Aree di laminazione controllata e “casse di espansione” per una maggiore sicurezza della città di Alessandria

6 novembre 1994 – 6 novembre 2024 .

A trent’anni dalla terribile alluvione che ha fatto subito una quindicina di morti ufficiali ma che ha lasciato ferite sia materiali che morali che si sono portate via almeno un altro migliaio di alessandrini nei cinque – sei anni successivi.

Si chiama “quataco:r” o “s’ciupon” e viene all’improvviso, spesso quando il corpo (o la mente) sono già “intaccati” da qualcosa di triste, di grigio, di untuoso, di mortifero. Una sensazione che hanno provato tutte le alessandrine e gli alessandrini che hanno toccato con mano blocchi alti mezzo metro di fango semicompatto, puzzolente, quasi un misto di matria oleosa mista a nafta con “sentori” dolciastri, quasi a farsi beffe di chi è rimasto nella desolazione del dopo alluvione. Che hanno spalato fanghiglia mista a tutto per un mese, che hanno visto passare decine di macchine, furgoni e camion della Protezione Civile, che hanno aiutato autisti spaesati di “autospurgo” venuti da lontano …a capirci qualcosa.

Mai provata la sensazione di non riuscire a resistere ad una corrente ghiacciata che sfila a trenta all’ora e ti schioda dalle pavimentazioni stradali? Io (come molti altri) sì.   Non vi è mai toccato in sorte di accompagnare un settantacinquenne abbarbicato alla sua bici che ti implora….” Ma s’e cu je’ riva’ anco:’?” “T’am porti fen a ca’? “‘T pori fe:li?”  Bene, anzi male, a me è successo. E la persona accompagnata in Piazza Santo Stefano alle 12.45 di domenica 6 novembre 1994 mi parlava proprio così…con le lacrime agli occhi. Potremmo continuare…ma lofaremo a voce e…sarà una liberazione.

Ora si tratta di “fare qualcosa” cercando di non limitarsi alle celebrazioni di rito che, di sicuro si faranno…, ma che se si limitano a quello, non renderanno giustizia alle 14 e più persone non più con noi a cui si faceva riferimento in apertura.

Cominciamo col fare un po’ di ripasso…

Ciò che abbiamo già a disposizione

Puo’ sembrare strano ma esiste già da parecchio tempo (circa quattro anni) uno “Studio di fattibilità e progetto preliminare del sistema di Casse di Laminazione delle Piene a monte della città di Alessandria” cioè la risposta ai crucci e alle preoccupazioni di amministratori, associazioni e cittadini che, dopo la batosta del 1994, cercano in tutti i modi di “elevare il livello di sicurezza della città di Alessandria” in presenza di altri eventi paragonabili a quello del 6 novembre ’94. Stato d’animo più che comprensibile in presenza di due dati di fatto certi che attengono la non perfetta (per usare un eufemismo) intersecazione dei “rii” e delle “rogge” del reticolo idraulico del Tanaro e l’incontestabile nuova situazione di rischio dovuta alle arginature a monte della città che, per esempio fra Alba e Asti, hanno trasformato il fiume in un grande canale bloccato con conseguente aumento della velocità di scorrimento oltre al mantenimento integrale di ingenti masse idriche.

Siamo ormai alla discussione senza problemi della possibilità di integrazione alla prima serie di interventi che hanno riguardato i tre ponti della città (senza voler riprendere nessuna polemica) con tre aree di esondazione controllata a monte della città che dovrebbero arrivare a “confinare e rilasciare in sicurezza” circa 50 milioni di metri cubi d’acqua. Nella perizia D’Alpaos, terminata nel 1997 (ma pubblicizzata solo ad inizio 1999) si prevedeva un sistema di casse con 64 milioni complessivi stoccati, di fatto poco di più di quanto previsto oggi, oltre ad una serie di altre prescrizioni a monte, in gran parte disattese. Ma torniamo al documento in oggetto.

