Piano cave. Gli errori della Regione…e non solo

Su segnalazione di Legambiente e ProNatura regionale prima e, poi, del consigliere regionale Domenico Ravetti, intendiamo stigmatizzare nella maniera più netta la preoccupazione di CittaFutura (ma, a ben vedere, di tutta la cittadinanza) per una azione scriteriata che andrà a contraddire quelle che sono le direttive dell’Unione Europea. Invece di tutelare il suolo, di evitare che si costruiscano nuove piattaforme inutili con altrettanto inutili casermoni mascherati da capannoni, invece di regimare i corsi fluviali secondo carte studiate e analizzate mille volte …si preferisce il “liberi tutti”, mai – come in questo momento – in gran voga.
Infatti il “nuovo” PRAE Piano Regionale Attività Estrattive appena approvato dalla Giunta regionale piemontese presieduta dal presidente Cirio è un regalo a tutti faccendieri legati all’estrazione e al commercio di materiale litoide. In quantità mai viste prima , dato che si tratta di un quadruplicamento delle quantità estraibili dalle cave in tutto il Piemonte. Più di 300 milioni di metri cubi complessivi.

Cosa può giustificare questi numeri? Forse un piano di opere pubbliche stratosferico? O la costruzione di intere nuove città? Nulla di tutto questo: il Piemonte registra un calo demografico e, in questa fase, l’attività edilizia è orientata alle ristrutturazioni. La verità è che si vuole vanificare la pianificazione, facendo in modo che ogni richiesta delle imprese sia accolta. Invece di limitare il consumo di una risorsa finita e agganciarla ai bisogni reali dell’economia si rinuncia a svolgere il ruolo di mediatori dei diversi interessi per assecondarne uno solo: quello privato. Con la situazione limite in cui tutte le risorse disponibili ammontano a circa 244 milioni di metri cubi, pertanto, qualora nel prossimo decennio si arrivasse alla soglia massima, rischieremmo di esaurirle quasi del tutto.

Ovunque si assiste a un potenziale consumo di suolo allarmante: +60% per Novara, +45% per VCO, +132% per VC-BI, +241% AL-AT, +146% CN e +69% TO. 

In questa fase storica in cui si parla di transizione ecologica e di economia circolare la Giunta Cirio è rimasta agli anni ‘70 del boom economico. Basta guardare le poche paginette dedicate agli aggregati riciclati: nulla di concreto, nonostante, anche grazie al superbonus 110%, stanno aumentando i rifiuti inerti. Il PRAE piemontese si ferma alla constatazione che si tratta di un prodotto che non trova molto spazio nel mercato.

Rossi e Ravetti criticano il PRAE

“Il Piano cave è un grave errore per l’ambiente e per il paesaggio. Nei prossimi 10 anni si potranno estrarre 300 milioni di metri cubi di terreno, il triplo del decennio precedente. Per la provincia di Alessandria si prospetta una deriva potenzialmente pericolosa”. Così inizia il duro comunicato stampa giuntoci dalla segreteria regionale PD, molto dettagliata negli aspetti – forse – meno presi in considerazione.  Infatti “il Piano Regionale per le attività estrattive (PRAE) adottato dalla Giunta regionale avrebbe dovuto avere il difficile compito di equilibrare attività estrattiva e rispetto dell’ambiente e del paesaggio, tutela della salute pubblica e norme urbanistiche. Invece, è stato tradito lo spirito che aveva ispirato la norma e il documento è diventato un “via libera” per le imprese che nei prossimi 10 anni potranno estrarre materiali in quantità più di tre volte superiori a quelle degli ultimi 10 anni: doveva essere un passo avanti, ma se ne fanno tre indietro. In questo momento in cui la crisi climatica, energetica e ambientale è sotto gli occhi di tutti, la Regione Piemonte si muove come se fossimo nel secolo scorso” dichiarano Domenico Rossi, primo firmatario della legge regionale 23/2016, e Domenico Ravetti, Consigliere regionale del Gruppo Pd a Palazzo Lascaris.
“I volumi concessi allo stato attuale sono esorbitanti.  Per quanto riguarda il comparto degli aggregati per le costruzioni e le infrastrutture (sabbia e ghiaia): se il fabbisogno calcolato su quanto estratto negli ultimi 10 anni è pari a 63 milioni di metri cubi, nei prossimi 10 (la vigenza del PRAE) saranno autorizzabili ben 101 milioni di metri cubi, esclusi i volumi già autorizzati e non ancora scavati che ammontano a circa 95 milioni di metri cubi, per un totale, quindi, di 196 milioni. Il triplo degli ultimi 10 anni.
Tutto questo ricadrà sulla testa dei sindaci che, oltre a essere stati poco coinvolti, non potranno decidere per il loro territorio e dovranno anche subire la salvaguardia per cui le schede con gli ampliamenti delle cave saranno sovraordinate rispetto ai piani regolatori, anche nelle more dell’approvazione del piano.” commenta Ravetti.
Bruttissimo segnale quest’ultimo che sta a significare una cosa ben chiara. on ci sarà, d’ora in poi, piano o programma che vincoli, leghi o condizioni in qualche modo le (ritenute) “legittime richieste provenienti dal territorio”.  Conosciamo queste “pressioni”… Il materiale litoide può servire in abbondanza nel quadro di un eventuale rilancio del c.d. “110 per cento” visto che una delle motivazioni nei riardi e nei rincari stava proprio nella mancanza di materie prime o nella necessità di andarle a reperire all’estero. Ora non ce ne sarà più bisogno, almeno per un decennio , con buona pace dei destini atroci a cui saranno destinati ampi tratti perifluviali, aree interessate da S.I.C. o altre soggette alle cosiddette “bonifiche”, nient’altro che un sistema furbetto per cavare ghiaietto con poca spesa e riempire i milioni di metri cubi sottratti con materiali di scarto, inerti e, a volte, anche altro. Basta poi mettere un manto sottile di terreno per mascherare il tutto. Operazione vista, qui da noi, a Felizzano, a Tortona, a Rivalta, a Sezzadio. Oppure, sempre rimanendo nel perche’ delle motivazioni, oltre tutto con la possibilità di “andare sopra” a Piani Regolatori o altri strumenti previsti dalla legge urbanistica. E questo è il caso delle aree perifluviali (e a volte anche dello stesso letto dei fiumi). 15-18 euro per metro cubo estratto moltiplicato per 15-20 milioni di metri cubi (con la possibilità di scendere fino a meno cinque metri sotto il livello del suolo) portano a ricavi incredibili … Più di trecento milioni di euro in ballo. E le concessioni da pezzature intorno ai dieci milioni di metri cubi, specie dentro e a fianco dei nostri fiumi, sono all’ordine del giorno. Mandando definitivamente nel dimenticatoio ciò che può aver previsto l’Autorità di Bacino del fiume Po oppure, più vicina a noi, l’Agenzia interregionale per il Po (AiPO). Un percorso senza freni per un veicolo (il nostro ecosistema locale, ma il discorso vale anche a livello planetario) che ha mille problemi di funzionamento e di regolazione. Ma…”pecunia non olet” e si procede spediti.

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