Pare che questa sia la buonuscita per Mr. Tavares, amministratore delegato di Stellantis.
Vorrei partire da lontano, dal senatore Giovanni Agnelli, che fu uno dei co-fondatori della Fiat, un capitalista vecchio stampo, tutto d’un pezzo, ma legatissimo alle sorti della sua azienda e della sua città, Torino.
In un certo momento del dopoguerra, l’impero Fiat, impiegava fra produzione diretta ed indotto, oltre cinquecentomila persone, specialmente in Piemonte, quindi dava da mangiare a circa due milioni di italiani.
Nel bene e nel male.
Il che significa che non c’erano solo aspetti positivi in questa vicenda, ma anche molti aspetti negativi, tutti legati alla schiavizzazione provocata dalle macchine.
Oggi come oggi, non si può parlare di macchine che producono macchine, in Italia, perché semplicemente non ci sono più e quindi neanche le persone addette a controllarle.
Mentre nel 1970 si poteva parlare di cinquecentomila, alcuni dicono un milione, di persone produttive nel settore automobile, oggi saremo a quota centomila, forse un po’ di più, ma tutte pronte a ricevere una bella lettera di licenziamento.
Sia ben chiaro, la colpa non è soltanto di Tavares, che si fa gli affari suoi e sostiene di ricevere emolumenti che corrispondono al suo valore sul mercato, ma è la mancanza di programmazione a livello privato e pubblico che è sconvolgente.
Già dieci, quindici anni fa si sapeva che i famosi motori endotermici, benzina e diesel, dovevano avviarsi al lumicino, poiché provocavano troppo inquinamento, troppo CO2, ma il passaggio all’elettrico o comunque al green doveva essere accuratamente studiato e deciso da tecnici altamente qualificati, preparati, e non dai soliti quattro cialtroni.
Si tratta di matematica elementare, una macchina elettrica costa circa il cinquanta per cento in più di una endotermica, quindi come si fa a far sì che l’utenza ne compri nei prossimi cinque/dieci anni per sostituire le vetture non più utilizzabili?
Se i salari sono fermi o al ribasso, è chiaro che non si possono comprare vetture elettriche made in Europe, che partono da trentamila euro in su: chi può spendere tale cifra per una vettura? Può essere solo un benestante.
Certo, le ditte cinesi che spuntano come funghi, producono vetture elettriche con prezzi del tutto abbordabili, ma comprarle vorrebbe dire silurare la prestigiosa produzione europea (vedi Germania e Francia); l’Italia produce le Ferrari, le Lamborghini, le Pagani, ma sono vetture per milionari, non sicuramente per una middle class in affanno.
Qui appare in tutta la sua carenza il management di Stellantis, attualmente diretto da John Elkann, indegno erede del nonno Gianni Agnelli e del trisnonno, il senatore Giovanni.
Questo degno rampollo se ne sta ben lontano dall’Italia e pensa alla sua lucrosa attività di produttore di elicotteri, un bene prezioso in pace ed in guerra.
Alcuni operai della ex grande Fiat in Veneto hanno coniato uno slogan breve ma efficace (che qui omettiamo ma che ci impegnamo a comunicare se richiesti in privato). Per mettervi sulla buona strada Lelio Luttazzi gli aveva dedicato una canzone (1).
Viator
... .1. “El can de Trieste”. Nel testo qui sotto trovate, integralmente, le tre parole usate per rendere il grado di nervosismo…
Xe tanti ani ormai
Che son lontan de ti Vecia Trieste mia Son resta’ solo e Gavevo voia de Voia de compagniaAlora trevisan
Ma ga mandà un bel can Nato in un’osteria Però quel fiol de un can Quel fiol d’un can d’un can El iera sempre tristeNo’ l me faseva mai le feste
Gnanca a mi Che so el suo paron |
Alora go mandà una cartolina
Una cartolina de protesta Alora el mulo trevisan Me ga risposto El me ga spiegà perchéSolo davanti
A un fiasco de vin Quel fiol d’un can fa le feste Perché xe un can de Trieste Perché xe un can de Trieste Davanti a un fiasco de vin Quel fiol d’un can fa le feste Perché xe un can de Trieste E ghe piasi il vin! |
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