Elezioni in Turchia: un nuovo inizio?

Del nostro Murat Cinar abbiamo già pubblicato diversi articoli, tutti di qualità, informati e precisi. Eccone un altro che rilanciamo da “gariwo.net”. L’argomento è d’obbligo: cosa succederà il 14 maggio prossimo con le elezioni in Turchia?.   Murat prova a rispondere al quesito…

Il 14 maggio in Turchia si svolgeranno due tornate elettorali, presidenziali e politiche. I sondaggi parlano della possibilità di sconfitta per lo storico presidente Recep Tayyip Erdogan. Questa eventualità potrebbe profilarsi anche grazie al fatto che le opposizioni stiano pensando di presentarsi, per la prima volta, quasi totalmente unite sul nome di un candidato unico, ossia Kemal Kilicdaroglu.
Le opposizioni unite potrebbero essere, senz’altro, una valida manovra politica per vincere le elezioni; tuttavia, questo fatto rappresenta a pieno la situazione attuale della società turca, la quale è profondamente spaccata e polarizzata. Vent’anni di politiche di censura e repressione hanno fatto sì che nel Paese nascesse un esercito di persone emarginate, escluse e oppositrici. Queste anime sono tante: ci sono i socialisti, i comunisti, i sindacalisti, le femministe, le pluralità religiose, linguistiche e identitarie, ma anche i conservatori moderati. Ovviamente in questi anni alcune persone appartenenti a questi gruppi hanno dovuto, o voluto, lasciare la Turchia.
Secondo l’Eurostat dal 2021 al 2022 c’è stato un aumento pari al 64% nel numero di persone provenienti dalla Turchia che hanno chiesto asilo in Europa. Così la Turchia è salita alla quarta posizione nella lista dei paesi che cercano rifugio in Europa, superando Bangladesh, Pakistan, Iraq, Ucraina, Somalia e una serie di altri paesi. Solo nel 2022 sono state presentate 49.720 domande di asilo politico da parte delle persone provenienti dalla Turchia.
Le elezioni in arrivo sono un punto interrogativo per tutte queste persone. Tra loro figura, ad esempio, Aram Tastekin, il quale vive in esilio in Francia da sei anni. Egli ha dovuto lasciare la Turchia per via di un decreto legge emesso direttamente dal Presidente della Repubblica durante lo stato d’emergenza nel 2017. Aram è un teatrante: scrive, dirige e recita, ma è anche un grande attivista linguistico della sua lingua madre, ossia il curdo. Aram lavorava nella compagnia teatrale del Comune di Diyarbakir, luogo dove dapprima si è verificata la rimozione del Sindaco e solo successivamente, dopo la salita al potere di un commissario straordinario, è partita un’ondata di epurazione. L’attività politica di Aram, insieme a quella artistica, non sono state gradite dal regime: inizialmente egli è rimasto senza lavoro, successivamente è stato coinvolto in un processo. Per questo motivo, Aram ha deciso di lasciare la Turchia e di vivere in esilio.
Si è così espresso: “Desidero che Erdogan perda il suo potere e con l’arrivo del nuovo governo si possa aprire la porta di una nuova Repubblica. Mi aspetto che le persone in Turchia possano finalmente vivere in modo libero ed equo. Contemporaneamente, desidero che questa società viva in pace con la natura. Penso che queste terre, culla di numerose civiltà, non meritino tutta questa ignoranza e tutto questo fondamentalismo”. In aggiunta, Aram pensa che con l’arrivo di un nuovo governo possa essere possibile giungere ad un indulto generale per gli esiliati: “Desidero che tutte le persone che si trovano in esilio o in carcere per via delle loro idee possano vivere in piena libertà”. Cosa accadrebbe, invece, se le cose non andassero come desiderato da Aram? “Penso che la Turchia entrerà in un tunnel senza via di uscita. Tuttavia, noi continueremo a lottare in ogni luogo, e assolutamente vinceremo”.
