“Decreto semplificazioni” infarcito di passi indietro

Ulteriore accorciamento dei tempi di visione / revisione dei progetti da parte di cittadini, associazioni ed istituzioni locali, minori occasioni di confronto, centralizzazioni e semplificazioni a vantaggio degli apparati burocratici e dei funzionari. Indeterminatezza e superficialità rispetto a tempi, modalità di intervento e competenze in campi delicatissimi come le “bonifiche industriali” e le autorizzazioni per medie, grandi opere. Queste le reazioni a caldo di quasi duecento associazioni locali e nazionali (consultabili a fondo documento) che si sono fatte sentire mandando il documento, qui pubblicato in forma integrale, all’insieme del Consiglio dei ministri nazionale. Su tale netta presa di posizione, chiederemmo un’opinione ragionata ai nostri affezionati lettori  (ndr.).

Titolo: “Più un decreto devastazione che un decreto semplificazioni”

 Proposte di 160 associazioni e comitati da tutta Italia per la modifica del Decreto nel passaggio di conversione in Parlamento

PREMESSA

Il DL “Semplificazioni” contiene numerose norme che determinano uno scadimento dell’ambiente e della qualità della vita su una miriade di settori: edilizio, clima, partecipazione dei cittadini, bonifiche, appalti.

Inoltre viene ulteriormente toccata la Legge 241/1990 che in senso trasversale sovrintende a tutti i procedimenti della pubblica amministrazione. Anche in questo caso la “riforma” determina pesanti conseguenze per tutti i procedimenti ambientali.

Al contempo, non vi è una norma a favore dei diritti delle comunità e dei cittadini, per la tutela dell’ambiente dove abitano e della loro salute.

In questo dossier, ci occuperemo espressamente solo di alcuni temi: bonifiche, V.I.A. e clima. A parte abbiamo preparato un documento con 34 emendamenti inviati a tutti i parlamentari volti a modificare il DL nel passaggio parlamentare di conversione in Legge sia per abrogare le norme pericolose sia per integrarlo con proposte che da anni comitati e associazioni avanzano per risolvere concretamente i problemi delle bonifiche e le criticità nella Valutazione di Impatto Ambientale.

BONIFICHE

ACQUE SOTTERRANEE ABBANDONATE, SIN SVILITI, COMPLICAZIONI E DEREGULATION NEI CONTROLLI.

OSSERVAZIONI GENERALI AL CONTENUTO DEL DECRETO.

Il DL “Semplificazioni” nella parte relativa alle bonifiche (trattata negli articoli 52 e 53) introduce norme di gravità assoluta che incidono per i seguenti aspetti:

  1. a) con l’articolo 53 comma 4 quater la bonifica delle acque sotterranee, che sostanzialmente può, nei fatti, venire addirittura bypassata con la previsione di poter ottenere il certificato di avvenuta bonifica anche per il solo suolo con contestuale svincolo delle garanzie finanziarie che gli inquinatori devono versare per assicurare che le attività di ripristino siano effettivamente svolte anche in caso, ad esempio, di fallimento dell’azienda;
  2. b) il significato stesso di Sito di Interesse Nazionale, che viene svilito del tutto. Oggi nei SIN, in quanto individuati per stessa ammissione dello Stato, quali siti tra i più impattati d’Italia sulla base di precisi criteri (Art.252 comma 2: ad esempio, raffinerie, siti con produzioni chimiche ecc.), il Ministero dell’Ambiente per prassi chiede a proprietari/inquinatori direttamente la caratterizzazione delle aree, quel procedimento che serve a ricostruire lo stato della contaminazione, dando per scontato, avendo individuato quell’area come Sito Nazionale di Bonifica, che siano necessari dati di dettaglio (di solito facendo i rilievi su una maglia di 50 m X 50 m, quindi abbastanza densa).

Invece, con le norme del DL i procedimenti nei SIN partiranno da una più blanda indagine preliminare, come avviene per tutte le altre aree del paese esterne ai SIN in caso di sospetto inquinamento.

Cioè l’ILVA o una raffineria verranno trattate come una qualsiasi pompa di benzina! Tra l’altro i rilievi verranno realizzati con maglie molto più larghe (centinaia di metri) per cui in alcuni siti vi è pure il rischio che magari situazioni di contaminazione possano sfuggire (ad esempio, basta scavare 20 metri più in là rispetto ad una fossa in cui sono stati sotterrati rifiuti per non accorgersi della loro presenza), dichiarando non contaminata un’area che invece lo è. Un vero e proprio favore agli inquinatori.

  1. c) nei SIN le norme paradossalmente complicano e non semplificano l’iter di bonifica, allungandone i tempi, introducendo come detto il nuovo passaggio dell’indagine preliminare, ed escludendo, incredibilmente (infatti in tutti i passaggi che riguardano i SIN vi è sempre lo specifico richiamo all’applicazione del solo art.242), l’applicazione proprio ai SIN delle procedure semplificate introdotte nel 2014 all’art.242bis che, guarda caso, prevedono, proprio per velocizzare le bonifiche, interventi più radicali e restrittivi senza passare per la farraginosa analisi di rischio imponendo come obiettivi di bonifica per le sostanze pericolose direttamente le Concentrazioni Soglia di Contaminazione e non già le Concentrazioni Soglia di Rischio.

Queste ultime quasi sempre sono meno stringenti delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (ad esempio, nei terreni le CSC per l’arsenico sono fissate per legge 10 mg/kg; dopo l’analisi di rischio, se magari il terreno è coperto da una soletta di cemento, la CSR “accettabile” può diventare anche 1000 mg/kg).

Pertanto le bonifiche con l’art.242bis sono sicuramente più “profonde”, tutelando di più l’interesse generale.

Ovviamente le bonifiche fatte con l’analisi di rischio sono quasi sempre meno onerose per le aziende rispetto alla bonifica con obiettivo le CSC e non già appunto le CSR. Paradossalmente, quindi, proprio nei SIN in cui ci sarebbe l’urgenza di interventi profondi e risolutori si vieta di utilizzare la procedura più stringente per le bonifiche favorendo procedimenti più farraginosi, lenti, meno restrittivi e, spesso, meno costosi, per gli inquinatori. Un vero e proprio controsenso!

  1. d) Con l’articolo 52 si introduce la possibilità di realizzare in tutti i siti inquinati, compresi i SIN (e l’uso del termine “inquinati” è significativo in quanto la norma agisce su aree in cui con tutta evidenza ci sono superamenti dei limiti di legge) interventi e costruire opere di enorme portata, addirittura centrali per la produzione di energia e, in generale, tutti i progetti che saranno individuati con decreti successivi del Governo e con decisioni delle regioni.

Già questa indeterminatezza, che espropria il Parlamento del controllo sulla reale portata delle conseguenze di questo articolo, la dice lunga sull’impatto che può determinare questa norma sul futuro delle aree inquinate.

Il tutto, però, avverrebbe abrogando qualsiasi autorizzazione da parte delle autorità che oggi sovrintendono ai procedimenti di bonifica.

Una sostanziale deregulation, con il paradosso che le opere potranno essere realizzate con la blanda indagine preliminare e non già attraverso la stringente caratterizzazione, la ricerca dei contaminanti con una maglia precisa 50 m X 50 m.

Il tutto in siti inquinati! Anche qui, un vero controsenso!

Oltre alla deregulation sulle autorizzazioni, vi è anche quella sui controlli, che rispetto a quelli richiesti attualmente, vengono meno.

