Appunti su Draghi e la sinistra

Tra le tante malattie della sinistra che nel tempo sa coltivare, ultimamente è diagnosticato un nuovo morbo pernicioso quanto di facile diffusione, ovvero la ‘draghite’ in forma acuta. Questa patologia, che si esplica in un sostegno acritico nel potere taumaturgico dell’attuale premier, coinvolge dirigenti del Partito Democratico e di Articolo Uno, e inoltre numerosi politologi e commentatori dell’attualità nazionale del calibro, per esempio, di un Michele Prospero. La tesi sostenuta da tutti costoro in sintesi è questa: Mario Draghi è l’unico in grado di salvare il paese, angustiata com’è l’Italia dalla necessità di neutralizzare i più nefasti effetti delle politiche di austerità che rischiano di provocare la bancarotta del nostro stato, e inoltre può, sempre Draghi col suo carisma, riassorbire i populismi del Movimento 5 Stelle e civilizzare la destra salviniana. Nell’ipotesi politica su esposta non vi è però una analisi realistica dei fatti recenti ne una capacità di cogliere le dinamiche processuali che sono sottese al succedersi degli eventi. La sinistra pro Draghi, ( Prospero e altri), si illude se ritiene che Draghi abbia realmente un ruolo anti populista e che sia realmente capace di civilizzare la destra estrema ( Salvini Meloni). Del resto la storia nazionale è stata già percorsa da chi, pur con le migliori intenzioni, provò ad inserire destre estreme e anti – sistema nel gioco democratico, e si sa come andò a finire; spero che il paragone fra l’attuale intrapresa del Presidente del Consiglio e il ruolo che ebbe Giolitti nei confronti di nazionalisti e fascisti nei primi anni venti del novecento non scandalizzi nessuno.

Tuttavia, chi insiste sul compito che la sinistra deve darsi nel sostenere gli sforzi di Draghi, utilizza come ulteriore argomentazione forte il fatto che la politica di quest’ultimo rappresenti non solo l’argine a tutti i populismi, non solo dunque quello dei Cinque Stelle, ma anche il risveglio della politica stessa e della sua autorevolezza. Nulla di tutto questo a me pare. Più che il ritorno della politica nelle sue caratteristiche autorevoli, l’avvento del ministero Draghi è in evidenza il dominio delle élite attraverso il comando tecnocratico che svuota dall’interno la democrazia popolare inscritta nello spirito costituzionale del secondo dopoguerra. Di conseguenza appare giusto affermare come il momento tecnocratico è null’altro che l’altra faccia del momento populista, ( vedi l’accusa di impoliticità rivolta alla alleanza PD –  5 Stelle). E del resto il tecnocratico Draghi scende nell’agone politico per commissariare la politica democratico parlamentare, per concentrare i poteri sulla politica economica e sui poteri centrali dello stato in poche mani come raramente si è visto dopo il 45’, ponendo questa concentrazione di potere al riparo dalle dinamiche scaturite dal voto popolare. In questo caso mi pare corretto porre in relazione il populismo qualunquista da un lato, da qualunque matrice tragga origine, e lo spirito tecnocratico delle élite dall’altro, come facce di una medesima medaglia. La sinistra deve combattere entrambe le manifestazioni che le sono avverse oppure provare ad assorbirle e neutralizzarle nelle sue conseguenze più gravi.

Detto questo credo sia giusto determinare quanto l’azione di Draghi corrisponda ad un possibile programma della sinistra progressista.  Il disegno di Draghi è consolidare il rapporto dell’Italia con il grande potere atlantico, ( vedi USA), e rendere solida la costruzione europea passando dalla moneta unica al potere politico unico continentale, potere questo, che dovrebbe perseguire il progetto di una società regolata al fine di favorire l’iniziativa del mercato e dei suoi grandi agenti economici. Se tutto ciò è il fondamento dell’azione strategica di Mario Draghi e la ragione di fondo per la quale egli è presidente del consiglio in questa fase storica, si determina in conclusione che il programma del nostro non può essere coincidente con le ragioni di una sinistra che sia alla ricerca di maggiore giustizia sociale dentro al sistema capitalistico che è dato ai nostri giorni. In conclusione, dunque, la sinistra non sarà rilanciata dall’azione di Draghi, ma sarà assorbita dalle manovre di questo e sparirà dal proscenio, mentre le destre possono legittimarsi attraverso l’appoggio che l’estremismo conservatore sta caldamente perorando ad ogni piè sospinto nei confronti dell’attuale ministero. Una destra che sa sfruttare con piena capacità la nuova fase aperta da Mario Draghi e si contrappone ad un PD e ad una sinistra ampiamente diffusa, che all’opposto confondono un assorbimento del proprio disegno politico in quello altrui con la illusoria possibilità di aggregare in coalizione nuove forze.