Ercan Jan Tas è un importante obiettore di coscienza in Turchia. Per via della sua scelta antimilitarista, non riconosciuta dalla Costituzione, ha dovuto dapprima fare i conti con la morte civile, la galera, e ora con l’esilio. Ercan vive nella parte settentrionale dei Paesi Baschi da circa sette anni. Anche lui, come Aram, ha delle forti aspettative per queste elezioni in arrivo.
“Prima di tutto devo specificare che queste elezioni si svolgeranno nell’anno in cui la Turchia celebra i suoi cento anni. Sin dall’anno della sua fondazione, il 1923, è stato stabilito un sistema culturale e politico tuttora in vigore, basato su un’identità unica. Il progetto è partito con il genocidio armeno e poi successivamente con una serie di azioni che hanno cercato di distruggere l’identità dei curdi, così come quella di altre minoranze. Queste azioni sono state portate avanti in questi cento anni con varie modalità e differenti vesti politiche. Per questa ragione, le elezioni potrebbero finalmente rappresentare l’inizio di un grande cambiamento. Da persona che vive in esilio, le osservo con curiosità”.
Ercan ricorda di aver vissuto un momento simile anche durante le elezioni del 2015, quando il partito di Erdogan si era trovato per la prima volta senza possibilità di formare un governo da solo per via dell’avanzata delle opposizioni. “Penso che in questa tornata elettorale osserveremo un risultato del genere e forse ancora più grande. Oggi penso che l’attuale governo non abbia molto da offrire alla società in Turchia, penso che si sia esaurito e che sia arrivato al suo capolinea. In questi ultimi venti anni l’attuale potere ha emarginato un sacco di persone che si sono opposte alle sue politiche. In carcere ci sono migliaia di politici e studenti universitari, spero che la vittoria delle opposizioni costituisca un nuovo inizio per questi ostaggi politici.”
Secondo Ercan, l’eventuale vittoria elettorale delle opposizioni non aprirà la strada ad un immediato cambiamento. Tuttavia, egli pensa che ciò possa rappresentare una novità positiva per il paese, soprattutto a livello psicologico per tutta la società. “Successivamente, penso che ci saranno gli strumenti e le modalità adeguate per costruire una nuova Turchia. In questo senso ovviamente noi, persone in esilio, avremmo il desiderio di rientrare nel nostro Paese in pace”.
Bawer vive a Barcellona ormai da più di dieci anni. E’ un importante attivista nel movimento per la rivendicazione dei diritti delle persone lgbtq+, lavora come scrittore e giornalista ed è il capo redattore e fondatore del sito di cultura queer, en.velvele.net.
“Con queste elezioni, mi aspetto prima di tutto di potermi liberare da questo governo al potere, il quale strozza la Turchia da venti anni e non permette alla società di respirare. E’ entusiasmante per me il solo pensiero di poter assistere ad un risultato elettorale così importante, che possa finalmente sconfiggere il governo che in questi anni ha causato numerose violazioni dei diritti umani e ingiustizie e spinto la Turchia verso una povertà spaventosa. Spero che saranno le opposizioni a vincere il 14 maggio”.
Bawer desidera che dopo le elezioni si possa iniziare a costruire una Turchia più vivibile. “I diritti umani devono essere posti al centro del dibattito, devono essere difesi i diritti delle persone lgbtq+, che finora sono stati ignorati, così come il diritto all’istruzione e al giornalismo in lingua madre, il quale deve essere garantito dallo Stato. In aggiunta, devono essere introdotte nuove leggi che impediscano i casi di violenza contro le persone lgbtq+ e le donne. Successivamente, le organizzazioni non governative devono essere sostenute e devono essere tutelati i diritti delle persone non turcofone, non sunnite e non musulmane. Desidero, infine, che siano prese le necessarie misure per tutelare i diritti dei minori e degli animali”.
Anche Bawer pensa che l’eventuale conferma elettorale dell’attuale governo possa condannare la Turchia ad un’oscurità spaventosa e inimmaginabile. Se questo risultato dovesse infatti profilarsi, ciò significherebbe l’impossibilità per chi vive in esilio all’estero, come lui stesso, di poter tornare in Turchia. “Per questi motivi il mio sogno più grande, dopo il 14 maggio, è quello di avere un paese ancora vivibile in cui sarà possibile tornare”.