Tra l’altro questi interventi produrranno grandi quantità di rifiuti in assenza, appunto, di verifiche attente e approfondite. Sostanzialmente le aziende avranno mano libera quando, per fare le opere, basterebbe fare…le bonifiche!

Evidenziamo che anche in questa occasione si fanno molti favori agli inquinatori e si “dimenticano” i cittadini che abitano in questi siti e i loro diritti!

Ad esempio, perché non obbligare gli enti alla trasparenza totale dando pubblicità sui propri siti WEB istituzionali all’avvio dei procedimenti e a tutta la documentazione relativa allo stato di contaminazione, con i relativi aggiornamenti?

Perché non garantire la partecipazione dei cittadini riuniti in comitati ed associazioni, alle conferenze dei servizi, come pure avviene in alcune occasioni, con norme chiare che salvaguardino il diritto delle comunità di essere coinvolti in scelte che riguardano il futuro delle aree dove abitano e della loro salute?

Come mai non si prevedono norme stringenti sulle indagini epidemiologiche, con conseguenze chiare in caso di accertamento di problemi sanitari nella popolazione derivante dall’esposizione ai contaminanti?

PROPOSTE

1)Eliminare i due articoli in questione.

Introdurre:

2) obbligo di pubblicazione sui siti WEB delle autorità competenti dell’avvio dei procedimenti che riguardano le bonifiche nonché di tutta la documentazione del procedimento;

3) obbligo di pubblicazione sui siti WEB istituzionali di tutti i dati dei monitoraggi;

4) prevedere che siano obbligatoriamente invitati alle conferenze dei servizi le associazioni di protezione ambientale nonché i comitati costituiti che facciano richiesta, con diritto di parola;

5) introdurre penalizzazioni chiare per i funzionari che non fanno rispettare i termini temporali per la conclusione dei procedimenti di bonifica.

Ad esempio, la decadenza automatica da RUP e la penalizzazione economica, anch’essa automatica, fino al licenziamento in caso di reiterato ritardo;

6) visto che l’intento dichiarato è quello della semplificazione, eliminare la farraginosa analisi di rischio prevedendo che i progetti di bonifica debbano raggiungere come obiettivo di bonifica direttamente le Concentrazioni Soglia di Contaminazione.

Oggi l’analisi di rischio viene utilizzata di fatto per cercare di ottenere obiettivi di bonifica più blandi (cioè le concentrazioni finali a cui riportare gli inquinanti in terreni e acque).

L’analisi di rischio dovrebbe rimanere solo per casi particolari, ad esempio, quando sia accertato tecnicamente (vedi i casi di assenza di tecnologie adeguate) che non possono essere raggiunte le concentrazioni soglia di contaminazione.

7)porre in capo al soggetto competente per i procedimenti di bonifica l’individuazione del responsabile della contaminazione in senso amministrativo.

Oggi, in base all’att.244, la competenza è delle province che, con le riforme che si sono succedute, spessissimo non hanno il personale adeguato per svolgere questa mansione così delicata.

Proprio per questo moltissimi siti rimangono “orfani” (cioè quelli in cui non è stato individuato il soggetto responsabile dell’inquinamento) determinando la stasi delle bonifiche oppure, quando va bene, l’intervento dell’ente pubblico, con conseguente socializzazione delle spese di bonifica.

Il DL “Semplificazioni” nella parte relativa alla Valutazione di Impatto Ambientale (trattata negli articoli 50, 51, 56 e 60) non solo taglia i diritti dei cittadini alla partecipazione ma paradossalmente complica ulteriormente i procedimenti di valutazione, moltiplicando commissioni, passaggi, percorsi amministrativi senza colpire la vera causa dei ritardi, endemici presso il ministero dell’Ambiente e spesso riscontrabile anche in alcune regioni, nell’esame della documentazione relativa ai progetti. I procedimenti durano anni a causa delle burocrazie ministeriali poco efficienti e di norme che non costituiscono un deterrente reale a contrastare inadempienze. È quindi increscioso che si cerchi, magari con testi avallati proprio dai dirigenti ministeriali responsabili per tale situazione, di “scaricare” le conseguenze di comportamenti inadeguati sui cittadini tagliando il loro diritto alla partecipazione che già oggi incide in minima parte sui tempi del procedimento (invitiamo a verificare consultando un qualsiasi progetto oggi in Valutazione di Impatto Ambientale presso il Ministero dell’Ambiente).

Sottolineiamo che diverse norme sono pure a forte rischio di procedura d’infrazione europea, come l’elusione della Valutazione Ambientale Strategica per le opere in variante di piani portuali e aeroportuali approvati e della stessa VIA per il potenziamento di opere già esistenti.

È ancora paradossale che in un Decreto che vorrebbe “semplificare” si aumentino le cosiddette “poltrone” istituendo una seconda Commissione V.I.A., quella che sarà demandata ad esaminare i progetti afferenti il Piano Clima-Energia (PNIEC: piano che, a dispetto del nome, propone numerose opere “fossili”, dai gasdotti alle centrale termolettriche a metano), moltiplicando anche le tipologie e i percorsi dei procedimenti con una diversificazione (tra procedimenti “PNIEC” e non “PNIEC”; tra percorso con conferenza dei servizi o senza conferenza dei servizi ecc.) che non fa che rendere ancora più farraginoso e arbitrario il sistema anche per gli stessi proponenti, che potranno essere trattati da “serie A” e da “serie B”!

È altrettanto significativo che a soli tre anni dal D.l. 104/2017, entrato in vigore nel luglio di quell’anno, che ha già cercato di “velocizzare” la V.I.A. con scelte già allora azzardate, tanto da rimediare l’avvio di una procedura d’infrazione da parte della Commissione Europea, si ritorni nuovamente a modificare le norme sempre con il mantra della “semplificazione” usato ogni volta che non si vuole realmente individuare le causa delle inefficienze della pubblica amministrazione colpendone i responsabili.

Arriviamo al punto che progetti la cui valutazione è ancora in corso presso il ministero da prima del luglio 2017 saranno stati gestiti con tre normative diverse! Crediamo che questo tourbillon di norme e “normette” alla fine serva da un lato ai dirigenti ministeriali per  nascondere le proprie responsabilità aumentandone ulteriormente il potere e dall’altro di rendere la procedura di V.I.A. un mero orpello, un timbro in più da mettere sui progetti svuotandola del suo significato originario fissato dalla Direttiva comunitaria che la istituisce: la valutazione dei reali impatti su salute dei cittadini e ambiente dei progetti.

La Corte Costituzionale, con la Sentenza 81/2013, ha autorevolmente affermato che la V.I.A. è un procedimento estremamente complesso dovendo bilanciare interessi molto diversi che incidono su diritti fondamentali.

Incide, cioè, sulla “carne viva” delle comunità e per questo ha stabilito che non deve essere appannaggio del solo burocrate. Scrive la Corte: “il legislatore regionale ha attribuito alla Giunta il potere di decidere sulla valutazione di impatto ambientale di interesse provinciale o regionale; tuttavia, tale potere decisionale deve tener conto, per espressa previsione legislativa, dell’attività istruttoria svolta dai dirigenti regionali. La scelta realizzata dal legislatore regionale determina una divisione di competenze tra la Giunta e i dirigenti regionali che non appare irragionevole, anche in considerazione della particolare complessità della VIA. In quest’ultimo atto, infatti, a verifiche di natura tecnica circa la compatibilità ambientale del progetto, che rientrano nell’attività di gestione in senso stretto e che vengono realizzate nell’ambito della fase istruttoria, possono affiancarsi e intrecciarsi complesse valutazioni che – nel bilanciare fra loro una pluralità di interessi pubblici quali la tutela dell’ambiente, il governo del territorio e lo sviluppo economico – assumono indubbiamente un particolare rilievo politico.