Il lavoro, preparato da studi di provata esperienza (SGI – Studio  Galli Ing.  SpA; DiZeta Ingegneria; Studio Maione  Ingegneri associati; R & C   associati;  ECOSTUDIO   SrL) debitamente inoltrato agli organismi tecnici del Comune e a tutti gli altri decisori, comprende: “ .-. Valutazione criticità e alternative,  .-. Alternativa scelta: assetto di progetto;  .-. Costruzione modello 2D dell’alternativa scelta;  .-. Opere da realizzare;  .-. Interferenze attendibili; .-. Quadro economico; .-. Fattibilità ambientale” , praticamente tutto quanto potrebbe servire a prendere una prima posizione sulla questione, magari anche arrivando ad esprimere valutazioni sulle tecnologie di progetto seguite a paragone con altre Nazioni in condizioni analoghe.

Ci sono anche segnalazioni di difficoltà, opere non ancora realizzate, richieste di approfondimento… anche queste degne della massima considerazione e sollecitudine nelle risposte. Ad esempio, nel tratto fra Felizzano e Solero si fa riferimento a: “Criticità: .n. 1. intervento previsto (coerente con lo stato di fatto) ma non realizzato; – assenza di un’opera idraulica necessaria per l’assetto idrogeologico previsto in sede pianificatoria”. Qui, come per le altre segnalazioni abbiamo solo indicazioni di massima senza le motivazioni dei ritardi. Sempre nella stessa zona: “Opera da realizzare: siglata con il n. 2: intervento previsto non realizzato, ma non più rispondente agli obiettivi” E ancora: “Opera prevista: da assoggettare a modifica”: . n. 3. intervento non realizzato, non previsto nella pianificazione ma meritevole di segnalazione”

Quest’ultima indicazione ce la siamo riletta diverse volte ritenendola involontariamente criptica. Riteniamo riguardi un suggerimento fatto da “terzi” (Comune o associazione…) non ancora in programmazione ufficiale e quindi non affrontata in fase realizzativa (pur necessaria, a giudicare dall’indicazione dell’Autorità di Bacino). (1)

(foto n.1: interventi a monte di Alessandria in dettaglio)

Ma lo “Studio di fattibilità” non si ferma qui. Viene esaminato con particolare attenzione il cosiddetto “nodo di Alessandria” arrivando ad identificare situazioni non ottimali: “ .-. criticità TA-11; in sinistra Tanaro (progressiva chilometrica 207) intervento di arginatura non realizzato, ma previsto dalla pianificazione attuale.

Criticità (fig.2 )

Vengono anche meglio definite alcune particolari condizioni che riguardano sistemazioni puntuali già affrontate o in via di soluzione (fig.2): “Tratto “A” (80% sviluppo)  –   funzione di ritenuta e di protezione sia del canale De Ferraris sia del rilevato ferroviario;  Tratto “B” (1.4  km)  –   non indispensabile alla difesa idraulica (non raggiunto dalla piena)”.

In stretto collegamento con il discorso delle sistemazioni arginali vi è quello della definizione delle aree che dovrebbero sostenere il maggiore impatto “di contenimento” dell’eventuale piena. Per questa “scelta alternativa localizzativa”, così viene definita, si arriva alle seguenti conclusioni.

“Analisi caratteristiche fisiche e idrauliche: zone golenali tra Rocchetta Tanaro e Alessandria  >  Scelta l’area golenale più idonea: sponda sinistra Tanaro , 4 km a monte di Alessandria.” . Immediatamente dopo si danno indicazioni maggiormente precise: “è a valle dell’ultima confluenza in Tanaro (Torrente Belbo);  “ è l’area golenale di maggiore dimensioni nella piana a monte di Alessandria”  ;    “ è dotata di argini secondari atti a delimitare la futura cassa lato fiume (previo adeguamento) e ad ospitare il manifesto di sfioro”. Poi, data l’evidente alta antropizzazione dell’area si precisa:  “ il piano di campagna risulta adeguato al contenimento di un rilevante quantitativo d’acqua senza necessità di escavazione”;  “ le attività antropiche al suo interno sviluppatesi negli ultimi decenni sono già compatibili con i temporanei fenomeni di inondazione (con la realizzazione della cassa tale area sarà soggetta ad inondazione meno frequentemente rispetto allo stato attuale)”; “ i nuclei produttivi presenti sono in parte già dotati di sistemi di protezione dalle piene” ;“ al suo interno è già presente un reticolo di fossi atti – previo adeguamento – a diventare componenti dell’opera per lo svuotamento della stessa”.

