“La mente gli scivolò nel mondo labirintico del bipensiero. Sapere e non sapere; credere fermamente di dire verità sacrosante mentre si pronunciavano le menzogne più artefatte; ritenere contemporaneamente valide due opinioni che si annullavano a vicenda; sapendole contraddittorie fra di loro e tuttavia credendo in entrambe, fare uso della logica contro la logica; rinnegare la morale proprio nell’atto di rivendicarla; credere che la democrazia sia impossibile e nello stesso tempo vedere nel Partito l’unico suo garante; dimenticare tutto ciò che era necessario dimenticare ma, all’occorrenza, essere pronti a richiamarlo alla memoria, per poi eventualmente dimenticarlo di nuovo.”
- Orwell, 1984 (p. 50 dell’edizione del 2016)
Se il termine ‘cambiamento’ è ambiguo (non si può affatto escludere che si possa cambiare in peggio), il ‘Governo del Cambiamento’, che si ispira, purtroppo senza ironia, al bipensiero[1] e ai Princìpi della Neolingua orwelliana[2], ogni giorno si copre di ridicolo. La foto del Ministro del Lavoro e Vice Premier Di Maio affacciato con i suoi ministri grillini al balcone di Palazzo Chigi esultante per avere ‘sconfitto la povertà’, più che il beffardo sorriso di un Franti – “E quell’infame sorrise” – mi ha fatto venire in mente la scena di quello squattrinato di Felice Sciosciammocca nel film Miseria e nobiltà, scena nella quale un impareggiabile Totò si abbuffa, aiutandosi con le mani, su un piatto di spaghetti.
Poi, quando ho smesso di ridere, mi sono tornate alla mente le molte analogie che si possono riscontrare con la situazione attuale leggendo Viaggio nel Midterm, il servizio di Enrico Deaglio sul Venerdì di Repubblica del 28 settembre, sulle ragioni che hanno portato all’elezione di The Donald a Presidente degli Stati Uniti. Una lettura da brividi. Altro che la Psicopolizia di Orwell, “La cui ferocia era tutta incanalata verso l’esterno, verso i nemici del Popolo, gli stranieri, i traditori, i sabotatori, gli psicocriminali”; il Ministero della pace, “che si occupava della guerra” e il ministero dell’amore, “che manteneva la legge e l’ordine pubblico (…) (e) incuteva un autentico terrore”. Auspicabilmente, attorno al 2050 la Neolingua – sostiene Orwell –, avrebbe completamente sostituito l’Archeolingua. Quale imperdonabile errore! La Neolingua, infatti, grazie ai suoi inquietanti “tre slogan del Partito: La guerra è pace, La libertà è Schiavitù, L’Ignoranza è Forza”, è già oggi dominante.
Se è indubbio che la ‘Rete’ abbia influito non poco sull’esito delle elezioni italiane del 4 marzo scorso, a seguito del quale è nato il ‘Governo del Cambiamento’ (ragion per cui occorrerà riflettere sul recentissimo libro di Alessandro Baricco, The Game, Einaudi, Torino 2018), è pur vero che questo governo assomiglia sempre più ad un pericoloso miscuglio di democrazia e dittatura, concetto per esprimere il quale è stato coniato il termine ‘democratura’, sinonimo, per Wikipedia, di democrazia illiberale. Non a caso una delle sue componenti si ispira a Trump e l’altra a Putin.
Sorvolando sulla democraticità di quest’ultimo, e prescindendo dalla questione della ‘guerra commerciale’ innescata da The Donald con la politica dei dazi destinata a ritorcersi contro chi l’ha provocata, quali sono i ‘sintomi di democratura’ che emergono dalle opinioni riportate nel Viaggio nel Midterm di Deaglio? Il primo, è la sindrome da PTSD (Post Traumatic Stress Disorder), della quale risultavano affetti i veterani dell’Afganistan e dell’Iraq: un’esperienza che, sostiene “Jeff Gillenkirk, 67 anni, giornalista, allegro, salutista, insegnante di educazione civica alle elementari”, “provano decine di milioni di americani” dopo l’elezione di Trump a Presidente degli USA. Dopo avere scritto un articolo in cui sosteneva che gli americani avessero “dato enormi poteri a un uomo che ha chiesto l’espulsione di tutti i musulmani, la deportazione di 11 milioni di immigrati irregolari, la revoca della legge sull’aborto, delle leggi ambientaliste e il riarmo nucleare”, Gillenkirk “se ne andò – scrive Deaglio – a far lezione ai ragazzini e lì, in aula, morì d’infarto, mentre li invitava a resistere, pacificamente”. Dubito che l’infarto possa essere stato causato dal suo essere ‘salutista’. Non dico nulla, per scaramanzia, su colui al quale è stato affidato il ministero dell’amore. Mi limito a segnalare qualche incauta analogia.