In ragione di ciò, il riparto di competenze previsto dalla disposizione censurata, in un ambito caratterizzato da un intreccio di attività a carattere gestionale e di valutazioni di tipo politico, non viola l’art. 97 Cost.” Può un procedimento così delicato essere trattato come un mero appesantimento dei procedimenti, portando ai seguenti tagli dei tempi assegnati ai cittadini e agli enti locali per produrre osservazioni su progetti spesso costituiti da centinaia di elaborati di migliaia di pagine?

Ci chiediamo: come mai non si bilancia lo strapotere – a volte sarebbe meglio dire arbitrio – dei funzionari ministeriali inserendo contrappesi utili a definire in maniera più efficiente ed efficace i procedimenti? A partire da nuove norme sulla trasparenza e sul merito e di deterrenza rispetto a comportamenti irregolari e omissivi.

Ad esempio, come mai non si aumenta almeno la “dose” di trasparenza e di “merito” nei procedimenti?

Alcune regioni, anche piccole, che paradossalmente hanno tempi molto più brevi per l’esame dei progetti in V.I.A., hanno introdotto da tempo norme sulla trasparenza e partecipazione che hanno previsto che gli ordini del giorno della commissione V.I.A. regionale sono resi pubblici con un anticipo di una settimana e che cittadini ed enti locali possono essere auditi in sede di commissione, cosa oggi del tutto impensabile presso la Commissione V.I.A. nazionale dove viene sentito il proponente.

PROPOSTE EMENDATIVE E ANALISI DEI SINGOLI COMMI Riteniamo che il Parlamento debba modificare il testo intanto eliminando storture e ripristinando i tempi per le osservazioni dei cittadini, premiando trasparenza, merito e partecipazione attiva. 1) eliminare il doppione della Commissione “PNIEC”;

2) eliminare la parte relativa alla definizione, con esclusione di passaggi parlamentari, dei progetti che rientrano nel PNIEC, e delle relative procedure “speciali” di valutazione;

3) riportare a 45 giorni i termini per le osservazioni nelle procedure di Verifica di Assoggettabilità a V.I.A.;

4) riportare a 60 giorni tutti i termini per le osservazioni per la Valutazione di Impatto Ambientale;

5) inserire l’obbligo di pubblicare sui siti WEB istituzionali entro una settimana dalla sua convocazione gli ordini del giorno delle commissioni V.I.A., nazionali e regionali (qualora esistenti), come avviene da 8 anni nella regione Abruzzo;

6) prevedere che le audizioni presso la Commissione V.I.A. (e quella PNIEC qualora si dovesse malauguratamente confermare la sua esistenza) su richiesta dei soggetti interessati (associazioni, enti locali ecc.) siano di norma assentite come avviene da anni in Abruzzo, potendo negarle solo in casi ben circoscritti.

È incredibile che la Commissione VIA oggi non senta, ad esempio, sindaci di città (in passato è accaduto addirittura che sono rimasti letteralmente fuori dalla porta) ascoltando solo i rappresentanti delle aziende che propongono i progetti.

7) Prevedere che l’avvio dei procedimenti di V.A.-V.I.A. sia comunicato sempre, anche nei casi di cui all’art.27, per PEC alle associazioni ambientaliste riconosciute a scala nazionale. Prevedere l’affissione di manifesti nei comuni interessati dalle opere con l’avviso di avvio del procedimento per i procedimenti di V.I.A.;

8)Visto che i dirigenti ministeriali, al contrario di quelli di alcune regione, sono “allergici” ad attivare su alcuni progetti la cosiddetta “inchiesta pubblica”, prevista fin dal 2006 ma mai applicata a livello nazionale nonostante siano stati esaminati nel frattempo centinaia di progetti, inserire all’art.24 – bis una % minima di inchieste pubbliche sui progetti presentati ogni anno e prevedere soglie molto più basse di firme di cittadini e di adesioni di comuni da raccogliere per richiedere l’avvio dell’inchiesta pubblica, rendendola anche obbligatoria in questi casi (oggi, anche dopo la raccolta di firme, i dirigenti ministeriali potrebbero anche decidere di non farla lo stesso).

9) penalizzare i funzionari inadempienti prevedendo la decadenza, dopo diffida, della Commissione V.I.A. in caso di ritardi reiterati, nonché quella del R.U.P., in automatismo (ad esempio, dopo 2 ritardi nello stesso anno).

Idem per quanto riguarda i ruoli dirigenziali del ministero, con la sostituzione automatica degli stessi in caso di ritardo reiterato su più pratiche.

10) non si può continuare a svolgere le Verifiche di Ottemperanza stando sulla sedia negli uffici ministeriali senza ed esaminando esclusivamente le “carte” che arrivano dal proponente (che dovrebbe autodenunciarsi del mancato rispetto delle condizioni ambientali!). Pertanto riformulare l’art.28 comma 2 prevedendo che le condizioni ambientali siano verificate sul campo con un vero e proprio “collaudo ambientale“.

11) i titoli dovrebbero decadere automaticamente in caso di mancata comunicazione sulle ottemperanze (dopo diffida) prevedendo altresì almeno la sospensione dei procedimenti per nuovi progetti da parte dello stesso soggetto senza che siano state definite le verifiche per quelli già realizzati (una sorta di DASPO che alcune amministrazioni regionali già stanno attuando davanti ad inadempienze di aziende sul punto);

12) prevedere un sistema di forte deterrenza (decadenza della Commissione/RUP ecc.) per l’eventuale omissione da parte delle strutture amministrative dell’istruttoria circa eventuali difformità nell’esecuzione delle opere segnalate dal pubblico o da altri enti, di cui all’art.29 comma 2;

13)eliminare l’art.29 comma 3 che nel 2017 ha introdotto la cosiddetta “VIA in sanatoria” anche “postuma” senza neanche una deterrenza reale in considerazione dell’ammontare irrisorio delle sanzioni amministrative (da 20.000 euro a 100.000 euro; si pensi a quanto può guadagnare una grande cava o un grande impianto industriale).

14)riformulare l’art.27, escludendo percorsi specifici e differenziali per il PNIEC per quanto riguarda il rilascio degli altri titoli abilitativi che incredibilmente non dovrebbero essere collegati, secondo il testo del Decreto, ad un Decreto V.I.A. del Ministro.

Per le opere che sono realizzate in variante dei piani portuali e aeroportuali, pure in modifica di piani originariamente approvato con Valutazione Ambientale Strategica (VAS), non si deve più fare la VAS.

È sufficiente che l’opera in questione ricada tra quelle per le quali l’ordinamento italiano determina che l’autorizzazione produce la cosiddetta “variante automatica”. Intanto le norme che hanno introdotto da tempo le cosiddette “varianti automatiche” senza V.A.S. sono in contrasto con la Sentenza della Corte di Giustizia Europea Sentenza C-295/10 del 22/09/2011 che impone comunque il rispetto delle procedure di V.A.S. nelle varianti di piani e programmi. In questo caso, però, si elude chiaramente la Direttiva 42/2001/CE sulla V.A.S. e si svuota quel procedimento per porti e aeroporti perché si va a cambiare l’esito di V.A.S. già realizzate.

