Cacciatori di teste

Gentili lettori, non crediate che io alluda ai Daiachi del Borneo, i cacciatori che usavano tagliare le teste dei nemici, per poi ridurne le dimensioni.

No, io alludo a quei gruppi di selezionatori, il cui compito è principalmente di trovare i managers per le aziende.

Di questi selezionatori io ne ho conosciuti un bel po’ durante la mia attività lavorativa.

Subito dopo la laurea, cercavo un posto di lavoro e mi sembrò giusto e naturale rivolgermi a una di queste agenzie: il centro, per uno nato al Nord, era naturalmente e logicamente Milano.

Avevo preparato un ben documentato Curriculum Vitae, in cui elencavo metodicamente tutti i diplomi acquisiti durante il percorso scolastico, più, evidentemente, i diplomi riguardanti le lingue conosciute.

Devo dire, senza spirito di parte, che era una bella ed efficace presentazione.

Dopodiché, inviai il tutto al Corriere della Sera, che aveva una sua sezione “ricerca lavoro” e circa trenta giorni dopo ero sistemato presso una industria del Piemonte.

I tre anni che seguirono furono una sorta di apprendistato per le mansioni che avrei eseguito in tutta la mia vita, e cioè quelle di manager o, come io preferisco dire, con un termine più colorito, di “viaggiatore con la valigetta”.

Il fatto di gravitare attorno a Milano mi pose in contatto con varie società che si occupavano di selezione del personale e, quindi, dopo tre anni, non mi fu affatto difficile mettermi in contatto con una di queste e trovare in circa trenta giorni una posizione che ritenevo adeguata e soprattutto uno stipendio molto più elevato.

Anche a Modena, mia seconda destinazione, vi erano molte agenzie di selezione e, dato il momento magico di quella città, sembrava che lo sport prediletto dei managers fosse quello di cambiar casacca ogni sei mesi, sempre con consistenti aumenti di stipendio. Una sorta di scala mobile, che portava gli scalini sempre più in alto…

Ma, al di fuori di codesti scoppi di esuberanza salariale, ebbi anche modo di conoscere una persona che, con molta serietà, mi insegnò l’ABC del mestiere di selezionatore e che ebbi modo di sostituire, qualche volta, nel suo lavoro.

Fu, devo dirlo, un’esperienza molto interessante e molto stimolante, poiché, interrogando ed investigando, si impara a conoscere le persone.

I casi della vita, però, mi portarono lontano da questa attività, che ero comunque qualificato ad esercitare, ma la passione per i viaggi, la voglia di vedere il mondo era molto più forte.

Però la curiosità per questo lavoro mi è sempre rimasta viva ed ho sempre pensato che rivolgersi ad una di queste agenzie fosse una mossa azzeccata, come nella mia giovinezza.

In un certo anno della mia vita, forse perché stanco dei troppi viaggi o forse per altri motivi, mi vidi costretto a consultare una di queste agenzie e precisamente un grande gruppo torinese a cui inviai il mio aggiornato Curriculum Vitae, ancora più corposo, e al quale chiesi un aggiornamento su eventuali retribuzioni e benefici accessori.

La risposta fu come sempre cortese ed eloquente, mi venivano riferiti dei dati interessanti e non solo generici.

Nel contempo, l’agenzia di Torino mi diceva di rivolgermi alla loro filiale in Toscana.

Non indugiai e contattai il responsabile della filiale, inviandogli il mio C.V. e ripetendogli pari pari quello che mi era stato comunicato dalla sede centrale di Torino, e, per quanto riguardava la posizione, gli parlavo di una direzione commerciale o di responsabile di stabilimento. Decisi di lasciare a questo signore un mesetto per le ricerche e, poi, come d’accordo, gli telefonai.

Secondo lui, di quanto dettomi da Torino non c’era neppure lontanamente la possibilità e mi assicurò che aveva provato a sentire i suoi referenti in Toscana ed Umbria.

Le offerte che mi faceva erano semplicemente ridicole ed io fui così gentile da dirgli che lo avrei richiamato dopo uno o due mesi per saperne un qualcosa in più. Ora, se voi guardate la cartina geografica, vi accorgete che del vasto territorio da lui coperto era praticamente impossibile non trovare qualche gruppo che volesse anche minimamente cambiare management.

Allora bisogna concludere che, o tutte le industrie in Italia stanno al Nord, oppure c’è qualche grossa stortura nella selezione del personale: io propendo per la seconda soluzione.

Ma qual è il sunto, la conclusione di quanto vi ho narrato? Che l’unica, possibile e realistica soluzione è l’autonomia regionale, per cui la regione stessa educa, istruisce i managers adatti alle proprie industrie ed alle proprie attività lavorative. D’altronde, se questo avviene su piccola scala nella vicina Svizzera e su grande scala nella vicina Germania, non si vede perché non possa avvenire con le venti Regioni italiane, che sono state troppo a lungo conculcate dal centralismo di Roma.

E qui mi permetto di ricordare il mio amico B. di Modena, purtroppo prematuramente scomparso, il quale mi rammentava ogni volta che per fare bene il lavoro di selezionatore era importante, sì, conoscere gli uomini, ma soprattutto il territorio, la regione da cui derivava il lavoro.

Solo così si può diventare un buon cacciatore di teste.

Viator

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