il darwinismo sociale che nutre la concezione politica della civiltà moderna. Per lui questa si traduce nella polemica contro il principio di superiorità, della competizione e della vittoria del più forte e/o più adatto. A suo avviso per più adatto deve intendersi chi è più capace di attenersi alla natura cooperativa, conoscitiva e comunicativa delle seity. Viceversa, continuando a seguire un’impostazione socialdarwinista si finirà per andare incontro a un collasso dei problemi esistenziali e planetari, in cima ai quali vi sono la distruzione dell’ecosistema e l’incombente rischio nucleare a seguito del proliferare di guerre che chiamano in causa le maggiori potenze. Di questi aspetti egli si occupa soprattutto nell’ultimo suo libro, Oltre l’invisibile, dove ampio spazio viene dato altresì ai pericoli connessi con la rivoluzione digitale e, in particolare, con l’enorme sviluppo che sta avendo l’IA. E sulle sue indicazioni su questo tema – di cui lo stesso Faggin è stato un iniziatore – vorrei soffermarmi in conclusione. L’IA ha fatto enormi progressi negli ultimi dieci anni, rivelandosi un validissimo aiuto per lavori che necessitano altissima capacità e velocità di calcolo e che sono ripetitivi, monotoni o pericolosi. Ma, come tutte le macchine e organizzazioni informatiche (compresi i computer quantistici) che appartengono alla sfera simbolica, l’IA non è e non potrà mai essere dotata di «coscienza» semantica; essa esegue algoritmi sofisticatissimi, ma non “comprende”; ciò mette in dubbio secondo Faggin anche la congruità dell’uso del termine «intelligenza». L’IA appartiene alla sfera simbolica; è solo un’imitazione sofisticata e potentissima della nostra creatività; non possiede una sua vera creatività. Icasticamente egli scrive che l’IA sta alla mente come l’energia nucleare sta al corpo: come quella, può avere potenzialità benefiche e/o distruttive. Il cervello umano fu sviluppato dalle seity per risolvere problemi difficili di pattern recognition: di qui prese avvio il processo di evoluzione, creazione di arti e strumenti di conoscenza sempre più potenziati, fino all’IA nei suoi prodotti più avanzati: Reti neurali artificiali, sistemi generativi (GPT, Google, Gemini), LLM (Large Language Models), LMM (Large Multimodal Models). Così scrive: “Il cervello è l’intelligenza artificiale della seity; il computer è l’intelligenza artificiale del cervello»[10]. L’intelligenza dell’IA è solo algoritmica, obbedisce ai suoi algoritmi, non è coscienziale: può generare/creare variazioni automatiche, ossia altri sistemi meccanicamente, senza capirli, previsti o meno, ma controllati dal programmatore. È ingannevole presentare l’IA come «creativa»: è il solito trucco dello scientismo materialistico per dire che in fondo le macchine dell’IA sono come gli umani, e gli umani sono macchine. Al contrario, la creatività umana non è algoritmica. Alla domanda se l’IA sia un bene o un male per l’umanità, egli risponde che certamente essa può svolgere compiti benefici e rivelarsi un aiuto prezioso. Insieme ad essa possiamo fare di più e meglio. Però facendo attenzione al fatto che essa, se usata per fare cose che richiedono buon senso e vera comprensione (per es. in ambiti come l’amministrazione della giustizia, della medicina e dalla sanità, la politica ecc.) senza supervisione umana può rivelarsi molto pericolosa senza controlli accurati.