Nella vita reale accade che si approva il piano portuale e aeroportuali con la trasparenza e partecipazione in ottemperanza alle norme sulla VAS, appunto.

Magari ci sono voluti anni.

Poi arriva un’opera che non risponde al Piano approvato e si introduce questa “deroga” alla V.A.S. per approvarla. Tra l’altro, di opera in opera “in deroga”, si potrebbe arrivare a realizzare un porto o un aeroporto totalmente diverso dal Piano approvato!

Quindi alla fine magari avrai un piano, approvato evidentemente sulla base di studi e valutazioni tecniche, stravolto. Ad esempio, magari il Piano aveva concluso che una pista o un attracco dovevano essere lunghi 1 km verso, per dire, nord ma alla fine sul campo uno si ritrova l’opera fatta più corta e magari in un’altra direzione, in totale difformità con un piano pure approvato!

Un vero e proprio paradosso che porterebbe a contenziosi infiniti. Che senso ha approvare i piani portuali e aeroportuali se tanto si può sempre derogare: non è meglio abolirli allora e lasciare spazio ad interventi “arlecchino” fuori pianificazione?

*** PARLAMENTO ESPROPRIATO PER DECIDERE IL FUTURO DELLE OPERE “

  1. c) all’articolo 7-bis: 1) dopo il comma 2 e’ inserito il seguente: “2-bis. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, del Ministro dello sviluppo economico, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministro per i beni e le attivita’ culturali e per il turismo, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, individua, con uno piu’ decreti, successivamente aggiornati, ove necessario, con cadenza semestrale, le tipologie di progetti e le opere necessarie per l’attuazione del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), nonche’ le aree non idonee alla realizzazione di tali progetti o opere, tenendo conto delle caratteristiche del territorio, sociali, industriali, urbanistiche, paesaggistiche e morfologiche, con particolare riferimento all’assetto idrogeologico e alle vigenti pianificazioni, da sottoporre a verifica di assoggettabilita’ o a VIA in sede statale ai sensi del comma 2.” Il comma, alla faccia della semplificazione, prevede un ennesimo percorso di valutazione diverso rispetto a quelli ordinari per le opere del Piano Clima Energia, escludendo il Parlamento nella procedura dell’individuazione delle opere che possono avvalersi di tale nuovo procedimento.

Addirittura si prevede che tale elenco di opere possa variare ogni sei mesi, sempre senza passare per il Parlamento. Cioè ad ogni cambio di Governo si modifica l’elenco generando vero e proprio caos con procedimenti “a la carte”?

Interessante invece la previsione relativa all’individuazione di aree potenzialmente non idonee a questo gruppo di categorie di opere.

Peccato, però, che non si preveda la Valutazione Ambientale Strategica per i decreti che le individuano.

A tal proposito richiamiamo la sentenza 8 maggio 2019, C- 305/18 della Corte di Giustizia sul decreto attuativo dello Sblocca Italia che ha bocciato il decreto del Ministero dell’Ambiente sulla capacità di incenerimento proprio per la mancanza di V.A.S. . Assegnare inoltre la possibilità di modificare con cadenza semestrale anche le aree idonee appare pericoloso, in quanto una pianificazione non deve poter essere cambiata ogni sei mesi, aprendo magari ad interventi di modifica dettati da logiche parziali e magari “interessate”.

*** IL RADDOPPIO DELLE “POLTRONE”: LA COMMISSIONE “PNIEC” AFFIANCA LA COMMISSIONE “VIA” NAZIONALE

“d) all’articolo 8: 1) dopo il comma 2 e’ inserito il seguente: “2-bis. Per lo svolgimento delle procedure di valutazione ambientale di competenza statale dei progetti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all’articolo 7-bis, comma 2-bis, e’ istituita la Commissione Tecnica PNIEC, posta alle dipendenze funzionali del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, e formata da un numero massimo di venti unita’, in possesso di laurea specialistica o magistrale ovvero del diploma di laurea, con almeno cinque anni di esperienza professionale e con competenze adeguate alla valutazione tecnica ed ambientale dei predetti progetti, individuate in base all’articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127, tra il personale di ruolo del CNR, dell’ISPRA, dell’ENEA e dell’ISS, secondo le modalita’ di cui al comma 2, secondo periodo. Nella nomina dei membri e’ garantito il rispetto dell’equilibrio di genere.

I componenti della Commissione Tecnica PNIEC sono nominati con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di cui all’articolo 7-bis, comma 2-bis.

I componenti della Commissione Tecnica PNIEC restano in carica quattro anni e sono rinnovabili per una sola volta. Ai commissari spetta una indennita’ aggiuntiva definita con le modalita’ di cui al comma 5, esclusivamente in ragione dei compiti istruttori effettivamente svolti e solo a seguito dell’adozione del relativo provvedimento finale. Per lo svolgimento delle istruttorie tecniche la Commissione puo’ avvalersi, tramite appositi protocolli d’intesa, del Sistema nazionale a rete per la protezione dell’ambiente a norma della legge 28 giugno 2016, n. 132, e degli altri enti pubblici di ricerca. La Commissione opera con le modalita’ previste dall’articolo 20, dall’articolo 21, dall’articolo 23, dall’articolo 24, dai commi 1, 2-bis, 3, 4, 5, 6 e 7 dell’articolo 25, e dall’articolo 27, del presente decreto.”;

Invece di perseguire l’obiettivo di “semplificare” si raddoppiano “le poltrone”, facendo nascere una nuova commissione VIA nazionale che affiancherà quella esistente. Facciamo notare che il Ministro Costa ha impiegato due anni e mezzo solo per cambiare i membri dell’attuale commissione VIA nazionale.

*** IL PRIMO TAGLIO ALLA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI “4. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 3 e dall’avvenuta pubblicazione sul sito internet della relativa documentazione, chiunque abbia interesse puo’ presentare le proprie osservazioni all’autorita’ competente in merito allo studio preliminare ambientale e alla documentazione allegata.” Nella procedura di verifica di Assoggettabilità a V.I.A si tagliano i termini per la partecipazione dei cittadini con le osservazioni passando da 45 gg a 30 gg. Già adesso i cittadini fanno fatica a partecipare. La partecipazione è un passaggio fondamentale per definire e, se possibile, comporre gli esiti di posizioni confliggenti. Così invece si esacerba il distacco tra cittadini e istituzioni.

Se si prende un progetto che oggi è in questa procedura, si comprende facilmente di cosa stiamo parlando (https://va.minambiente.it/it-IT/Oggetti/Info/7437).

Quasi 200 elaborati tecnici. Pensare che un volontario si accorga del progetto (migliaia di cittadini devono per caso consultare ogni giorno il sito del ministero per anni per verificare in tempo se ci sono progetti che riguardano casa loro?), legga tutte le carte con migliaia di pagine e produca le osservazioni in un lasso così breve di tempo è utopia.

