Se osservate con attenzione le conduttrici televisive di RAI e Mediaset, ed inoltre le presentatrici dei relativi programmi, noterete che il 90% circa di queste sono bionde.
Se invece girate per città e campagne della penisola noterete che circa il 90% delle donne sono more, al limite castane.
Discorso analogo per i maschi: sembra che sugli schermi il maschio italiano che troneggia sia il tipo “turco-siriaco”, cioè degli uomini mori dotati di petto villoso.
Non c’è spazio per i biondi, i rossi o i castani.
Questo tentativo di uniformare i tipi fisici entro determinati schemi mi ha stupito e mi ha condotto a delle riflessioni.
Se la donna bionda rimanda alle maggiorate fisiche degli anni ’50 e, soprattutto in Italia, all’immagine di Anita Ekberg, ciò è dovuto anche al forte richiamo che la stessa Anita, immersa nella fontana di Trevi, suscita in Marcello, simbolo della bellezza italica.
La stessa Ekberg appare come una giunonica divinità nel film Boccaccio ’70, di alcuni anni dopo.
Il richiamo ad una bellezza italica ricorda molto gli appelli di Benito Mussolini negli anni ’30, quando si riferiva appunto a una “razza italica”, che avrebbe in seguito avuto bisogno di una rivista “La difesa della razza”, così legata ai miti del razzismo nordico.
Non vorrei richiamarmi ai dati antropometrici di un Cesare Lombroso, allora elogiato ancorché datato studioso di fine ‘800.
Vorrei piuttosto soffermarmi su un testo fondamentale di uno dei miei maestri, Gillo Dorfles, che nel suo basilare Il Kitsch definisce con saggezza ed erudizione il termine, il quale mi sembra adattarsi molto bene alle “icone” di cui sopra.
Certo capirete che la rappresentazione di Anita Ekberg come una Valchiria che corre verso il Walhalla o dei maschietti turco-siriaci che escono dalla battaglia di Lepanto altri non è che se non un mito, ma un mito talmente potente da far sì che i produttori dei programmi televisivi lo facciano proprio.
La realtà fuori dal mito è ben diversa, è manifesta l’insicurezza cronica degli spettatori che trasferiscono delle immagini dallo schermo al proprio specchio interiore e che denotano una mancanza di cultura, di riflessione, di etica, per cui si vedono costretti ad importare da fuori ciò che è basilare dentro.
Quindi, come sempre, l’apparenza esterna può ingannare, mentre ciò che nasce dal di dentro prevale sul mito.
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