Autorevolezza

Un medesimo significato cambia secondo le parole che lo esprimono. I significati derivano la loro dignità dalle parole, anziché conferirla ad esse. È necessario cercare degli esempi.
Blaise Pascal, Pensieri, 51, in Breviario, a cura di Claudio Marcellino, Breviari Bompiani, Bologna 2002, p. 239.

Stando all’esito di un recente sondaggio, la fiducia dei cittadini italiani nei confronti del Governo Meloni resta alta (il 49,5% dei cittadini e il 91% per gli elettori di Fratelli d’Italia). Inoltre, per la sondaggista Alessandra Ghisleri, “La metà del Paese considera il governo stabile, l’immigrazione non è più una priorità. (…) Fdl cresce, in calo il PD”,[1] e per Ilvo Diamanti “Si allarga la forbice tra Pd e M5S”.[2] A mio avviso ciò che accomuna la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, la Neosegretaria del PD Elly Schlein, il Presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, unitamente alla quasi totalità degli esponenti più rappresentativi della politica italiana, è la mancanza di “autorevolezza”.

Se per il Dizionario italiano Sabatini Coletti ‘autorevole’ è colui che esercita un’autorità morale dovuta ai propri meriti, per l’Enciclopedia della lingua italiana Treccani, una persona è ‘autorevole’ quando “gode di stima e credito notevole, che ispira riverente fiducia”. Ora, è assai probabile che i tre influenti personaggi di cui sopra siano ritenuti autorevoli dai fan dei rispettivi partiti e movimenti, ma al di fuori della cerchia dei simpatizzanti la loro autorevolezza non è certo pari a quella di Romano Prodi, il quale, giova ricordarlo, con la sua proposta dell’alleanza politica dell’Ulivo è riuscito a battere per ben due volte in libere elezioni le coalizioni del centrodestra – prevalendo, nel 1998, sul Polo per le Libertà, e nel 2006 sulla Casa delle Libertà -, salvo poi venire sfiduciato nel Governo Prodi I (1996-1998) dagli alleati di Rifondazione Comunista e nel Governo Prodi II (2006-2008) su iniziativa del partito politico della sinistra radicale dei Comunisti Italiani, vale a dire, in entrambi i casi, da movimenti politici e/o personalità appartenenti al suo stesso schieramento di centrosinistra.

Autorevole è anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, non solo in virtù dell’alta carica politica che ricopre, ma perché è persona stimabile, ritenuta degna di considerazione, di onorabilità, capace di parlare a tutti gli italiani a prescindere dalla loro fede politica e, al tempo stesso, in grado di lanciare messaggi di influenza all’intero sistema politico e costituzionale italiano, dal Parlamento, al Governo, alla Magistratura. Quanto all’autorevolezza della classe politica, già da tempo si era espresso Giampaolo Pansa (1935-2020) nel suo libro significativamente sottotitolato Politici e politicanti, portaborse e malfattori.[3]

Avendo espresso dubbi sull’autorevolezza delle due più importanti e rappresentative ‘signore politiche italiane’, non posso che attenermi al consiglio di Blaise Pascal, citato in epigrafe, di “cercare degli esempi” nelle recenti vicende politiche della loro scarsa autorevolezza.

Le posizioni ondivaghe assunte durante i recenti vertici europei dalla Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, hanno fatto sì che, come scrive Claudio Tito nella sua corrispondenza da Bruxelles, “Chi era presente nella sala multicolore che ospita il Consiglio europeo, ad esempio, descriveva ieri con chiarezza la condizione di isolamento vissuta dalla premier italiana. Gli scontri costanti sul Mes, sulla Bce, sui migranti stanno lasciando il segno”. A tal punto che la ricerca di una alleanza con il leader sovranista ungherese Orban e con quello polacco Morawiesky sul tema dell’immigrazione, la scarsa autorevolezza di Giorgia Meloni sta inducendo Parigi e Berlino a isolare l’Italia.[4] Inoltre, una persona dotata di una certa autorevolezza, non inveirebbe mai contro qualcuno che lo disturba mentre sta parlando, come ha fatto la Presidente del Consiglio in Parlamento inveendo contro un deputato dell’opposizione, ma soprattutto non si permetterebbe mai di definire le imposte ‘un pizzo di Stato’.

Quanto a Elly Schlein, mi limiterò solo a sottolineare il fatto che la sua elezione alla Segreteria del partito non è avvenuta in virtù della sua autorevolezza, bensì in seguito ad un segnale di disaffezione nei confronti della dirigenza del suo partito, lanciato dai non iscritti al PD, una disaffezione manifestatasi già da tempo con la scelta di molti simpatizzanti di votare per il M5S, e di altri di astenersi dal voto alle elezioni. In virtù della sua esperienza politica[5], Elly Schlein sta cercando di accreditarsi quale persona degna di stima e di considerazione, ma per esprimere un giudizio sulla sua autorevolezza occorrerà attendere le sue scelte future, sia personali che all’interno del Partito Democratico.

In sintesi, e per concludere, pare che l’autorevolezza sia attualmente una dote assai rara nel mondo politico e che l’assenza di personalità autorevoli sia alla base dell’elevata astensione dal voto, astensione che, come sottolinea lo Storico dell’arte Salvatore Settis, già direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, “è una scelta politica, comporta sfiducia non nel voto, ma nella effettiva differenza fra votare per l’uno o l’altro dei contendenti in campo”.[6]

Alessandria, 6 luglio 2023
Bruno Soro

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  1. A. Ghisleri, Governo Meloni, la fiducia resta alta, La Stampa, venerdì 30 giugno 2023, p. 7.
  2. I. Diamanti, All’opposizione s’allarga la forbice tra Pd e M5S, la Repubblica, venerdì 30 giugno 2023, p. 14.
  3. G. Pansa, Lo Sfascio. Politici e politicanti, portaborse e malfattori, Sperling&Kupfer Editori, Milano 1987.
  4. C. Tito, Ue delusa dalla premier e ora Parigi e Berlino provano a isolare l’Italia, la Repubblica, venerdì 30 giugno 2023, p. 9.
  5. Elly Schlein, è stata europarlamentare per l’Italia nell’VIII legislatura, eletta consigliera regionale all’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna ed ha ricoperto fino al 24 ottobre 2022 la carica di vicepresidente della giunta regionale, infine, ed eletta deputata nelle elezioni politiche del 2022 nella lista Partito Democratico.
  6. S. Settis, Povera la democrazia che diserta il voto, La Stampa, giovedì 1 giugno, p. 29.

 

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