*** INADEMPIENZE SENZA CONSEGUENZE PER CHI LE COMMETTE

“1) al comma 2, primo periodo, dopo le parole “Nel caso di progetti di competenza statale” sono inserite le seguenti: “, ad esclusione di quelli di cui all’articolo 7-bis, comma 2-bis,” dopo il terzo periodo e’ inserito il seguente: “Decorsi inutilmente i termini di cui al periodo precedente senza che la Commissione competente di cui all’articolo 8 si sia espressa, il direttore generale della competente Direzione Generale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro i successivi sessanta giorni, e sulla base del parere dell’ISPRA acquisito entro il termine di trenta giorni, trasmette il provvedimento di VIA al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare per la conseguente adozione.” ,nonche’ al quarto periodo le parole “sessanta giorni” sono sostituite dalle seguenti: “trenta giorni” e le parole “trenta giorni” sono sostituite dalle seguenti: “quindici giorni” e al quinto periodo dopo le parole “Ministro dei beni e delle attivita’ culturali e del turismo” sono aggiunte le seguenti: “nonche’ qualora sia inutilmente decorso il termine complessivo di duecentodieci giorni, a decorrere dall’avvio del procedimento per l’adozione del provvedimento di VIA”;

Il caso in cui interviene il direttore del Ministero in caso di inadempienza della Commissione V.I.A. incredibilmente non prevede meccanismi di deterrenza per evitare all’origine che tali problemi si manifestino.

Ad esempio, bisogna introdurre penalizzazioni o decadenza automatica per i soggetti inadempienti.

*** ALTRO CHE SEMPLIFICAZIONE, I DIVERSI PROCEDIMENTI SI MOLTIPLICANO!

“2) dopo il comma 2 e’ inserito il seguente: “2-bis. Per i progetti di cui all’articolo 7-bis, comma 2-bis, la Commissione di cui all’articolo 8, comma 2-bis, si esprime entro il termine di centosettanta giorni dalla pubblicazione della documentazione di cui all’articolo 23 predisponendo lo schema di provvedimento di VIA. Nei successivi trenta giorni, il direttore generale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare adotta il provvedimento di VIA, previa acquisizione del concerto del competente direttore generale del Ministero per i beni e le attivita’ culturali e per il turismo entro il termine di quindici giorni.

Nel caso di consultazioni transfrontaliere il provvedimento di VIA e’ adottato entro il termine di cui all’articolo 32, comma 5-bis.

In caso di inerzia nella conclusione del procedimento, il titolare del potere sostitutivo, nominato ai sensi dell’articolo 2 della legge 7 agosto 1990 n. 241, acquisito, qualora la competente commissione di cui all’articolo 8 non si sia pronunciata, il parere dell’ISPRA entro il termine di trenta giorni, provvede al rilascio del provvedimento entro i successivi trenta giorni.

” Il “raddoppio” delle commissioni che valutano i progetti introducendo quella PNIEC determina un’ulteriore complicazione invece di semplificare.

*** IL SECONDO TAGLIO ALLA PARTECIPAZIONE DEI CITTADINI

“6. Entro cinque giorni dalla verifica della completezza documentale, ovvero, in caso di richieste di integrazioni, dalla data di ricevimento delle stesse, l’autorita’ competente indice la conferenza di servizi decisoria di cui all’articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241 che opera secondo quanto disposto dal comma 8. Contestualmente l’autorita’ competente pubblica l’avviso di cui all’articolo 23, comma 1,lettera e), di cui e’ data comunque informazione nell’albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate.

Tale forma di pubblicita’ tiene luogo delle comunicazioni di cui agli articoli 7 e 8, commi 3 e 4, della legge n.241 del 1990.

In alternativa, la pubblicazione puo’ avvenire a cura del proponente, secondo le modalita’ tecniche di accesso al sito internet istituzionale dell’autorita’ competente tempestivamente indicate da quest’ultima.

Dalla data della pubblicazione della suddetta documentazione, e per la durata di trenta giorni, il pubblico interessato puo’ presentare osservazioni concernenti la valutazione di impatto ambientale, la valutazione di incidenza ove necessaria e l’autorizzazione integrata ambientale nonche’ gli altri titoli autorizzativi inclusi nel provvedimento unico ambientale.”; I termini per la partecipazione del pubblico scendono a 30 giorni da 60 per un procedimento di V.I.A. nazionale!

Gli elaborati di una V.I.A. per una raffineria, per un progetto petrolifero, per un grande gasdotto ecc. sono spesso centinaia con migliaia di pagine con contenuto tecnico.

Come si pensa di garantire il diritto del cittadino ad intervenire sul futuro del proprio territorio in maniera informata e consapevole. Così, invece che far crescere il livello delle osservazioni, si determinerà il ricorso a slogan di contrapposizione aumentando la “dose” di conflittualità , magari su situazioni che possono essere composte con un approccio serio e non banalizzante.

Inoltre per una stessa categoria di opera, diciamo una raffineria, se si fa la procedura ordinaria ci sono 60 giorni di tempo per produrre osservazioni, se si va in procedura con conferenza dei servizi si scenda a 30 giorni. Per la stessa esatta opera! Riteniamo che tale disparità di tempo concesso solo in base al procedimento attuato per una stessa categoria di opera sia anti-costituzionale in quanto illogico e irragionevole essendo la VIA una procedura con valutazioni in ordine al contenuto tecnico che per essere elaborate necessitano di tempi adeguati.

*** L’ULTERIORE TAGLIO DELLA PARTECIPAZIONE

3) il comma 7 e’ sostituito dal seguente: “7. Entro i successivi quindici giorni l’autorita’ competente puo’ chiedere al proponente eventuali integrazioni assegnando allo stesso un termine perentorio non superiore a quindici giorni. Su richiesta motivata del proponente l’autorita’ competente puo’ concedere, per una sola volta, la sospensione dei termini per la presentazione della documentazione integrativa per un periodo non superiore a novanta giorni. Qualora entro il termine stabilito il proponente non depositi la documentazione integrativa, l’istanza si intende ritirata ed e’ fatto obbligo all’autorita’ competente di procedere all’archiviazione. L’autorita’ competente procede immediatamente alla pubblicazione delle integrazioni sul sito internet istituzionale e dispone, entro cinque giorni dalla ricezione della documentazione integrativa, che il proponente trasmetta, entro i successivi dieci giorni, un nuovo avviso al pubblico, predisposto in conformita’ all’articolo 24, comma 2, del presente decreto, da pubblicare a cura della medesima autorita’ competente sul proprio sito internet e di cui e’ data comunque informazione nell’albo pretorio informatico delle amministrazioni comunali territorialmente interessate. In alternativa, la pubblicazione dell’avviso puo’ avvenire a cura del proponente, secondo le modalita’ tecniche di accesso al sito internet istituzionale dell’autorita’ competente tempestivamente indicate da quest’ultima. In relazione alle modifiche o integrazioni apportate al progetto e alla documentazione, i termini di cui al comma 6 per l’ulteriore consultazione del pubblico sono ridotti alla meta‘.”;

I cittadini avranno 15 giorni per poter depositare osservazioni sulle integrazioni progettuali, spesso composte da migliaia di pagine.

*** ULTERIORE POTERE AI DIRIGENTI MINISTERIALI “

4) il comma 8 e’ sostituito dal seguente: “8. Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall’articolo 32, comma 2, per il caso di consultazioni transfrontaliere, al fine di acquisire il provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi in materia ambientale richiesti dal proponente, l’autorita’ competente convoca nel termine di cui al comma 6, una conferenza di servizi decisoria che opera in modalita’ simultanea secondo quanto stabilito dall’articolo 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241.

Alla conferenza partecipano il proponente e tutte le amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate al rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi ambientali richiesti dal proponente.

Per i progetti di cui all’articolo 7-bis, comma 2-bis, alla conferenza partecipano in ogni caso il direttore generale del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare o un suo delegato e il direttore generale del Ministero per i beni e le attivita’ culturali e per il turismo o un suo delegato.

