Che cosa sono le nuvole? – Pier Paolo Pasolini

Con il consenso dell'autore pubblichiamo l'articolo che ha ottenuto il primo premio nella sezione "Recensioni" in occasione del Festival Adelio Ferrero di Alessandria.

Cortometraggio girato nel 1967 e uscito nel 1968, tratto da Capriccio all’italiana, è una rilettura popolare di Pasolini dell’Otello di Shakespeare.

Dietro le quinte di un teatro popolare, delle marionette discutono sulla realtà attorno. Parte lo spettacolo dell’Otello: si mostra il “tradimento” di Desdemona, ordito da Jago, ai danni del moro Otello, che, vinto dalla gelosia, vuole ucciderla. Il pubblico del teatro però blocca il tentativo di Otello e uccide il moro e Jago. Finita l’opera, i burattini di Jago e Otello vengono gettati nel camion della spazzatura. I due burattini “tornano in vita”, dopo essere stati buttati nella discarica, grazie alla visione delle nuvole, concreta e celestiale manifestazione della Bellezza.

Film che mostra diversi lati di Pasolini intellettuale: Pasolini non è solo regista, ma filosofo, poeta e “protagonista” di questo apologo sulla vita. È un film spirituale, ma soprattutto poetico, dalle molte anime, le anime del regista stesso: marxista, arcanamente cristiano, tumultuoso, poetico. Pasolini rivendica una sorta di Giustizia che è negata a Desdemona (Laura Betti), la quale vuole aiutare Cassio (Franco Franchi) a riavere il suo posto di luogotenente di Otello (Ninetto Davoli), mentre Jago (Totò), grazie all’aiuto di Roderigo (Ciccio Ingrassia), tesse le trame della vendetta perché non è stato scelto come secondo in carica da Otello.

Durante gli intermezzi della recita, Otello e Jago dialogano sull’esistenza e la Verità: Jago dichiara che è impossibile esprimere la Verità, ma che essa sta nel cuore di ognuno e non può essere pronunciata. In quest’affermazione possiamo notare l’ineffabilità, di richiamo dantesco, a rivelare la Verità, ma anche la negazione della stessa da parte della società, che vuole zittire chi ha raggiunto la Verità e, come nel mito della caverna di Platone, chi ha scoperto la Verità rischia di essere denigrato per la sua diversità o essere ucciso per la sua pericolosità. Pasolini mostra la sua anima turbata dal male di chi non vuole sentire la Verità, tanto che questa non può essere espressa.

La scena del pubblico che uccide i due “cattivi” è metateatro di ispirazione pirandelliana unito alla lotta di classe marxiana. Jago e Otello sono padroni della scena, ma vengono annientati dalla classe popolare, che compie un atto rivoluzionario nel salvare Desdemona dall’Ingiustizia. Eppure, gli stessi Jago e Otello sono servitori del teatro, i quali, fatta la loro parte e “uccisi” dal pubblico, sono destinati alla discarica.

Il finale è l’apice poetico del film, quando Jago e Otello vengono gettati nella discarica: sono diventati spazzatura, eppure “ritrovano la vita” con l’apparizione delle nuvole, figlie del creato e rivelazione della Bellezza.

L’ingiustizia è ricorrente nel film: Jago e Otello sono ingiusti, ma sono anche costretti a esserlo, vittime di una decisione presa dall’alto, dal burattinaio, che può solo trovare fittizie scuse alle profonde domande di Otello.

Grazie a un cast portentoso, su cui giganteggia Totò, e a una canzone interpretata brillantemente da Domenico Modugno (netturbino), Pasolini parla del popolo e per il popolo realizza uno spettacolo che raggiunge le vette dell’Assoluto. La poesia, quindi, è un’arte che con pochi mezzi dice Tutto: è un concetto semplice, ma che fa pensare alla poesia ermetica di Salvatore Quasimodo e del precursore Giuseppe Ungaretti, che con parole essenziali esprimono concetti assoluti. Qui Pasolini è a suo modo ermetico: “ritorna” poeta tramite le immagini e fa sì che un messaggio sulla vita e la sua Bellezza (fisica o metafisica) possa essere autentico. Che cosa sono le nuvole? è un film-poesia e forse non c’è miglior mezzo per realizzarlo del cortometraggio, breve ed essenziale come le poesie degli Ermetici. Il film è un omaggio alla Poesia, linguaggio che raggiunge la Verità più intima, che non si può pronunciare, perché autentica, individuale ma, al tempo stesso, universale.

Marco Penzo

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