Il ciclo della vita: il dolore e la solitudine. Il silenzio

Ieri pomeriggio , mentre la Milano da bere si abbuffava in lunghe e chiassose file per il rito, non certo sacro, dell’annuale salone del mobile, al Museo Martinit e Stelline continuava un ciclo di incontri dedito alla conoscenza del nostro essere umani, luogo desolato e sempre più esiliato da un main stream votato alla vana parola, creatrice di finti bisogni e di uomini e donne amanti di isole dei famosi e telecamere da grande fratello.

Il ciclo della vita, così titola il ciclo di incontri in collaborazione con la società Dante Alighieri comitato di Milano, verteva ieri su un tema che tocca ognuno di noi : il dolore e la solitudine. Il silenzio.

Temi decisamente fuori salone !

Nella bella sala del Museo, circondati da grandi fotografie in bianco e nero dell’epoca in cui nacquero le istituzioni dei Martinitt e delle Stelline, eravamo meno di dieci persone, compresi i due relatori: Cristina Cenedella e Francesco Ceriani.

Prima un interessante excursus con immagini su come i piccoli orfani venivano accolti,  per poi uscire con una propria professionalità e la possibilità di nuova vita. Certamente, soprattutto per le Stelline e soprattutto nei primi anni dell’Istituzione, la vita interna al collegio era monacale, niente uscite, niente visite, una religiosità non ancora aperta a quella che oggi dovrebbe essere – ma ancora non è – la secolarità sacra. Ma si sa che le cose camminano adagio, rompere le certezze che l’umano crede di avere per aprirsi il nuovo chiede una grande pazienza e senza dubbio molti esseri hanno pagato per noi il prezzo di una Libertà di cui noi oggi non onoriamo certamente il lascito.

Scorrendo alcune fotografie delle varie epoche, abbiamo potuto vedere i pochi sorrisi di queste bambine, che solo molto più avanti nel tempo hanno potuto godere di uscite nella città, accompagnate, e soprattutto godere del mare, nella Colonia marina di Spotorno, che mi ha riportato al cuore quel 1960, l’anno in cui rimasi orfana “del mio papà” e fui proprio in colonia in quella cittadina ligure.  Le fotografie delle lunghe camerate, della grande mensa, dei corsi professionali dove le Stelline imparavano a diventare donne-madri-serve. E non lo dico per negare il grande dono che ricevevano, ma solo per illuminare come ancora la donna era scissa: o Maria o Maddalena.   E per prendere atto che erano diversi i modi riservati alle Stelline femmine e ai Martinitt maschi, del resto le donne stanno ancora pagando i resti di un patriarcato che, morente, offre il peggio di sè.

Siamo ancora lontani dal maschile e dal femminile di Rilke: “e questo più umano amore somiglierà a quello che noi faticosamente prepariamo, all’amore che in questo consiste, che due solitudini si custodiscano, delimitino e salutino a vicenda”.

Dopo la bella relazione della dottoressa Cenedella, il dottor Ceriani ci ha introdotti nel vivo dell’oggi, dove sono le case-famiglia che accolgono giovani che arrivano da esperienze diverse, ma tutti accomunati da una solitudine interiore che solo alla fine degli anni 70 ha potuto porre quelle domande che a nessuna Stellina e a nessun Martinitt furono mai poste. La psiche non aveva ancora il suo posto, l’analisi del profondo era ancora troppo “novità” e la vita ancora troppo cruda.

Ma riflettendo su quello che ieri ho conosciuto e sulla realtà affettiva e affettuosa che oggi questi giovani possono ricevere in queste case-famiglia ( 2 case per una quarantina di giorvani ) non posso che dire che, paradossalmente,  sono oasi felici. Il disagio che i giovani oggi patiscono incoscientemente nella società che abbiamo creato e che continuiamo ignorantemente a tenere in vita, si sta allargando a macchia d’olio. La cecità del nostro mondo tecnologico-economicistico-bio-securitario vuole eliminare le caratteristiche che l’essere umano possiede come sue peculiarità: l’empatia, la solidarietà, il bisogno di amore. E’ l’educazione alla gioia il cammino , che nulla ha a che vedere con l’avere, ma con l’essere che si apre al cosmo intero sentendosi dono alla Vita e dunque onorarla e darle senso.

Senza l’altro l’uomo non è uomo“, scrive un saggio del nostro tempo , Raimon Panikkar, mostrandoci il bisogno umano di vicinanza e di amore. Ed è proprio di questa cura che il dottor Ceriani ha parlato, perchè scoprire di non essere soli, di non essere più traditi e abbandonati da chi ci doveva amare e curare, è  la via per entrare nella vita, sì con una ferita, ma una ferita che solo se riconosciuta potrà mostrare la luce che anche conteneva.

“Il dolore è la sveglia alla trascendenza ” scrive sempre Panikkar, e qui non si parla di sacrificio ma di compassione, patire insieme il male del mondo e insieme trasformarlo, trasformandoci.

di Patrizia Gioia

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