La conferenza, nell’ambito della propria attivita’, prende in considerazione le osservazioni e le informazioni raccolte in sede di consultazione ai sensi dei commi 6 e 7, e conclude i propri lavori nel termine di duecentodieci giorni.

La determinazione motivata di conclusione della conferenza di servizi, che costituisce il provvedimento unico in materia ambientale, reca l’indicazione espressa del provvedimento di VIA ed elenca, altresi’, i titoli abilitativi compresi nel provvedimento unico.

Fatto salvo quanto previsto per i progetti di cui all’articolo 7-bis, comma 2-bis, la decisione di rilasciare i titoli di cui al comma 2 e’ assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attivita’ culturali e per il turismo, ai sensi dell’articolo 25.

I termini previsti dall’articolo 25, comma 2, quarto periodo, sono ridotti alla meta’ e, in caso di rimessione alla deliberazione del Consiglio dei ministri, la conferenza di servizi e’ sospesa per il termine di cui all’articolo 25, comma 2, quinto periodo.

Tutti i termini del procedimento si considerano perentori ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 2, commi da 9 a 9-quater, e 2- bis della legge n. 241 del 1990.”; Le burocrazie ministeriali aumentano di potere rispetto agli stessi ministri.

Per i soli progetti “Pniec” la decisione di rilasciare i titoli autorizzatori non si farà sulla base del Decreto ministeriale di V.I.A. rimanendo così in capo ai soli funzionari coinvolti nella conferenza dei servizi. Inoltre il provvedimento unico viene rilasciato con le procedure della Legge 241/1990, art.14ter, dove il parere conclusivo si forma sulla base delle “posizioni prevalenti” espresse dalle amministrazioni. L’A.I.A. e le altre autorizzazioni potrebbe essere rilasciata per “posizioni prevalenti” grazie all’intervento dei funzionari di amministrazioni non direttamente competente per queste autorizzazioni?

*** ALTRO TAGLIO ALLA PARTECIPAZIONE: LE VIA REGIONALI “

  1. o) all’articolo 27-bis: 1) al comma 2, le parole “Entro quindici giorni” sono sostituite dalle seguenti: “Entro dieci giorni”; 2) al comma 4, ultimo periodo, le parole “sessanta giorni” sono sostituite dalle seguenti: “quarantacinque giorni”; Anche qui vengono ridotti i termini per la partecipazione dei cittadini ai procedimenti di V.I.A. ci competenza regionale che passano da 60 a 45.

A testimonianza dell’illogicità delle norme introdotte con questo decreto vi è il paradosso che per una V.I.A. nazionale, su progetti notevolmente più impattanti, svolta con conferenza dei servizi (art.27), si daranno meno giorni (30) rispetto ad una V.I.A. di carattere regionale. Tale configurazione appare anti-costituzionale per manifesta illogicità.

*** LA NORMA “SPOT” PER I DEPOSITI DI IDROCARBURI E ALTRE SOSTANZE CHIMICHE

“q) all’allegato II, punto 8), della parte seconda, le parole “di petrolio, prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacita’ complessiva superiore a 40.000 m3” sono sostituite dalle seguenti: “di petrolio, prodotti chimici, prodotti petroliferi e prodotti petrolchimici con capacita’ complessiva superiore a 200.000 tonnellate“; Norma “spot” che determina che gli stoccaggi di petrolio e altre sostanze di capacità tra 40.000 e 200.000 mc che oggi fanno la V.I.A. nazionale ora sono “declassate” a semplice verifica di assoggettabilità a V.I.A. di carattere regionale.

Chissà perché?

 ART. 51 *** OVVERO L’ELUSIONE DELLA V.I.A

L’articolo 51 prevede che gli interventi di potenziamento o dell’adeguamento della sicurezza di opere stradali, ferroviarie e idriche possano non essere sottoposte a procedura di V.I.A. Viene quindi potenzialmente sottratto alle V.I.A. un numero enorme di opere, per intere categorie progettuali. La V.I.A. è obbligatoria per interventi che hanno “potenzialmente” incidenza sull’ambiente e sulla salute. La Direttiva VIA individua esattamente tali categorie di opere; la stessa direttiva impone di sottoporre alla procedura anche tutte le estensioni e modifiche dei progetti che rientrano in tali categorie. Solo la procedura di V.I.A., pertanto, comprensiva della fase di partecipazione del pubblico anch’essa obbligatoria, può stabilire se un’opera rientrante in una di quelle categorie e una sua variante o estensione produce impatti.

Il Decreto al contrario demanda alla sola valutazione del funzionario eludendo anche la fase di contraddittorio con il pubblico interessato, svuotando altresì di significato l’elenco delle categorie inserito nella direttiva comunitaria.

L’articolo prevede che questa ennesima nuova procedura si applichi sia per l’adeguamento della sicurezza delle opere sia per gli interventi di “potenziamento”, non meglio precisati.

Per la messa in sicurezza esistono già norme che prevedono già oggi procedure estremamente semplificate per la V.I.A. Inoltre, la procedura di Verifica Preliminare di cui all’art.6, introdotta nel 2017, oggi già consente, per una variante su una singola opera, di non fare la V,.I.A. in caso di interventi migliorativi dal punto di vista ambientale. In molti casi, quindi, per la risoluzione della sacrosanta questione del miglioramento dei margini di sicurezza di un’opera ci si può già avvalere di questa procedura già esistente.

L’articolo in questione determina quindi l’elusione della Direttiva VIA con conseguente rischio di apertura di una procedura d’infrazione comunitaria o di bocciature come avvenuto per il de- creto sulla capacità d’incenerimento, che poi determinerebbero il vero e proprio caos sulle opere nel frattempo realizzate con tale procedura elusiva, dovendo le stesse essere poi sanate “a posteriori” con tutto ciò che ne consegue (anche per le sanzioni).

ART. 56 *** ALTRE ELUSIONE DELLA V.I.A. A RISCHIO INFRAZIONE

“1. Al decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 4, dopo il comma 6 e’ aggiunto il seguente: “6-bis. Nel caso di progetti di modifica di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili afferenti a integrali ricostruzioni, rifacimenti, riattivazioni e potenziamenti, la valutazione di impatto ambientale ha ad oggetto solo l’esame delle variazioni dell’impatto sull’ambiente indotte dal progetto proposto.”;

Anche questo articolo appare completamente contrario alle previsioni della Direttiva Comunitaria VIA anche per il solo fatto che la V.I.A. prevede la valutazione della localizzazione e dell’effetto cumulo con altri impianti e opere.

A volte si tratta di opere mai sottoposte a V.I.A. in quanto realizzate prima dell’entrata in vigore della Direttiva; si pensi alle centraline idroelettriche abbandonate da decenni e per cui spesso ci sono progetti di riattivazione!

ART.60 *** LA VERIFICA ARCHEOLOGICA SI FA DOPO LA V.I.A. “Il provvedimento di VIA puo’ essere adottato in pendenza della verifica di cui all’articolo 25 del decreto legislativo n. 50 del 2016, che deve in ogni caso essere effettuata prima dell’inizio dei lavori.”

