Cosa vuol dire ammalarsi di “coronavirus”

L’amico Rolando Terrazzan (docente di matematica, torinese) ci ha fatto pervenire il seguente intervento che volentieri pubblichiamo. Fa parte dell’associazione ALEx e così viene firmato il pezzo (Green ALEx).

In alcuni casi vi sono sintomi lievi, compare la febbre e la tosse, ma dopo qualche giorno é tutto sparito. Negli altri casi e soprattutto quando i soggetti sono più anziani si presentano sempre i sintomi sopracitati, ma in modo rilevante e più persistente. E’ stata rilevata anche la perdita di olfatto e del gusto.

Il passo successivo è l’accompagnamento e l’arrivo in Ospedale con già gravi problemi respiratori.Il paziente fa un enorme fatica a respirare a causa di una forte infiammazione presente nelle vie aree più profonde. Diventa difficoltoso, per l’infiammazione polmonare in atto e per  la tosse, somministrare l’ossigeno e di conseguenza far si che questo possa raggiungere tutte le varie parti del corpo. Come è noto è fondamentale  per la necessaria ossigenazione. I medici nel primo contatto (triage) valutano i parametri generali e viene eseguita una radiografia polmonare per vedere lo stato di salute degli organi, dopodiché viene effettuato il tampone per determinare la presenza del contagio.

Si presentano due alternative nella valutazione del paziente e del suo stato.   Per quanto riguarda la prima ipotesi di intervento questo può essere diviso in due fasi: nel primo caso può essere applicata una semplice maschera di ossigeno, se il respiro risulta autonomo e abbastanza regolare. Nel secondo caso, qualora la situazione risultasse più complicata, il paziente ha bisogno di un intervento più complesso quale l’applicazione di un casco simile a quello dei palombari, cilindrico e di plastica morbida e trasparente, che avvolge l’intera testa e il collo. All’interno viene immessa aria a pressione controllata e arricchita di ossigeno per aiutare il transito della stesso verso i polmoni. La pressione dovrà essere calibrata sullo stato del paziente per ottenere dei risultati accettabili. La seconda alternativa è purtroppo quella destinata ai casi più gravi e cioè la “terapia intensiva”. In linea di massima l’intervento in questione prevede la presenza di uno o due medici specializzati in anestesia e rianimazione per sette otto pazienti. Bisogna inoltre considerare la presenza continuativa di un certo numero di infermieri e personale paramedico nell’arco delle 24 ore. (Dati reperiti dall’esperienza dell’Ospedale di Bergamo, uno di quelli in prima linea contro il Covid-19)

Per la terapia intensiva è previsto che il paziente venga intubato, questo intervento dovrà essere praticato in anestesia generale. Verrà quindi inserito un tubo che, passando oltre le corde vocali, verrà sospinto in profondità nella trachea. Il sistema meccanico provvederà a sospingere ed a espellere l’aria nei e dai polmoni, mantenendo un ritmo alternato ed il più possibile naturale. La sedazione generale è inevitabile affinché il paziente non soffra e non si agiti, inoltre verranno somministrati anche farmaci miorilassanti per aiutare  il rilassamento della muscolatura. Per i pazienti con polmonite causata dal Covid-19 è necessaria la  pronazione, cioè con la pancia rivolta verso il basso proprio per facilitare il processo respiratorio. Il paziente dovrà essere girato intubato e sedato, di conseguenza occorreranno quattro o cinque persone secondo le caratteristiche fisiche del paziente per effettuare la manovra necessaria.

Solo dopo qualche giorno e quando le condizioni generali avranno dato i primi segni di un effettivo miglioramento verrà avviata una progressiva interruzione della sedazione, pur mantenendo l’intubazione al fine di poter controllare il processo respiratorio tramite il ventilatore polmonare. Dopo l’avvenuta guarigione i problemi non saranno terminati, in quanto l’infiammazione polmonare può aver lasciato delle cicatrici all’interno dei polmoni che possono aver reso i tessuti particolarmente fibrosi, la qual cosa potrebbe dare altri problemi respiratori più avanti. Possiamo renderci conto da queste poche righe come la “terapia intensiva” richieda un notevole dispendio di energie, di farmaci e di personale sanitario. Da tutto ciò alcune considerazioni: si può creare l’affollamento nei ricoveri a causa dei pochi posti letto in terapia intensiva e dalla carenza di personale, ma anche a causa dei lunghi tempi di guarigione che costringono per molto tempo il paziente ad occupare un posto in rianimazione. Il periodo di degenza può proseguire  ben oltre le due settimane.