Un altro ‘sintomo’ emerge dall’analisi di Bernard Ohanian, che “si occupa di coordinare centinaia di istituti di ricerca di coloro che ‘studiano compulsivamente il «corpo sociale»”, per il quale “l’America si è «polarizzata»: tanti mondi diversi che si guardano con ostilità. Metropoli contro Midwest; una California ecologica che vorrebbe andare da sola; l’immigrazione latina e asiatica che sta rendendo aggressiva la morente supremazia bianca”. Non solo, “Ma è diminuito anche il numero di persone che si sposerebbe, o anche solo andrebbe al bar assieme, con un partner diverso da sé. Sempre di più i bianchi e i neri tendono a separarsi nelle scuole, nei quartieri, nel tempo libero”. Da noi no, vero? Noi ai neri spariamo e basta.
Negli USA, però, a differenza che da noi, un po’ di resistenza c’è stata: “gli aeroporti invasi dai ‘mussulmani’; Whashington riempita dalle donne con il loro pussy hat, ragazzini in corteo perché non vogliono essere uccisi a scuola (…) le grandi commozioni televisive per quanto era bella, generosa, elegante l’America di Muhammad Alì, di John McCain, di Aretha Franklin. (…) L’azione degli studenti – prosegue Ohanian – ha sortito effetto: oggi per la prima volta, ben il 66 per cento degli americani è favorevole a maggiori controlli sulla vendita delle armi”. Qui, invece, la cronaca riporta di un cacciatore che ha appena ucciso un giovane a passeggio per i boschi scambiandolo per un cinghiale e il ministero dell’amore ha appena licenziato un provvedimento governativo sulla ‘legittima difesa’.
Negli USA – chiosa Ohanian – “il partito repubblicano, a causa di Trump – della sua misoginia, del suo razzismo – ha perso il voto delle «donne bianche con titolo di studio» che vivono in quartieri residenziali”, mentre al Sud, “L’unica speranza è la demografia: l’audience (delle piccole radio locali) è fatta di vecchi bianchi poveri e incattiviti, che tendono a morire”. Per contro, qui da noi i «vecchi bianchi poveri e incattiviti» del Sud hanno affidato il Ministero dell’Abbondanza al «maschio bianco senza diploma», il quale, Contratto alla mano, esulta per avere “sconfitto la povertà”.
Per concludere, capisco il pessimismo di J.D. Vance, “cresciuto nell’Ohio più povero, diventato un ricco analista finanziario in California”, il quale avrebbe investito i suoi guadagni per combattere l’epidemia da overdose da oppiacei che nel 2015 ha mietuto 35 mila vittime e che si prevede possa provocare ancora “mezzo milione di morti nei prossimi dieci anni”. Egli ritiene “che il materiale umano di cui è fatta la mia gente non sia adatto al Ventunesimo secolo. (… e che se) Trump perderà un po’, da queste parti – e non è detto – sarà solo perché sono morti un po’ di suoi elettori”. Qui da noi non c’è alcuna epidemia da combattere e il Ministero della Verità, quello che orwellianamente si occupa “dell’informazione, dei divertimenti, dell’istruzione e delle belle arti”, pare abbia già diffuso il comunicato con i “Consigli ai populisti” elargiti da Enrico Deaglio a conclusione del suo servizio: “si può vincere diffondendo paura e razzismo con fake e troll, specie tra i più deboli, ma se volete tenere il potere, ricordatevi di bloccare i giornali (quelli vecchio stile, coi reporter, le rotative, la grinta) – cosa che, stando alle notizie di cronaca odierne il Ministro dell’Abbondanza avrebbe suggerito di fare – e di tenere le donne chiuse in casa. Stampa e donne sono la democrazia del Ventunesimo secolo. Se ci sarà ancora”. Concordo con Deaglio, ma purtroppo temo che il suo timore sulla tenuta della democrazia nel Ventunesimo secolo pecchi di ottimismo.
Alessandria, 7 ottobre 2018
[1] Nella Neolingua orwelliana, “(…) messa a punto per le esigenze ideologiche del Socing, o Socialismo inglese”, il bipensiero assume il significato di “controllo della realtà” (G. Orwell, 1984, Oscar Mondadori, Milano 1950).
[2] “Nel 1984 – scrive Orwell nei “Principi della Neoalingua” – non c’era ancora nessuno che ne facesse uso (…), ma l’auspicio era che attorno al 2050 potesse sostituire totalmente l’Archeolingua, vale a dire l’attuale lingua standard.” (Ibidem, p. 415).
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