L’articolo prevede che la verifica archeologica possa essere condotta anche dopo il rilascio del provvedimento di V.I.A. L’allegato VII del D.lgs.152/2006 “Contenuto degli studi di impatto ambientale di cui all’art.22”, impone che lo Studio di Impatto Ambientale che deve essere valutato appunto nella V.I.A. debba prevedere: “4. Una descrizione dei fattori specificati all’articolo 5, comma 1, lettera c), del presente decreto potenzialmente soggetti a impatti ambientali dal progetto proposto, con particolare riferimento…al patrimonio culturale, al patrimonio agroalimentare, al paesaggio, nonché all’interazione tra questi vari fattori. ” Inoltre al successivo punto 5 si prevede: “5. Una descrizione dei probabili impatti ambientali rilevanti del progetto proposto, dovuti, tra l’altro: d) ai rischi per la salute umana, il patrimonio culturale, ….” Come è possibile per la V.I.A. valutare l’impatto sul patrimonio culturale senza avere gli elementi a supporto delle scelte, che invece si cercheranno “a posteriori”?

CLIMA FOSSILI SPACCIATE PER GREEN ECONOMY: IL CASO DEI GASDOTTI

L’Art.60, inserito sotto il titolo “Semplificazioni in materia di Green Economy”, prevede una serie di facilitazioni per i…gasdotti, cioè opere che riguardano il trasporto di metano, una fonte energetica fossile, tra i più pericolosi gas-serra (84 volte più potente della CO2 sui venti anni).

Le recenti ricerche scientifiche dimostrano, inoltre, che proprio le opere della filiera del metano sono responsabili di perdite dirette in atmosfera del gas in quantità enormemente superiore a quella dichiarata dalle aziende. Pertanto è un vero e proprio paradosso spacciare per “green economy” la costruzione dei gasdotti.

Le cosiddette “semplificazioni” toccano in due commi la questione delicatissima degli usi civici, cioè beni collettivi tutelati a livello costituzionale e dalla legge 168/2017 (quello, che pare cucito per una situazione specifica in atto, relativo ai casi in cui un gasdotto interessa meno del 5% dell’area di uso civico e quello che riguarda il ruolo delle regioni in conferenza dei servizi per trattare il tema dell’uso civico) con cui le norme introdotte nel Decreto configgono in modo palese.

Si propone quindi di:

1) eliminare i gasdotti dall’articolo;

2) introdurre l’obbligo per ISPRA di realizzare, entro un anno, uno studio relativo alle perdite di metano nelle reti esistenti, anche attraverso l’uso dei satelliti europei messi in orbita allo scopo da alcuni anni.

LEGGE 241/1990 IL CASO DELLE CONFERENZE DEI SERVIZI: SILENZIO ASSENSO SENZA DETERRENZA PER I COMPORTAMENTI OMISSIVI. REINTRODURRE L’INTESA IN SENSO “FORTE” TRA STATO E REGIONI

Il decreto estende ulteriormente il cosiddetto “silenzio/assenso”, introducendo anche l’automatica decadenza di pareri rilasciati dalle autorità preposte ai vincoli anche con un solo giorno di ritardo rispetto ai termini. Senza prevedere il rafforzamento delle strutture pubbliche (quasi tutte in sofferenza di pianta organica) e una deterrenza specifica per sanzionare comportamenti omissivi da parte dei funzionari, questa nuova norma comporta una deresponsabilizzazione delle strutture pubbliche che lasceranno trascorrere i termini nei casi più “spinosi”, svilendo quei vincoli posti per la tutela dell’interesse pubblico a totale vantaggio di quello dei privati.

Pertanto si dovrebbero restringere queste ipotesi ai soli casi in cui la pianta organica dei relativi enti sia completa, prevedendo altresì una deterrenza automatica per i comportamenti omissivi reiterati.

In considerazione della continua e progressiva erosione della partecipazione e dello stravolgimento dei criteri decisionali, riteniamo indispensabile che il Parlamento ripristini forme di dialogo di alto profilo con le regioni coinvolte in progetti di grande impatto.

Si propone di sostituire l’articolo 1, comma 1, del Decreto legislativo 30 Giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell’articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124 – G.U. 13 luglio 2016, n. 162), che modifica l’art. 14-quater, comma 3, della Legge 241/1990 in materia di Decisione della Conferenza di Servizi, allo scopo di restituire alle Regioni un fondamentale strumento di esercizio e tutela delle prerogative democratiche, a garanzia delle ragioni dei territori. La sostituzione proposta consiste nella reintroduzione della disposizione a suo tempo cancellata, vale a dire la precedente versione dell’art. 14-quater, comma 3, della Legge 241/1990.

E’ necessario, a tal fine, che il Governo promuova una decisa iniziativa in sede di Conferenza Stato- Regioni, perché venga ripristinata la precedente versione del comma 3, art 14-quater, della Legge 241/1990. Richiamandosi alle disposizioni dell’articolo 57 del DL n.5 del 9 Febbraio 2012 “Disposizioni per le infrastrutture energetiche strategiche, la metanizzazione del mezzogiorno e in tema di bunkeraggio” – il cosiddetto Decreto “Semplifica Italia”, convertito nella Legge n.35 del 4 Aprile 2012 (recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo) – e dell’articolo 14-quater della legge n.241 del 7 Agosto 1990 “Nuove norme sul procedimento amministrativo”, il Governo a guida Gentiloni, a fine 2017, pur di accelerare la realizzazione di opere quali il progetto interregionale Tempa Rossa e la centrale di compressione gas di Sulmona, impose il “superamento della mancata intesa” con le Regioni Puglia ed Abruzzo, utilizzando l’escamotage di appellarsi alla “grande rilevanza strategica dell’opera per le politiche energetiche nazionali […]”.

E questo nonostante l’oggetto della mancata intesa fosse la materia energetica, rubricata a competenza di tipo concorrente, ai sensi dell’art. 117, comma 3, della vigente Costituzione. In sede di Conferenza Stato-Regioni tale materia avrebbe dovuto essere oggetto di Intesa raggiunta “in senso forte”, come più volte richiesto dalla stessa Corte Costituzionale, a maggior ragione dopo il maxi emendamento della Legge di Stabilità 2016 approvato per scongiurare i 6 quesiti referendari “No Triv” promossi da 10 Regioni.

Sul piano normativo si è generata una situazione di dubbia legittimità costituzionale, che sottrae di fatto agli Enti Locali un fondamentale strumento di esercizio e di tutela delle prerogative democratiche a garanzia delle ragioni dei territori.

Oggi l’Esecutivo, in virtù della parte del Dlgs n.127 del 30/06/2016 che modifica l’art. 14-quater, comma 3, della Legge 241/1990, dispone infatti del potere di superare l’opposizione delle Regioni, concedendo a suo piacimento la relativa “autorizzazione unica”.

Ciò significa che per tutte le concessioni delle autorizzazioni riguardanti ricerca, estrazione, trasporto, stoccaggio di idrocarburi liquidi e gassosi, lo Stato avrà mano libera, potendo utilizzare semplici delibere di “prosecuzione del procedimento dell’intesa di autorizzazione”.

E’ appena il caso di ricordare che presso il MISE si trovano nella fase conclusiva del procedimento (fase decisoria dal decreto VIA alla Conferenza dei Servizi e all’emanazione del decreto di conferimento MISE) decine di istanze di ricerca di idrocarburi su terraferma in diverse Regioni, oltre ad istanze di concessione di coltivazione e a nuove istanze di concessione di stoccaggio, anche queste prossime all’accoglimento.

