I due piatti della bilancia

In questi giorni si fa un gran parlare del nuovo governo Meloni e di tutte le sue iniziative per costituire un forte polo conservatore in Europa.

Certo, gli alleati dell’Italia sarebbero dei paesi come la Polonia, l’Ungheria, ed altri che non sono sicuramente al centro delle speranze di un’Europa forte.

Ma tant’è: bisogna contentarsi di quello che ci viene offerto e questo ritorno al Nazionalismo ricorda molto quello dell’Italietta del 1911, prima della guerra coloniale in Libia; sembra che certi messaggi, certi tam-tam, si ripetano da allora, in nome di un Nazionalismo chauvinistico, che ha avuto i suoi alti durante il Ventennio per poi acquietarsi nell’era democristiana e rimanere sotto traccia durante gli ultimi trenta anni, i più deleteri della storia italiana da Tangentopoli in poi.

Ora, ritorna il coro dei nazionalisti, dei simboli che garriscono al vento, ma che non rappresentano la realtà.

Cos’è l’Italia? È un paese di terzo livello, che a suon di ipocrisie e maschere fa dichiarazioni che riguardano un lontano passato, mentre si trova indietro nel confronto quotidiano con altri paesi o imperi (come osserva Massimo Cacciari).

Un paese di trecentomila chilometri quadrati, con una popolazione in forte decrescita, che ha perso o sta perdendo tutte le caratteristiche che lo avevano reso importante durante il boom economico.

I francesi si sono impadroniti dell’industria automobilistica, come riconoscono i più saggi, tante industrie piccole e peculiari si trovano a competere con i giganti dell’ovest e dell’est, la moda tanto decantata viene comprata a suon di miliardi da società francesi, mentre anche il tessile è in sofferenza ed è quasi completamente controllato da espatriati cinesi.

Certo, esiste ancora il settore eno-gastronomico, che è una grande ricchezza, ma non dimentichiamoci che anche qui ci sono insidie da parte di Bruxelles e la competizione di molti paesi emergenti.

Il resto è una congerie di dichiarazioni che provengono da una burocrazia romana pronta a fare harakiri dell’Italia, pur di proteggere e tenere calde le proprie poltrone.

Eh no! Cari signori, non è così che si gestisce un paese, sia a destra che a sinistra, usando bubbole e pinzillacchere, come diceva il grande Totò, incapaci di spendere i duecentonove miliardi di euro che l’Europa ci ha concesso come una manna dal cielo, mentre pensioni e salari sono miserabili, del tutto inadeguati rispetto a quelli pagati nei paesi del Centro e Nord Europa.

Eppure basta poco, un biglietto aereo nella mano sinistra, una carta di credito o un mucchio di dollari nella mano destra per viaggiare con gli occhi aperti ed osservare quello che fanno gli altri, nel bene e nel male: i soliti Stati Uniti, la Cina Imperiale, ma anche i nuovi paesi/continenti come la Russia, il Brasile, l’India e, perché no, due giganti pieni di risorse come il Canada e l’Australia…

Vorremmo che l’Italia combattesse contro questi Giganti semplicemente mettendo in mostra le foto di immense opere d’arte o di una Cultura che riguarda eminentemente il passato?

Si tratta di mondi diversi che è difficile intersecare, ma il futuro ci porta in direzioni nelle quali l’Italia avrà sempre meno voce, sempre meno peso.

Un paese al rimorchio.

Dal momento che viviamo, e da secoli ormai, in pieno sistema Capitalistico, sappiamo che la piramide sociale diventa sempre più anomala con una base di pariah che si allarga infinitamente ed un vertice di ricchi potentissimi che si restringe sempre di più.

Allora penso che forse non è questa la “misura delle cose”, ma la ricerca assidua interna di un Siddharta (non necessariamente quello di Hermann Hesse) o, per chi è più assiduo della cultura greca, ricordiamo la ricerca della eudaimonia di Socrate, in cui il daimon è la coscienza, ciò che spinge l’uomo alla ricerca della verità, tutto il contrario di quello che spinge i politici d’oggi.

Viator

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