Divagazioni in vista delle elezioni europee

È una pericolosa illusione pensare che la crisi possa essere superata e l’euro conservato senza modifica del Trattato dell’Uem e una revisione dei trattati da Maastricht in poi.
B. Amoroso – J. Jespersen, L’Europa oltre l’euro. Le ragioni del disastro economico e la ricostruzione del progetto comunitario, Castelvecchi, Roma, 2012, p. 134.

Uno degli aspetti più curiosi della campagna elettorale in vista dell’elezione del nuovo Parlamento Europeo, che si terrà l’8 e il 9 giugno prossimo, riguarda il fatto che, mentre la campagna elettorale dovrebbe concentrarsi sui temi dell’Unione Europea e, a maggior ragione sulla validità e competenza dei candidati, le forze politiche e gran parte della stampa quotidiana paiono ignorare questi temi, quasi che si trattasse di eleggere il Parlamento nazionale anziché quello Europeo.

Stante questa situazione, vorrei soffermarmi su due lodevoli eccezioni. La prima riguarda un incontro tenutosi il 10 aprile scorso ad Alessandria, nel corso del quale è stato presentato, quale candidato in pectore al Parlamento Europeo, il dottor Fabio Pizzul, un personaggio molto conosciuto ed apprezzato nell’ambiente della sinistra cattolica milanese e lombarda.[1] Nel corso di questo incontro, che ha visto una buona partecipazione di pubblico, con la presenza del Sindaco Giorgio Abonante, l’introduzione di Adriano Di Saverio, consigliere comunale, e gli interventi e le domande di Roberto Massaro, di Ileana Spriano e del sottoscritto, Fabio Pizzul, in risposta alle domande sul funzionamento dell’Unione Europea, ha dimostrato di possedere un’ottima competenza e preparazione. I miei complimenti, quindi, al professor Renato Balduzzi che ha organizzato questa manifestazione.

La seconda eccezione riguarda l’editoriale di Sergio Fabbrini, pubblicato su Il Sole 24 Ore di domenica 14 aprile,[2] che già nel titolo ironizza sul fatto che, più che la competenza dei candidati alle elezioni per il Parlamento Europeo, le singole forze politiche paiono interessate esclusivamente alla loro capacità di portare voti. Docente di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali alla LUISS Guido Carli di Roma, nonché in altre prestigiose università straniere, Sergio Fabbrini analizza in dettaglio la storia e le competenze del Parlamento Europeo. Questa prestigiosa Istituzione, scrive Fabbrini, “ha visto crescere sistematicamente i suoi poteri nelle politiche regolative del mercato unico”, tra i quali il potere di controllare la Commissione Europea, l’organo comunitario che definisce la strategia globale dell’Unione, introduce e sorveglia l’attuazione delle misure normative, e gestisce il bilancio dell’Unione, ma che “non può controllare i governi nazionali”. I Trattati dell’Unione Europea, scrive ancora Fabbrini, “hanno creato un’Ue con due motori, uno sovranazionale e l’altro intergovernativo”, con il primo che “ha un carattere democratico”, e “il secondo tutt’altro”. A conclusione del suo editoriale pone poi la seguente domanda: “Questa situazione di Parlamento dimezzato va bene ai candidati oppure vogliono superarla?”.

Stando così le cose, vorrei sottoporre ai candidati alle elezioni per il Parlamento Europeo alcune considerazioni. Partirei, innanzitutto, facendo osservare la tendenza generalizzata a sottovalutare la “Guerra Grande”, un’espressione coniata negli stessi giorni in cui è iniziata “l’operazione militare speciale” di Putin in Ucraina, dal direttore della rivista liMes Lucio Caracciolo. Con questa espressione intende sottolineare il fatto che, “Mai nella storia i massimi imperi – ovvero gli Stati Uniti, la Cina e la Russia – si sono trovati contemporaneamente in crisi”. Ciò in quanto, da un lato, le crescenti frizioni tra Stati Uniti e Cina nell’Indo-Pacifico e, dall’altro, quelle tra russi e americani, due imperi che “si affrontano lungo i bordi dell’Eurasia occidentale, fra Mar Nero e Baltico, epicentro Ucraina”, lasciano intendere che “L’occidentalizzazione del globo è fallita”. In questo contesto, che fa l’Unione Europea?

Una convincente risposta a questa domanda l’ha fornita il professor Romano Prodi in una intervista rilasciata all’inserto del Corriere della Sera del 29 marzo scorso. Anziché porsi “grandi ambizioni”, sostiene Prodi, l’Unione Europea si è limitata sempre più a “moltiplicare le regole”. E ciò, unitamente al venir meno di personalità autorevoli a livello europeo come Altiero Spinelli e Jean Monnet, ha provocato una consistente perdita di credibilità dell’Unione agli occhi dei suoi cittadini. “Quando una decisione deve essere adottata all’unanimità – sottolinea Romano Prodi – significa non adottarla. Sui problemi più importanti non si può pensare di essere tutti d’accordo. È inconcepibile che il no di uno dei 27 Paesi blocchi tutti gli altri”. Che fare? Occorrerebbe, secondo Prodi, recuperare lo spirito federalista dei “Grandi Padri Fondatori”, e avere il coraggio di affrontare quel “cambiamento radicale” al quale Mario Draghi ha fatto cenno durante la Conferenza Europea dei Diritti Sociali tenutasi a Bruxelles mercoledì 16 aprile, e che proporrà nella relazione che verrà presentata alla Commissione Europea dopo le elezioni. Un “cambiamento radicale” che ridarebbe all’Unione Europea quel prestigio internazionale necessario per affrontare la crisi geopolitica in atto. I candidati alle elezioni del Parlamento Europeo sono consapevoli delle sfide che li attendono? E, soprattutto, sono disposti a collaborare alla realizzazione del “cambiamento radicale” che propone Mario Draghi?

di Bruno Soro

Alessandria, 17 aprile 2024

  1. Faccio presente a questo proposito che le elezioni per il Parlamento Europeo prevedono circoscrizioni elettorali (uno dei tanti aspetti ignorati) estese a più regioni e che, per quanto riguarda la nostra circoscrizione del Nord-ovest, comprende le regioni Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria e Lombardia.
  2. S. Fabbrini, I candidati alle europee: solo voti o anche competenze?, Il Sole 24 Ore, Domenica 14 Aprile, alle pagine 1 e 9.

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