PRIME ADESIONI ORGANIZZAZIONI NAZIONALI

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua

Fairwatch Campagna “Per il Clima, Fuori dal Fossile”

Altragricoltura,

Alleanza per la Sovranità Alimentare

Coordinamento Nazionale No Triv Rete Mamme da Nord a Sud

Attac Italia

Coordinamento Nazionale Tutela Fiumi

Free Rivers Italia

Peacelink

Ass. A Sud Onlus

Rete Legalità per il clima

Disarmisti Esigenti

Associazione Mediterranea per la Natura Onlus

Gruppo d’Intervento Giuridico Onlus

Medicina democratica Onlus

Organizzazione di Volontariato per la difesa diretta della flora e fauna acquatica Care The Oceans

Associazione Antimafie Rita Atria

Rete Commissioni Mensa Nazionale

Cobas Confederazione dei Comitati di Base

Salviamo L’Orso

Transform! Italia

Redazione emergenzaclimatica.it

CSEN Ambiente Gruppo di studio Assemblea popolare permanente per la difesa delle falde acquifere

Forum Ambientalista

COMITATI INTERREGIONALI

Viviamo il Liri – Comitato a difesa del Fiume Liri – Abruzzo-Lazio Emidio di Treviri – Gruppo di ricerca sul post terremoto dell’Appennino centrale Comitato per il Territorio delle Quattro Province

TRENTINO ALTO ADIGE Ambiente e Salute Bolzano

FRIULI No all’Incenerimento Sì al Riciclo Totale di Rifiuti -Fanna (PN)

PIEMONTE Non Una di Meno di Alessandria Comitato Stop Solvay di Alessandria Associazione mamme in piazza per la Libertà di Dissenso

LOMBARDIA Ass.eQual Mantova Comitato per la Salute, la Rinascita e la Salvaguardia del Centro storico di Brescia Mamme Castenedolo Brescia Mamme Contro l’inceneritore di Mantova Mamme No Smog Sud Milano Circolo Legambiente “La nostra terra” di Borgosatollo, Castenedeolo, Ghedi e Montirone APS Mamme Comitato Cittadini Calcinato

VENETO Comitato No Grandi Navi Salix in Mente – Padova ODV Comitato difesa ambiente territorio Spinea Forum Veneto Ambiente Salute Solidarietà Opzione Zero Riviera del Brenta Mamme NoPfas – genitori attivi – zone contaminate Vicenza senza Elettrosmog Comitato “Per il Bene Comune” – Vicenza No alla Discarica di Torretta-Verona/Rovigo Comitato popolare “lasciateci respirare” di Monselice (PD) Stop 5G Veneto No TaV Vicenza Comitato ambiente Territorio Vicenza Comitato Vicenza senza Elettrosmog Ass. CiLLSA (Cittadini per il Lavoro, la Legalità, la Salute e l’Ambiente, operante nell’Ovest Vicentino) Comitato di Redazione PFAS.land Comitato Acqua Bene Comune di Verona Comitato No Pedemontana Comitato Tutela Parco Faggi Sgaravatti Zero PFAS Padova

EMILIA ROMAGNA Comitato Notube – Prov. Piacenza Comitato Terme e Val Trebbia – Piacenza Circolo Legambiente Val Trebbia Circolo Legambiente “Emilio Politi” Piacenza Fipsas, sezione provinciale di Piacenza SOS Adriatico – Emilia Romagna Associazione Femminile Maschile Plurale – Ravenna Attac Piacenza

TOSCANA Acqua Bene Comune Pistoia Alleanza Beni Comuni Pistoia Comitato No Tunnel TAV di Firenze Associazione Acqua alla Gola” – Massa Associazione per i Diritti dei Cittadini ADiC Toscana Forum Toscano dei Movimenti per l’Acqua Comitato di Salute Pubblica Piombino – Val di Cornia Comitato Fermiamo la Guerra di Firenze SOS – La Piana del Casone – Scarlino GR – Toscana Obiettivo Periferia – Pistoia Comitato No-Wi-Fi Toscana Biodistretto del Montalbano Alleanza Beni Comuni- piana fiorentina

MARCHE Trivelle Zero Marche LAC – Lega per l’Abolizione della Caccia – Marche Comitato NO Pedemontana Matelica ENPA Marche Brigate Solidarietà Attiva Marche Laboratorio Falkatraz Onlus di Falconara marittima Associazione “Ornitologi Marchigiani” APS Gruppo Alterazione Climatica – Pesaro Ondaverde onlus Falconara Marittima Mal’aria Falconara Marittima Lupus in Fabula Associazione Ambientalista Ambiente e Salute nel Piceno

UMBRIA Comitato No Snam – Umbria Comitato No Devastazioni – Umbria

LAZIO Rete Per la Tutela della Valle del Sacco – RETUVASA Collettivo No al Fossile Civitavecchia Comitato S.O.L.E. Civitavecchia Assonautica Acque Interne Lazio e Tevere Rifiutiamoli

ABRUZZO Coordinamento No Hub del Gas Comitati Cittadini per l’Ambiente – Sulmona Brigate Solidarietà Attiva Abruzzo ERCI team Onlus Comitato No Stoccaggio Gas Poggiofiorito (CH) Stazione Ornitologica Abruzzese Onlus Abruzzo Social Forum Comitato Familiari Vittime Casa dello studente – Rete nazionale Noi non dimentichiamo Paese Comune – San Giovanni teatino APS I Colori del Territorio – Spoltore – Pe Comitato Difesa Comprensorio Vastese Mobilitazione Acqua Gran Sasso Forum H2O Abruzzo “Orsa Pro Natura Peligna” SULMONA Associazione IL SALVIANO – Centro Natura Marsica Il Martello del Fucino

MOLISE Comitato I Discoli del Sinarca – Molise Associazione “Mamme per la Salute e l’Ambiente onlus” Venafro Trivelle Zero Molise Ambiente Basso Molise Fondazione “Lorenzo Milani” Onlus – Termoli

CAMPANIA Comitato Donne 29 Agosto -Acerra Italia Nostra Sezione di Salerno Rete di Cittadinanza e Comunità- Terra dei Fuochi Stop Biocidio Mamme Vulcaniche Noi genitori di tutti – Onlus

PUGLIA Comitato Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti di Taranto Salute Pubblica, Brindisi Taranto Respira Forum Ambiente Salute e Sviluppo di Brindisi Famiglia Casto Marcello – del rione Tamburi di Taranto Comitato No Compostaggio Erchie Forum Ambiente Salute e Sviluppo di Brindisi Comitato Legamjonici Taranto Movimento NoTap/Snam Brindisi Associazione GiorgioForever Coordinamento No Triv – Terra di Taranto Gruppo Tamburi Combattenti, Taranto Verdi, Ambiente e Società Salento Associazione APULIA Terra Natura Zampe Onlus Ass. Verdi Solecheride Il Popolo degli Ulivi Puglia Associazione Terra Mia – Melendugno Giustizia per Taranto

BASILICATA Ass.Cova Contro Onlus COMITATO MAMME LIBERE (di Policoro-Basilicata) per la tutela dei figli GECO – Genitori Consapevoli Basilicata “Mediterraneo No Triv” No Scorie Trisaia – Basilicata Associazione CITTA’ PLURALE Matera

SARDEGNA Comitato No Megacentrale Guspini – Sardegna Consulta Ambiente e Territorio della Sardegna Cagliari Social Forum Comitato No Metano Sardegna Comitato NO Galsi

SICILIA Coord. delle Assoc. No Triv della Val di Noto Coordinamento per il territorio contro la discarica Armicci-Bonvicino di Lentini – Siracusa Associazione ADASC – Coordinamento Ambiente

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