Ovviamente in questi anni diverse persone, pur con difficoltà, sono rimaste in Turchia per vari motivi. Alcune di queste hanno continuato, nonostante le mille difficoltà, a lottare ogni giorno. Tra queste persone figurano numerose avvocate e avvocati.
Secondo i numeri ufficiali comunicati dal Ministero della Giustizia in Turchia, nel 2016 in carcere si trovavano 354 avvocati, nel 2017 questo numero era salito a 487, poi sceso a 169 nel 2018 ed infine a 143 nell’ultimo anno soggetto a rilevazione, cioè il 2019. Per limitare il lavoro di questa categoria professionale, alla detenzione si aggiungevano altri metodi: impedire di accedere ai fascicoli di un processo, violenza fisica, minacce verbali, sospensione, linciaggio mediatico e politico, chiusura delle associazioni legali, detenzioni provvisorie, criminalizzazione e denuncia per chi difende i detenuti politici e mobbing sono solo alcuni tra i soprusi perpetrati dall’autorità turca nei confronti degli avvocati.
In questi ultimi anni, numerose persone e associazioni hanno lottato con coraggio contro questi tentativi di distruggere lo stato di diritto in Turchia. Forse a livello mediatico l’esempio più importante è quello dell’avvocata Ebru Timtik, la quale ha perso la propria vita 238 giorni dopo lo sciopero della fame, un’azione politica lanciata con la richiesta di un giusto processo. Timtik fu condannata a 13 anni di galera, con l’accusa di attività terroristica, nel 2017.
Gülyeter Aktepe, si definisce “avvocata socialista e femminista”. Aktepe vive tuttora in Turchia e pensa che queste elezioni abbiano un valore storico. “Penso che una grande parte della società abbia delle aspettative enormi per queste elezioni. La profonda crisi economica, la disoccupazione, le numerose aggressioni contro i diritti e le libertà individuali, la distruzione del sistema giuridico, la violenza e le fobie contro le donne e le persone lgbtq+, le politiche di guerra, il razzismo, la xenofobia, la distruzione dell’ambiente e la morte di migliaia di persone dopo il terremoto del 6 febbraio siano solo alcune tra le motivazioni che uniscono le persone a schierarsi contro questo governo”.
Aktepe spera che l’eventuale vittoria delle opposizioni riapra la strada verso il sistema parlamentare, rinunciando a quello presidenziale in vigore dal 2017. “Tuttavia, non penso che i problemi attuali saranno risolti immediatamente dopo una eventuale vittoria elettorale. L’obiettivo degli oppositori deve essere quello di riformare il paese e fare opposizione costruttiva anche contro l’eventuale vincitore, cioè un’alleanza composta da diversi partiti di centro destra e destra”. Aktepe sostiene che in proposito il terzo polo, ossia quello socialista dell’Alleanza del Lavoro e della Libertà, avrà molto da fare sia dentro che fuori dal parlamento per la rivendicazione dei diritti delle persone schiacciate nell’attuale sistema, come la classe lavoratrice, le donne e le persone lgbtq+ che vivono in Turchia.
Kivanc Eliacik è il responsabile delle relazioni internazionali del più grande sindacato confederale della Turchia, ossia la Confederazione dei Sindacati dei Lavoratori Rivoluzionario (DISK), la sorella della CGIL italiana.
“In Turchia si registra ancora un’alta partecipazione alle elezioni, la gente si interessa molto di politica. In particolare, da questa tornata elettorale abbiamo delle grandi aspettative. Il desiderio è quello di cambiare questo Presidente della Repubblica e tornare al sistema costituzionale riabbracciando la democrazia”. Kivanc sottolinea come in questi ultimi venti anni il denaro pubblico sia stato sprecato, il potere d’acquisto si sia abbassato in maniera considerevole, così come gli stipendi dei lavoratori e che si sia consolidato un sistema politico basato esclusivamente sulle decisioni di una persona unica, il Presidente Erdogan. “Diversi strati della società si sentono depressi e soffocati. Spero che la mattina del 15 maggio inizieremo a respirare meglio”.
