Ma esiste ancora un “centrosinistra”?

Già…Esiste ancora? Ve lo ricordate l’Ulivo, con tanto di albero rassicurante che si portava dietro rimenescenze virgiliane, bucoliche immagini di operose cittadine e di sorridenti cittadini sicuri del “sol de l’avvenir” o comunque (abbastanza) certi che, prima o poi , l’Italia avrebbe pienamente recepito e realizzato gli ideali fondanti la Costituzione repubblicana e che, finalmente, sarebbe diventata uno Stato adulto. Senza mafie, senza lavoro nero, con finanziamenti adeguati a scuola, ricerca, cultura e con tutto quanto poteva servire al “salto di qualità”. Cioè ad essere un Paese normale. L’Enciclopedia Treccani ci dipinge quel periodo, dal primo stop a Berlusconi fino alla crisi finanziaria del 2008 come un’età dell’oro, in cui l’impegno politico aveva un senso, veniva riconosciuto e, soprattutto, influiva sulle scelte dei grandi operatori, sia pubblici che privati. Per chi se lo fosse dimenticato … ecco un ripassino…

“Coalizione elettorale costituita (1995) tra Partito democratico della sinistra, Partito popolare italiano, Federazione dei Verdi e altre forze minori. Dopo le elezioni del 1996 l’Ulivo ha costituito la principale base parlamentare dei governi Prodi (1996-98), D’Alema (1998-2000), Amato (2000-01) e Prodi (2006-2008). Negli anni successivi alla sconfitta alle politiche del 2001, i principali partiti dell’Ulivo (Democratici di sinistra, Margherita) si sono federati, nella prospettiva della fusione in un unico partito (il Partito Democratico), realizzata nell’ott. 2007, partecipando alle elezioni del 2008 con la nuova formazione di centro-sinistra” . Sembra preistoria e invece era…ieri. Prodi, D’Alema, Amato, a cui aggiungiamo un coraggioso Veltroni, artefice del connubio alla base del moderno PD, pur con sensibilità differenti, avevano idee, proposte, alleanze e amicizie influenti a cui far riferimento, in una definizione…”peso politico” (e, di conseguenza, elettorale). Bene… Dimenticatevi tutto e cercate di ragionare secondo altri parametri, come se quegli “sprazzi di vita” fossero l’ultimo colpo di coda di una organizzazione della democrazia che trovava nel Seicento di Cartesio, nella lotta alle Monarchie assolute e poi nei Lumi del Settecento le sue autentiche basi. Bene, per la seconda volta… Quella fase è terminata, morta e sepolta, anche sotto i colpi del decennio successivo alla caduta del Muro di Berlino, cioè alla fine dei “Blocchi” della guerra fredda. Gli attacchi alla Costituzione repubblicana che si sono concentrati su alcuni aspetti in particolare, tra cui la scorretta applicazione del regionalismo e una serie di maldestre operazioni sul Titolo V, hanno creato le condizioni per l’attuale sciovinismo imperante. Lo “sciovinismo” del “tanto è tutto uguale”, del “cerca di far fruttare il tuo voto con un posto sicuro oppure non perdere tempo a votare…”. Con la paradossale ricerca di quel che si è abbattuto con fatica secoli fa…l’ assolutismo ora sotto forma di disinteresse generale, delega al più forte e più rappresentativo del momento, anche a costo di rischiare di perdere libertà personali e di scelta. Il tutto nella convinzione (purtroppo reale)  che gli ultimi trent’anni abbiano portato una drammatica svalutazione dei propri risparmi  valutabile in una svalutazione reale del trecento per cento. Quaranta milioni di lire nel 1993 permettevano l’acquisto di un appartamento di medie dimensioni in buona posizione semicentrale, mentre lo stesso alloggio oggi parte da settantamila euro con conseguente conferma del dato. Stesso discorso vale per le automobili. Restiamo al tradizionale… una auto a benzina con motore 1200 cc. di buona marca a inizio anni Novanta  poteva essere acquistata con dodici milioni o poco più, ora non si può trovare a meno di ventimila euro. Anche pensioni, liquidazioni di fine lavoro, costi di acquisto del denaro, mutui, prestiti ecc. stanno costituendo, per la stragrande maggioranza degli abitanti del Bel Paese, motivo di preoccupazione, in quanto – alla fine – ciò che resta da spendere è veramente poco. E, di consegunza, l’economia “non gira”.