Il PD continua a non comprendere e a rimuovere un fatto in sé inoppugnabile, ovvero che la caduta del secondo governo Conte è una sconfitta per primo grado sua e dalle conseguenze evidenti. Il Partito Democratico rischia di finire ai margini del gioco politico, impossibilitato per molto tempo di costruire una alleanza capace di vincere le elezioni nazionali, e si trova a compartecipare ad un governo di larga intesa che però non gestirà soltanto, come è ormai evidente a tutti, la emergenza pandemica ma progetterà il futuro prossimo dell’economia italiana e della regolazione fra gli organi dello stato. Draghi, per approntare buona parte del suo programma che sopra abbiamo descritto, si rivolgerà sempre più alle destre alla Salvini e a quelle estreme della Meloni perché sono le uniche forze capaci di consegnare all’attuale premier un sostegno elettorale solido. Diversamente il PD non potrà garantire al grande banchiere, oggi Presidente del Consiglio, nulla, se non al massimo una copertura moderata alla conformazione reale della maggioranza di destra che si sta raccogliendo attorno alla figura di Mario Draghi. Vale la pena di scomparire dentro un ministero e ad una alleanza parlamentare che ha come scopo la normalizzazione del paese, (normalizzazione di tutte le possibili spinte sociali)  e la legittimazione delle destre partitiche? Oppure è necessario fin da adesso, preparando la fase in cui avrà termine la emergenza più acuta e si potrà tornare al voto, costruire il profilo di una sinistra che ha una sua idea del paese in contrapposizione alle destre, liberali o estreme che siano?

Ecco il vero tema sul quale vale veramente la fatica e il tempo di dibattere con la necessaria chiarezza e asprezza se fosse necessario.

Filippo Orlando

Alessandria 23-08-2021

2 Commenti

  1. Non credo dobbiamo impostare la discussione domandandoci se Draghi è di destra o di sinistra. Prima chiariamoci le idee discutendo quali siano i “requisiti” di modelli sociali, idee, programmi da considerare di sinistra di questi tempi. Potremmo scoprire che non ne restano molti neppure in organizzazioni politiche che si autoproclamano “ di sinistra”.
    Diamo per scontato che nessuno voglia San Draghi, uomo della provvidenza, con pieni poteri e quindi riconosciamogli anche le difficoltà a mediare fra forze politiche ferocemente contrapposte. Questo non spiega certi tentennamenti sui comportamenti di “ministri tecnici” (interni e scuola) che appaiono avere lo scopo di evitare di decidere e assumere iniziative tempestive. Non mi è capitato di sentire di solleciti del Presidente del Consiglio (PdC) durante il caso del ”rave indisturbato”, o di interventi per definire in tempi rapidi i problemi inerenti la riapertura delle scuole che si sta trascinando senza lasciar intravedere soluzioni efficaci.
    Ad essere “complottisti” si potrebbe leggere il comportamento del PdC sulla questione del green pass nelle mense sia come incapacità ad imporsi sulle forze che sostengono il Governo sia come atteggiamento condiscendente al tentativo di mettere in crisi i sindacati.
    Occorre riconoscere al PdC il prestigio internazionale o la capacità di intraprendere iniziative internazionali importanti. Più che governo di emergenza lo definirei Governo per “ stato di necessità” che ci dobbiamo sciroppare, proprio per questo motivo, per raggiungere lo scopo per cui il Governo esiste, deve decidere ed agire tempestivamente mettendo le varie forze politiche di fronte alle proprie responsabilità.