Verrebbe da dire ‘ tutto bene , allora…’ ma il solo pensiero ai rigurgiti causati dalle alterazioni dell’idrografia locale portano immediatamente ad immaginare tempi lunghi per una sistemazione adeguata e non più fonte di problemi (dai miasmi, alle piccole alluvioni di risulta).

E qui viene il clou della comunicazione con definizioni precise di aree e di modalità di costruzione: “.-. Cassa non partizionata, sfioratore fra c.na Isola bella e c.na Tapparone (configurazione proposta da fasi precedenti); .-. Spostamento sfioratore principale tra Mezzano e c.na Isola Bella, sfioratore di emergenza tra c.na Isola Bella e c.na Tapparone; .-. Partizione cassa in due casse in linea.”

In sostanza potrebbe succedere questo: con lo sfioratore a monte ci sarà una maggiore efficienza idraulica; con la partizione con cassa a monte libera da abitazioni ci sarà un allagamento progressivo delle due casse, con tempo sufficiente per evacuazione abitazioni nella cassa di valle (valutato in 15 h circa). Si tratterà, a lavori conclusi, di un’opera con un’ estensione di circa 75 km2 e con uno sviluppo lungo l’ asta fluviale di circa 6 km (figg.3a  e  3b)

…(fig. 3 a)

(fig. 3 b)

 

Andando a riprendere le esatte parole dello studio abbiamo:

Opere da realizzare:  due casse in linea (- cassa di monte: V = 4,2 milioni di m3 ; senza abitazioni;  allagata per prima; – cassa di valle: V : 8.1 milioni di m3 ; in presenza di cascine con argini di protezione. “ (fig. 4)  (cassa di monte in basso a sx, a fianco verso destra cassa di valle)

I tecnici interpellati, però, non si sono fermati a questi aspetti più generali ma sono andati a definire il “franco di arginatura” , fissato in un metro al massimo (cioè la parte libera di acqua fino al profilo dell’arginatura in presenza di piena duecentennale) con un argine interno fra le due aree-cassa di circa 0.50 m.

Il perimetro totale dell’opera dovrebbe aggirarsi intorno ai 17 – 18 km, con le seguenti indicazioni di livello: “ Cassa di monte: Pelo libero: 96.00 m slm   /   Corona arginale . tra le casse  96.50 m   slm   /    . esterna   97.00 m  slm     /     .Mezzano :   98.00  m  slm    (data da livello in Tanaro   a  97.00  m  slm).  Cassa di valle: Pelo libero:   95.20  m  slm   /   Corona arginale:  96.20  m  slm” (fig. 5)

Anche per gli sfioratori vengono fissati precisi indici:  a  monte      L =  300 m  ,    quota  =  95.40  m  slm  ; quello intermedio :  L  =   150  m,     quota  =  95.00   m  slm; l’ultimo di  valle     :   L    =   50 m,   quota  =   95.20   m  slm . Ricordiamo che proprio su questa possibilità di operare in presenza di piani perfettamente orizzontali (anche se in presenza di coltivazioni che, ricordiamo, non vengono comunque condizionate) si gioca gran parte della capacità di contenimento e controllo delle casse di espansione stesse. Lungo la Mosella (in Germania) e la Mosa (in Belgio) a questo proposito sono state costituite negli ultimi vent’anni molte occasioni di incontro (noi li chiameremmo “tavoli di concertazione”) fra mondo agricolo (di fatto i proprietari dei terreni) e autorità preposte alla sicurezza. Il fatto particolare che caratterizza quelle realtà è che le locali rappresentanze tecnico.operative, paragonabili alle nostre AIPO sono i portavoce, i rappresentanti degli interessi degli agricoltori stessi. Le misurazioni e le valutazioni vengono fatte insieme e poi proposte/discusse con le autorità amministrative e le fondazioni bancarie (in caso di interventi di particolare rilevanza).