In questi ultimi venti anni la libertà di stampa è stata spesso compromessa in Turchia. Alcuni osservatori hanno definito il paese come “il carcere a cielo aperto più grande del mondo per i giornalisti”. Esattamente come avvenuto per l’avvocatura, anche i giornalisti hanno subito, in quanto oppositori del regime, mobbing sul posto di lavoro, sono stati licenziati, denunciati e arrestati. Secondo il Sindacato dei Giornalisti in Turchia (TGS) attualmente ci sarebbero almeno 42 giornalisti e reporter dietro le sbarre. Inoltre, negli ultimi 8 anni sono stati assassinati almeno 10 giornalisti di cittadinanza turca e 4 siriani in Turchia.
Burak Tatari è il caporedattore degli esteri del principale canale d’opposizione Halk Tv. “In Turchia tutte le persone attendono l’esito delle elezioni del 14 maggio: negozianti, accademici, studenti e impiegati. Per il momento, tutti i progetti sul futuro sono fermi. C’è chi è pieno di speranza e chi invece no. Gli oppositori sono, invece, molto tesi. In ogni caso, il candidato principale delle opposizioni, Kemal Kiliçdaroglu, è molto calmo”. Burak sostiene che l’elettore oppositore sia pieno di aspettative e pretenda che possano esser fatti una serie di passi importanti nel caso in cui fosse Kiliçdaroglu a vincere. “Invece, l’elettore dell’attuale governo è più conservatore e, di conseguenza, non pretende dei grandi cambiamenti. Quindi le aspettative presenti nella società cambiano molto radicalmente, a seconda della posizione politica dei cittadini”.
Solo nel 2017, durante lo stato d’emergenza, 4811 accademici sono stati espulsi dalle università in Turchia in meno di un anno. Il dato era stato diffuso dalla rete dei giornalisti indipendenti BiaNet, basandosi sui decreti di legge emessi direttamente dal Presidente della Repubblica. Il mondo accademico è finito nel mirino del regime diverse volte in questi ultimi venti anni per via delle loro idee, delle loro scelte politiche, dei loro appelli verso la società civile, delle petizioni che hanno firmato e delle rivendicazioni per un’università libera e autonoma.
Can Candan è uno di questi professori universitari, lavora per l’Università di Bogaziçi a Istanbul. Can ha fatto parte di una grande mobilitazione universitaria subito dopo la nomina di un nuovo rettore, avvenuta il primo gennaio del 2021, da parte del Presidente della Repubblica, il quale ha ignorato le elezioni interne svolte precedentemente. Si tratta di un potere riservato al Presidente grazie a un articolo “regalato” dalla dittatura militare del 1980. Can, insieme ai suoi colleghi e studenti, ha manifestato e protestato per più di un anno in svariati modi, ottenendo anche dei risultati considerevoli. Questo percorso di lotta ha lasciato Can senza lavoro per un periodo di tempo. In ogni caso, grazie alla lotta e la solidarietà ricevuta, egli è recentemente riuscito ad riottenere il proprio posto di lavoro.
“Mi aspetto che ci si possa liberare di questo governo, il quale rappresenta, da oltre ventuno anni, una barriera per la crescita del paese. Esso ha creato in tutto questo tempo dei danni alle libertà individuali, alla giustizia e all’ambiente. In particolare, per il mondo universitario, spero che la lotta che portiamo avanti nell’Università di Bogaziçi da oltre 28 mesi possa portare dei frutti e creare le basi per la ricostruzione di università libere, autonome e democratiche”.
Le elezioni del 14 maggio non saranno quindi semplici verifiche politiche e amministrative. Per una buona parte della società in Turchia, potrebbero infatti essere l’eventuale inizio di una nuova epoca, intrisa di maggiore libertà e meno repressione. Invece, per tutte quelle persone che hanno dovuto lasciare il Paese in questi ultimi anni, si tratterà di un momento di grande cambiamento e, forse, ritorno in patria.
Murat Cinar, giornalista esperto di Turchia
(*) https://it.gariwo.net/testi-e-contesti/diritti-umani-e-crimini-contro-l-umanita/elezioni-in-turchia-un-nuovo-inizio-26189.html

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