  2. Concordo nel costatare che a sinistra (intesa qui in senso ampio) sia ormai diffusa la “draghite”. Mi pare che la draghite possa essere considerata come un eccesso di zelo nel sostenere lo status quo momentaneo del governo di unità nazionale, da parte di chi altrimenti non saprebbe dove sbattere la testa. Un eccesso di zelo che le impedisce di badare efficacemente ai fatti propri e di posizionarsi utilmente in relazione alle altre forze politiche.
    La discussione se Draghi sia di destra o di sinistra (o ancor più di quanto lo sia) mi pare abbastanza fuori luogo, poiché si tratta di un governo di emergenza, nato sotto la stretta sorveglianza del Presidente Mattarella, in risposta a una grave crisi politica, onde evitare di andare ad elezioni in un periodo di pandemia e di decisioni economiche. Non si deve dimenticare che il principale fautore iniziale del governo Conte II, Matteo Renzi, ex segretario del PD eletto platealmente per ben due volte, ha affossato lo stesso Conte II senza alcun problema, per impedire a Conte (e al PD) di governare i fondi UE (procurati da Conte stesso). Coloro che hanno portato al governo Draghi, vuoi a destra che a sinistra, possono essere alternativamente visti come salvatori della patria dal marasma oppure come dei golpisti tecnocratici (in senso politico, si intende).
    In realtà, come si è visto. dentro al governo Draghi – tranne pochi ministri definibili come tecnici – ci sta tutta la vecchia politica, dal populismo salviniano fino alla sinistra estrema. Più che un despota, Draghi sembra essere un efficace mediatore ove altrimenti ci sarebbe solo l’immobilismo o il caos. Draghi ha compiti circoscritti e ben delimitati, anche se per assolverli, si vede costretto ogni volta a mettere le mani nel pantano lasciato dai precedenti governi (giustizia, fisco, politica internazionale, ecc…). Non capisco perché non si voglia vedere come, nonostante tutto, Draghi stia introducendo nel sistema italiano alcuni elementi indispensabili di cultura politica realistica e pragmatica, tipica del mondo anglosassone e del nord europa, che non sono né di destra né di sinistra, ma sono solo di buon senso. Draghi non appartiene alla cultura politica dei chiacchieroni (di destra e di sinistra)che cercano litigiosamente di intestarsi le realizzazioni che faticosamente vengono portate avanti. Draghi sta mostrando alla politica come si possano affrontare problemi sempre rinviati grazie a un sano pragmatismo, senza fare troppa ideologia. Per questo Draghi sta mostrando alla politica (attuale) la sua totale inutilità. Può darsi che non tutte le soluzioni siano perfette, ma almeno qualcosa si muove. Draghi poi, dato il suo indiscusso prestigio internazionale, sta funzionando come tappabuchi di fronte all’Europa e al resto del mondo, come una specie di Assicurazione che faccia scordare le nostre profonde debolezze – tra le quali un debito colossale (= debito buono, si dice) che continua a crescere.
    Non riesco a vedere Draghi come un mero servo del potere atlantico, del mercato e dei suoi agenti economici. Il che sarebbe poi in contrasto con il disegno della moneta unica e del consolidamento dell’Europa. Che ci sia bisogno di una UE più forte lo si intravvede proprio in questi giorni, considerando quel che accade tra Kabul e Washington. Intravvedo in queste oscillazioni del giudizio una certa difficoltà a cogliere il fenomeno Draghi con le nostre vecchie categorie politiche. Non capisco il “comando tecnocratico” attribuito a Draghi. Draghi si è preso quei pochi ministeri che gli serviranno per impedire sbandamenti ulteriori e per mettere a frutto i fondi UE. Cosa ha da dire la sinistra sui problemi finanziari (continuiamo a fare dei debiti, d’accordo con Draghi) o sulla transizione ecologica (qual è la linea ecologista del PD?), sulla riforma fiscale, sulla giustizia (si veda il caso dei Referendum), sulla politica internazionale. Cosa ha da dire sulla politica anticovid, assolutamente fallimentare, che ci è costata più di centomila morti, …
    In questo quadro, la “draghite” è il sintomo assai grave del vuoto pneumatico che contraddistingue la sinistra ampia, sia quella renziana (sempre che di sinistra si tratti), sia il PD, sia la sinistra a sinistra del PD. Ci metterei dentro anche il nuovo M5S, che nessuno ha ancora capito cosa sia effettivamente. Draghi ha semplicemente riempito il vuoto pneumatico di cui c’era estremo bisogno e ora tutti questi guardano a Draghi come a un mito.
    E’ vero che la destra salviniana è più abile nell’uso di Draghi; ciò vale anche per la destra/ destra che lo sta usando per fare opposizione. Di fronte al disegno realistico e pragmatico di Draghi, le uscite “identitarie” di Letta fanno morire dal ridere: il voto ai sedicenni, la cittadinanza ai nati in Italia, la legge Zan, … tutte cose sacrosante, ispirate alla “stay woke culture” americana, ma non ottenibili con l’attuale maggioranza e comunque non fondamentali rispetto ai problemi cui si trova di fronte il Paese. Il PD, ad esempio, si rifiuta pervicacemente di introdurre l’obbligo vaccinale. Letta mostra sempre più di essere un ostaggio delle correnti. Il draghismo del PD è ancora una volta l’ennesimo espediente per rinviare la resa dei conti interna, in nome di un armistizio immobilista – che sarà rotto soltanto quando ci saranno le candidature per le prossime elezioni. Draghi rappresenta la mediazione tra le forze politiche nazionali, ma rappresenta anche – agli occhi di un PD e di una sinistra oltre PD – il massimo di sinistra che sia oggi concepibile. Draghi rappresenta l’idea della sinistra che è condivisa entro la maggior parte del PD. Probabilmente lo stesso vale anche per il M5S, se escludiamo alcune battaglie di bandiera che hanno sempre meno riscontro. In altri termini, a una sinistra sempre più vuota altro non resta che appiattirsi su Draghi. Il tracollo definitivo della sinistra (in senso ampio)avverrà quando ci saranno da scegliere le candidature, le formazioni e i programmi per le prossime elezioni. Solo allora, guardando indietro, il governo Draghi ci sembrerà un piccolo paradiso.

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