Comunque, tornando alle opere da realizzare, presentate nello Studio di fattibilità in oggetto, facendo riferimento alla fig. 6, è immediatamente evidente l’importanza degli interventi ma anche la loro armonizzazione con l’ambiente grazie ad opportune tecnologie.

Ed ecco alcuni dettagli di lavorazione: “Arginature: Perimetro casse: scarpata  1:2 /  larghezza corona  5.00 m  /  attorno cascine  :   scarpata   2:3   /   larghezza corona    4.00  m   /  scogliere in massi lato fiume  continuativa ed armonizzata con l’insieme”

Come già segnalato vi è un sistema di apertura e chiusura di paratoie verso Tanaro a 89.00 m slm  per evitare rigurgito attraverso scarichi (fenomeno definito di “cassa inefficiente”)  con una progressione di scarico completo di entrambi gli invasi che al massimo toccherà le 90 ore complessive.

Sono state prese in considerazione anche le eventuali interferenze e per questo si segnala che “la cassa di laminazione è collocata in un territorio perifluviale destinato principalmente ad attività agricola estensiva e all’allevamento.”

Inoltre, sulla base di situazioni già affrontate, le interferenze individuate, anche grazie a specifici sopralluoghi,  appartengono alle seguenti tipologie: “.-. Sottoservizi : reti elettriche, telefoniche, acquedottistiche;  .-. Reticolo secondario di drenaggio interno cassa; .-. Derivazioni irrigue in ingresso alla cassa

Per quanto riguarda i sottoservizi, non sono state rilevate dorsali significative, ma soltanto le derivazioni a servizio degli insediamenti presenti nell’area (fig. 7).  In ogni caso il censimento e l’indagine di dettaglio avverrà al momento della predisposizione del progetto definitivo.

 

Per finire le dolenti note riguardanti le spese per la sola opera più vicina ad Alessandria, ricordando che devono essere per lo meno tre per ottenere una sicura efficacia. Già solo questa cassa viene a costare quasi 24 milioni di euro, portando quindi ad una spesa ipotizzabile complessiva (con le altere due casse di Castello d’Annone e di Isola d’Asti) a più di sessanta milioni complessivi di importo. Il beneficio dichiarato, che andrebbe a sommarsi ai trenta centimetri guadagnati in caso di forte piena con un intervento sulla soglia del ponte Cittadella di due metri continuativi, è previsto in 50 milioni di metri cubi al secondo sottratti all’onda di piena (che ricordiamo è fissata in 3.600 mc/sec) ad Alessandria. Una diminuzione netta in arrivo di 600-700 mc/sec fino a riempimento cassa (fissata in circa 20 h continuative di afflusso massimo.

Un buon risultato ma anche una “bella” spesa. C’è però da segnalare, e qui dovrebbe intervenire il “decisore politico” che le soluzioni proposte dagli Studi milanesi e genovesi sono fra le più costose in assoluto e che sia sulla Mosa che sulla Mosella vi sono aree di laminazione controllata (con arginature naturali e interventi meno radicali), come pure “casse di espansione” sicure ma meno costose, dell’ordine di quindici milioni complessivi di euro per sistemi tripli di 20 più 20 più 20 milioni di metri cubi messi sotto controllo. I tempi di costruzione in centro Europa non vanno oltre l’anno dall’inizio lavori e, per quanto è stato possibile reperire da alcuni uffici legati a parchi regionali di quelle terre, la loro efficacia è già stata positivamente testata sotto pressione. Oltre tutto una serie di costruzione meno invasive e con una maggiore attenzione alla ricreazione di aree naturali umide, permette la ricostituzione di quelle che erano le aree spondali di un tempo con conseguente ritorno di fauna e flora di qualità.

Certo, su questi argomenti si deve ritornare con “dati alla mano” e, pertanto, ci aspettiamo a breve la convocazione di una commissione consiliare ad hoc.

Nella fig. 8 il dettaglio delle spese previste.

 

 

 

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