Di chi è la colpa? meglio ancora…di chi sono le colpe? Difficile dirlo. E, forse, non è nemmeno il caso di andare a rinvangare (*) il passato se non per un motivo. La disattenzione ai numeri, alle transazioni bancarie, alle compravendite e alla finanza in generale, difetto ben conosciuto nella massa del popolo italiano, ha permesso di “farci fessi” senza colpo ferire, lasciando che la miglior politica e il movimento sindacale abbaiassero ma…alla fine …mordessero poco. In questo smantellamento delle coscienze prima ancora che dei portafogli sono stati bravi alcuni blocchi finanziari, alcuni centri studi e opinion makers che hanno saputo portare avanti i loro interessi in condizioni perfette di silenzio e ambiguità. “Gridate pure”, “Manifestate pure…intanto vi prepariamo la graticola.

L’occasione del Referendum renziano del 2015, probabilmente, sarebbe stata utile per provare a riformare qualcosa e a salvare il salvabile ma, per prima cosa non era “condiviso” nella sua parte di insieme e, per secondo, come sappiamo, si è trasformatain una consultazione  su Renzi e il suo Governo spostando c osì l’attenzione dai contenuti da riformare ad un si o un no a un nuovo uomo della Provvidenza (o quasi).

Ora, come scritto, la situazione è diversa e molto peggiore per diversi motivi. Il Governo di destra-centro (a cui aggiungo il termine “tecnico”) di Giorgia Meloni fa di ogni erba un fascio e senza approfondire le questioni tenta empiricamente strade più di immagine che di contenuto. Parla di lavoro ma fa di tutto per renderlo precario, esortando i cittadini alla competizione estrema e al cannibalismo fra membri di pari strati sociali. Parla di istruzione, ricerca, cultura ma i fondi messi a disposizione nella realtà ci dicono altro (con flessioni nelle disponibilità di bilancio dal 15 al 30 per cento). Anche i mondi dell’Industria e del Commercio lamentano ritardi negli interventi e nei progetti di insieme, nella corretta esecuzione dei passi del PNRR, nelle scelte al ribasso fatte con i pochi fondi rimasti. Due comparti, quello industriale e quello del grande commercio, (cioè Logistica…quindi modernità e competitività internazionale),  drammaticamente bloccati in una bolla temporale, con ritardi di venti-trent’anni in campi strategici. Diversa è la situazione per la cantieristica di alto bordo e per la componente militare, entrambe con commesse estere miliardarie e con variazioni di impegno che rasentano il  cento per cento in più.

A fronte di queste “novità”, dettate dalla necessità del piccolo cabotaggio socio-economico della gestione Meloni, basate sul precariato, sui vouchers e sulla medicina a gettone, qual è la risposta di chi dovrebbe avere ambizioni di governo , quindi idee e proposte se non alternative, almeno integrative rispetto a quelle pasticciate dei ministeri economici in carica?

Sarebbe qualcosa di simile al “Fai qualcosa di sinistra” di morettiana memoria… in presenza di una omologazione generale alle linee classiche della finanza nazionale e internazionale e alla assuefazione acquisita alle guerre fra multinazionali in piena modalità neocapitalistica.