Faggin scrive (in questo d’accordo con Geoffrey Hinton, padrino Google di IA, premio Nobel 2024): «Dobbiamo imparare a usare la tecnologia per il bene di tutti e per trasformare noi stessi in persone più compassionevoli, empatiche e cooperative”12. Il potenziale dell’IA è in pari misura positivo e negativo, perché “con l’IA sarà sempre più facile ingannare, fingere, manipolare, fare disinformazione, rubare per non parlare dell’uso in guerra”[11]. Servono perciò urgentemente regole forti per garantire l’uso etico dell’IA. E a tal fine è necessaria una profonda riforma della politica (e della classe politica) che aiuti a far sorgere un movimento consapevole di tale esigenza. Anche l’università a suo avviso dovrebbe avere una funzione importante nell’insegnamento delle virtù e dell’arte di una politica che assicurino il conseguimento del bene comune. La tecnologia diventa progresso quando ci aiuta veramente senza creare ulteriore gravame. Il vero progresso è quello che ci aiuta a crescere spiritualmente, al punto che il più «adatto» non cercherà più di sopraffare gli altri, ma metterà il suo potere e la sua conoscenza al servizio del bene comune. Il grande malinteso della concezione politica è nato dall’idea che la vita sia basata sulla competizione anziché sulla cooperazione. Ciò è successo quando l’umanità ha proiettato sulla natura il suo bisogno di superiorità. Pensare che l’intelligenza meccanica dell’IA possa superare quella umana segue lo stesso schema del voler sempre contrapporre vincitori e vinti. La competizione viene talmente esaltata nella nostra società che pochi si rendono conto che è quella che ci porta alle guerre. Questa visione del mondo promossa dal materialismo, combinata con l’IA, può portare una società alla rovina. Se crediamo veramente di essere macchine, e che esista solo il corpo e nient’altro dopo la morte di esso, come lo scientismo dominante propone, non ci sarebbe freno a ricercare soprattutto il nostro interesse immediato. Dato che il progresso tecnologico-scientifico legato all’IA non si può fermare perché dà innegabili vantaggi in tutti i settori economico-sociali e alla difesa, occorre lavorare per cambiare da dentro i valori delle persone in grande numero: questo è un compito della politica. A tale scopo è necessaria per Faggin una battaglia culturale di base contro lo scientismo materialista e determinista che origina da una visione di pari significato e impostazione della fisica classica. Affermare, come esso fa, che noi siamo macchine è un vero e proprio attacco all’umanità. L’idea diffusa che siamo sistemi biologici simili ai sistemi digitali, con lo svantaggio di essere molto più lenti, riflette un pregiudizio fisicalista completamente sbagliato riguardo alla vita umana, che è in gran parte responsabile del problema di valori che ci affligge. La fisica quantistica ci porta invece a vedere l’universo in modo opposto. Perciò è necessario lottare contro la cattiva informazione. Perché le dittature, che si sono rette per decenni sulla disinformazione, hanno già dimostrato che questa strategia funziona, e quindi potrebbe essere copiata di pari passo da chi controlla l’intelligenza artificiale[12].
di Corrado Malandrino
- Cfr. F. Faggin, Silicio. Dall’invenzione del microprocessore alla nuova scienza della consapevolezza, Mondadori, Milano, 2019; Id., Irriducibile. La coscienza, la vita, i computer e la nostra natura, ivi, 2022); Id., Oltre l’invisibile. Dove scienza e spiritualità si uniscono, ivi, 2024. ↑
- Cfr. Faggin, Irriducibile, cit., p. 20. ↑
- È opportuno ricordare che Federico Faggin è figlio di Giuseppe Faggin, fecondissimo storico della filosofia, filosofo platonico e plotiniano, studioso del rapporto tra spiritualità ed esteriorità nell’Ottocento tedesco e, in particolare, di Meister Eckhart e dei mistici tedeschi. Questi fu autore di una monografia su Plotino nel 1945 ed editore e curatore dei primi tre volumi delle Enneadi di Plotino nel 1947-48, Istituto editoriale italiano (cfr. edizione Rusconi, 1992 con ricca introduzione di Giovanni Reale). Il rapporto tra padre e figlio non fu esente da contrasti: Federico li ha ricordati diffusamente, insieme all’indifferenza del padre per la sua vocazione scientifica in Silicio, cit. Sebbene egli affermi a più riprese di esser arrivato all’elaborazione delle sue teorie, che emanano in più punti e riferimenti un profumo plotiniano, a prescindere da un rapporto con le opere del padre (e certo occorre ammettere che il suo quadro concettuale fisicoscientifico è completamente diverso nella sostanza), non si può fare a meno di chiedersi qual è il significato della scelta di Federico di chiamare, come si vedrà più avanti, «Uno» l’unità di coscienza originaria e creatrice dell’universo: in qualche modo un ritorno riconciliato al padre? ↑