Per la somministrazione della terapia e proprio a causa delle sopracitate condizioni, il personale medico durante il triage di accettazione valuta sia le condizioni di salute individuali del paziente in ingresso che altri parametri (es. l’età) determinando così la possibilità del ricovero ospedaliero o lo spostamento in altre strutture. In questa situazione subentra per i medici un fattore etico importante: la scelta su chi intervenire per prima e salvare. Su questo tema è importante leggere quanto scrive sul proprio sito l’Associazione dei Medici Anestesisti Rianimatori (SIAARTI) che con le loro linee guida hanno messo a disposizione su questo tema tutte le risorse psicologiche e morali ai loro iscritti. La valutazione finale che se ne ricava è la seguente e cioè che un anziano con minori possibilità di farcela per l’età avanzata e perché affetto da altre e diverse patologie potrebbe ricevere meno cure rispetto ad un paziente più giovane e in salute. Anche tra due pazienti della stessa età c’è il rischio che venga privilegiato nella cura colui che ha meno patologie in atto e dove ne risulterebbe più facile il recupero e la guarigione. La valutazione finale che se ne desume da tutto quello indicato finora è la seguente: bisogna stare a casa per togliere ogni possibilità al dilagare del contagio proprio per la estrema difficoltà di gestire le risorse sanitarie in caso di un contagio massificato, sia per la carenza di strutture, ma anche e soprattutto per la mancanza personale sanitario e specializzato. (1) La maggior parte dei decessi colpisce la fascia di età tra gli 80 – 89 anni (42%) mentre le altre fasce diminuiscono a scendere in progressione, rimanendo comunque sempre più alta la fascia degli over70.

Le donne decedute sono in una fascia media più alta di età rispetto agli uomini: 83,4 contro i 79,9 anni. Tra i deceduti si rileva il fatto che soffrissero di almeno tre a più patologie, in particolare nel seguente ordine: Ipertensione 74,6%, Cardiopatia ischemica 70,4 e Diabete mellito 33,8%. Si è anche potuto rilevare come il tempo medio tra ricovero e i sintomi siano sull’ordine dei 5 giorni mentre il tempo medio tra ricovero e decesso è stato di 4 giorni. (2)

L’età media dei defunti si aggira intorno ai 56 anni (62% uomini e il 48% donne). La possibilità di trasmissione del Virus varia dagli 8 fino a 37 giorni con una media di circa 20 giorni. Quali sono i principali problemi che possono riguardare la possibilità di morte di un paziente? Sicuramente come indicato in precedenza malattie pregresse importanti e già presenti, ma anche segni di sepsi e di coagulazione del sangue. La durata media della febbre è di circa 12 giorni. La tosse può durare più a lungo, oltre la guarigione, ma anche accompagnare il paziente sino al decesso. Dall’esordio della malattia il tempo medio di guarigione si aggira intorno ai 22 giorni, mentre il tempo medio della morte è di 18,5 giorni. Nei pazienti deceduti si sono potuti riscontrare maggiori livelli ematici di proteina D-Dimero (la sua determinazione mediante un esame del sangue è stata introdotta negli anni Novanta e oggi trova indicazione clinica nella diagnosi dell’embolia polmonare, della trombosi venosa profonda e della coagulazione intravascolare disseminata), nonché livelli abbastanza elevati di Interleuchina-6 (L’IL-6 è un’ interleuchina che agisce come citochina multifunzionale, sia pro-infiammatoria, sia anti-infiammatoria. È secreta dai Linfociti T e dai macrofagi per stimolarne la risposta immunitaria, ad esempio durante un’ infezione o in seguito ad un trauma come una scottatura o altri danni tessutali che portino ad infiammazione)(3).

Per quanto riguarda le terapie medicinali applicate per contrastare l’infezione ne sono state utilizzate e sperimentate diverse. Uno dei farmaci utilizzati è il TOCILIZUMAB prodotto dalla Roche, un anticorpo utilizzato per la cura dell’artrite reumatoide e che serve anche a sedare infiammazioni provocate dal cancro. Pare riesca a combattere l’infiammazione polmonare e bloccare la produzione di IL-6.

Altro farmaco utilizzato è la CLOROCHINA, che è nato per contrastare la diffusione della malaria, ma pare abbia dato buoni risultati nel contrastare l’attività virale del Covid-19 bloccandone la replica. Per quanto riguarda dell’arresto della moltiplicazione del virus hanno dato buoni risultati anche altri due farmaci, il RITONAVIR e il LOPINAVIR, entrambi antiretrovirali appartenenti alla classe degli inibitori della proteasi. Infine vi è il REMDESIVIR, un farmaco antivirale nella classe degli analoghi nucleotidici. È stato sviluppato da Gilead Sciences come trattamento per la malattia da virus Ebola e le infezioni da virus Marburg. È stato poi dimostrato una sua attività antivirale contro altri virus a RNA a singolo filamento. Esso è tuttora oggetto di ricerca e sperimentazione su altre forme virali.(4) Da tutto quanto indicato possiamo trarne le logiche conclusioni e cioè che è molto meglio non farci contagiare. Principio che vale  per noi e per tutti gli altri che ci stanno vicino.  Dobbiamo starcene pazientemente in quarantena e bloccare così fisicamente il contagio. Inoltre la necessità di avere dei test finali precedenti la dismissione dei pazienti ammalati e sopravvissuti al contagio che accertino la reale avvenuta guarigione, per avere la sicurezza per loro e per tutti noi che non vi siano altre future problematiche fisiche e virali latenti.

NOTE:

(1) in quarantena- Pagina speciale de “Il Post” del 9.03.2020

(2) – Da I.S.S. su Covid-19 del 6.03.2020

(3) – Da IL FATTO QUOTIDIANO del 10.03.2020

Commenta per primo

Lascia un commento

L'indirizzo email non sarà pubblicato.


*