Bene ( e tre…). Nessuna proposta forte di prospettiva, nemmeno un allineamento, per esempio sul mercato del lavoro e la sua regolamentazione o sul salario minimo garantito (o “Reddito di Cittadinanza” se vogliamo usare il termine nostrano) alle legislazioni degli Stati europei con cui condividiamo la moneta comune ed una serie (comunque insufficiente) di altre competenze. Oltre al Lavoro, la Sanità, i Trasporti (sia su gomma che su rotaia) come una serie di altre cosette…. L’organizzazione urbanistica delle città con salvaguardia adeguata dell’ambiente e attenzione vera ai Rifiuti, per esempio. Oppure una politica complessiva di tutela, sostegno, rivitalizzazione di tutto il comparto culturale che fa – comunque – dell’Italia una delle mete più ambite al mondo. Stesso discorso vale per le modalità di inclusione, non di aggiunta di emarginazione a precedente emarginazione, ma di vera inclusione, che è fatta di conoscenza e rispetto reciproco, di occasioni di lavoro e di vita vera. E vale, ancor di più,  per un sistema scolastico che è fermo agli anni Settanta dello scorso secolo, in preda a contorcimenti legislativi e ad una burocratizzazione avvilente. Potremmo continuare, con lo Sport, con la Libertà dei media televisivi e non … va preferiamo fermarci qui.

Abbiamo voci diverse che dicono cose diverse, a volte profondamente differenti. Abbiamo Conte che, rimettendo in piedi una armata Brancaleone allo sbando, cerca una sua visibilità e conseguente attenzione, abbiamo Elly Schlein che prova a incanalare un partito profondamente strutturato e attaccato ai suoi riti verso una maggiore leggerezza e velocità di reazione. Ma il prezzo è salatissimo e si conta nei milioni di persone che non votano più a sinistra, nemmeno al centro (e, a volte, nemmeno a destra) ma…per tornare all’inizio…al non voto, quindi ad un sciovinismo tanto inutile quanto pericoloso.

Le ultime vicende della Regione Piemonte, ormai in ballo per le prossime Elezioni Regionali, non annunciano nulla di buono. Pare che solo l’idea del cosiddetto “campo largo” faccia venire l’itterizia a molti dei protagonisti, specie a quelli che operano dietro le quinte, con il risultato di far saltare  le “primarie” e portare tutto il pacco idee-documenti-candidature-questioni-varie a Roma. Con Schlein che, non facciamo fatica ad immaginarlo, sarà in balia di altri operatori “dietro le quinte” esperti in politica concreta quanto un eschimese in Africa centrale. Le divisioni un po’ su tutto fanno il resto. I diritti civili (dai matrimoni gay, alle adozioni, alle pratiche di concepimento, fino alle definizioni di maschio e femmina) sono diventati divisivi nel centrosinistra. Così come lo sono le tematiche trasportistiche con il grosso dei responsabili politici ancorati alla questione NoTav – SiTav o alla organizzazione dei trasporti pubblici o delle piste ciclabili, quando da decenni sono considerate perfettamente risolvibili/attuabili  (al di là delle Alpi) tramite  Piani Regolatori adeguati. Pure la “questione migranti” o l’atteggiamento di fronte alle guerre in atto, sono motivi di divisione e di accanita critica al limite della provocazione.

Manca tutto. Mancano i programmi chiari e di prospettiva, mancano le donne e gli uomini che possano realizzarli. Manca la volontà di ascoltare e di provare a trovare mediazioni utili per tutti. Manca la voglia di impegnarsi sul serio come se ci fosse qualcuno che, prima o poi, risolverà i problemi per noi.

Non sarà così, invece. Perchè la “Terza Repubblica” è dietro l’angolo. Ci attendono cambi radicali alla Costituzione, funzioni amministrative e di governo stravolte e tendenzialmente ridotte ad una catena piramidale, uniformità di pensiero richiesta…pena l’isolamento o peggio. Lavoro sempre più precario ed in mano a mafie, mafiette, amici degli amici e personaggi più o meno legati alla politica con le dita in trentamila vasi di marmellata. Ma andrà bene così, perchè ci sarà sempre qualcuno convinto di poter passare , in qualche modo, al “livello superiore”, quello dove si conta davvero e dove”ci sono i soldi”.  Qualcuno che pensa di essere perennemente in un videogioco ed invece è parte della “nuova” cruda realtà.

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