- Fisico di fama a livello nazionale e internazionale, D’Ariano è membro dei più importanti istituti di ricerca sulla Fisica quantistica. Nel 2022 gli è stato conferito l’International Quantum Award per la teoria (elaborata coi suoi allievi pavesi) denominata OPT (Operational Probabilistic Theory), proponente un nuovo paradigma scientifico secondo cui la fisica quantistica si può far derivare da postulati interamente informatici. Di lui cfr. gli articoli: Estensione della teoria quantistica di campo a teoria di automa cellulare quantistico, Istituto Lombardo – Accademia di Scienze e Lettere (Rend. Scienze fisiche – Fisica quantistica) 146, 199-213 (nota del 4 ottobre 2012), consultabile all’indirizzo: https://www.ilast.org/index.php/Scienze/article/download/179/181; Dematerializzazione della Fisica, Istituto Lombardo – Accademia di Scienze e Lettere, 7 giugno 2016, consultabile all’indirizzo: https://wordpress.qubit.it/wpcontent/uploads/pubblications–dariano/281–564–1–SM.pdf,6d. Una succinta versione divulgativa del suo pensiero emerge da un’intervista rilasciata il 16 luglio 2023 alla «Gazzetta del Mezzogiorno» a cura di Marcello Foa intitolata Il fascino della fisica quantistica. ↑
- Sulla drammaticità, persino emotiva ed esistenziale, di tale passaggio rimando a B. Labatut, Quando abbiamo smesso di capire il mondo (2019), Adelphi, Milano, 2021. Lo stimolo morale e intellettuale proveniente dalla concezione quantistica a cambiare la propria visione del mondo, delle cose e della nostra essenza, si è diffuso a vari livelli morali e professionali e in ambienti insospettati: cfr. per esempio il suo effetto sulla teorizzazione del ruolo della “mindfulness dinamica” operato da Valter Ballerini e Daniela Angelozzi, La felicità in bicicletta, Edizioni Il Punto d’Incontro, Vicenza, 2019, p. 129, dove la Angelozzi scrive: “La fisica quantistica conferma che anche ciò che ci appare inerte , senza vita, in realtà è un sistema energetico, come lo è il nostro organismo, e anch’esso vibra, solamente a una frequenza più bassa, ma vibra”. ↑
- L’entanglement (dal verbo to entangle=aggrovigliare, intrecciare) è una correlazione quantistica, non riducibile alla meccanica classica, nel quale due o più particelle (sistemi fisici quantistici) si «aggrovigliano» nell’esperimento/operazione di sovrapposizione (di misura o altro tipo di sperimentazione) che avviene nei grandi acceleratori di particelle, costituendo sottosistemi di un sistema più ampio. In tale combinazione di sottosistemi correlati la misura di un osservabile determina simultaneamente anche il valore degli altriIn tali condizioni lo stato di sovrapposizione è indipendente da una loro separazione spaziale, per cui l’entanglement implica in modo controintuitivo la presenza tra essi di correlazioni a distanza e, di conseguenza, il carattere non locale e non clonabile della realtà fisica quantistica. 7 Cfr. Faggin, Irriducibile, cit., p. 12. ↑
- Faggin, Irriducibile, cit., pag. 167. ↑
- Anche il filosofo australiano David Chalmers (La mente cosciente, 1999; Più realtà, 2023) e il fisico e matematico inglese Roger Penrose, premio Nobel per la fisica nel 2020, hanno enunciato diverse teorie, che Faggin richiama, sulla natura complessa della coscienza basate su sperimentazioni quantistiche in opere come La mente nuova dell’imperatore (1989) e Ombre della mente (1996). La coscienza secondo Penrose sarebbe il prodotto di effetti di tipo quantistico (e quindi di tipo probabilistico e non interamente determinato). Essa sarebbe basata su vibrazioni quantistiche nei microtubuli all’interno dei neuroni cerebrali. Tali vibrazioni non sono più solo un’ipotesi, ma sono state effettivamente osservate nel cervello. Ovviamente tale tesi è diversa rispetto alla teoria di Faggin, però è significativo che lo scienziato inglese sottolinei che la sua teoria può essere in accordo sia con coloro che ritengono che la coscienza sia un prodotto dell’evoluzione, sia con chi pensa invece che la coscienza sia una proprietà dell’universo e preesista alla coscienza umana. ↑
- Cfr. a titolo d’esempio Luca Bistolfi nell’intervista fatta a Faggin sulla rivista «Pangea» il 28 giugno 2023. In verità, lo schematismo nominale e concettuale di Federico Faggin assomiglia molto a quello delle tre ipostasi di Plotino: Uno, Intelletto, Anima; come pure all’impostazione del Bene e del Male. Ma a mio avviso non si può dimenticare che lo svolgimento di Plotino è strettamente logico-filosofico, mentre quello di Faggin non avrebbe alcun senso senza la rivoluzione scientifica quantistica. ↑
- Cfr. Faggin, Oltre l’invisibile, p. 234. 12 Ivi, p. 247. ↑
- Ivi, p. 245. ↑
-
Su questo tema cfr. C. Malandrino, Alcune osservazioni sulla dittatura in genere e sulla «dittatura digitale» in specie, «Il Pensiero politico», 2021/1, pp. 119-131. ↑
A proposito dell’invito ai lettori di assumere il discorso qui pubblicato “come base di discussione, per esprimere la loro eventuale opinione in proposito”, vorrei presentarmi come potenziale interlocutore.
Per contestualizzare il tipo di discussione che i libri di Faggin mi hanno fatto ritenere “necessaria”, in particolare per quanto riguarda il quadro concettuale, o “framework”, CIF [Coscienza Informazione Fisico], ho inserito il “link” a questo discorso in un “thread” [concatenamento di messaggi] di una mia prova d’uso di un “social” alternativo: https://mastodon.uno/@casarayuela/114086215583770993
Uso da dieci anni il dominio internet “casrayuela.eu” come bozza di documento ipertestuale, di una sola pagina, non ancora in grado di rendere comprensibile, motivandolo, il bisogno di una interfaccia comunicativa tra “sistema sociale” e “sistema tecnico”.
Nell’attuale contenuto della pagina è disponibile una descrizione del mio passato professionale.
Un cordiale saluto da Voltago Agordino (Belluno)