Eurobond … o sarà dura

Simpatico l’intermezzo televisivo “Mediaset”, che non vi sarà sicuramente sfuggito visto l’ancoramento a divani e poltrone a cui siamo costretti, che inneggia all’”informazione seria”. Compaiono sullo sfondo in rapida sequenza le immagini dei principali servizi di Italia Uno, Rete 4 e Canale 5, oltre a  tutta una serie di testate giornalistiche, più volte definite “corrette” e “esenti da fake news” , come ”La Stampa”, “La Nazione”, “Il Secolo XIX”, “Il Messaggero”, intervallate da fotogrammi “no fake”. Bene. Che la lettura della pagina nazionale dei suddetti giornali a Torino, Firenze, Roma, Genova, comportasse la riproposizione “pari pari” di articoli rieditati, mantenendo giusto per rispetto alla tradizione il titolo di testata, ce ne eravamo già accorti. Una novità invece la scoperta dell’autodefinizione di “fonti di informazione esenti da fake news, distorsioni di informazioni, strumentalizzazioni”. Sappiamo tutti che il racconto della verità dei fatti non è sempre univoco. Si tratta di uno dei pilastri della c.d. epistemologia scientifica. I punti di vista cambiano, le scelte su cosa pubblicare e cosa no, pure, soprattutto in momenti come questi dove, addirittura, si utilizzano prese di posizione (dalla più infima dichiarazione via w_app o tramite FaceBook su su fino alle dirette televisive sulle reti Rai o Mediaset) per poter inchiodare l’avversario, l’ingombrante di turno. “Ecco…vedete ….cittadini / compagni / amici (1), il paladino della scienza, quello che si diceva a parole rispettoso della verità scientifica è caduto nel tranello…” E giù a elencare frasi riprese dalle fonti più varie per ribadire… “Lui, lei, loro no. Solo quelli che mettiamo in evidenza noi   dicono il giusto …che seguono la scienza…devono essere ascoltati…” Vecchia storia che ci riporta indietro nelle dispute sanguinarie della prima fase della Rivoluzione francese oppure alle interminabili lotte interne alle varie Quarta, Quinta ecc. Internazionale. Ognuno pensa di avere i dati migliori, i contatti che contano, le amicizie – in questo caso – con i virologi che la sanno lunga e non hanno timore di comparire con nome e cognome. Beh…si è visto come è andata a finire questa prima parte (prima di moltissime altre parti, purtroppo) della vicenda che potremmo definire “L’Italia ai tempi del Coronavirus”. Gli organi direzionali nazionali conoscevano già come era la situazione fin dal  gennaio 2020 (di lì il decreto istitutivo dello “Stato di Emergenza” con tanto di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale (2)). Non solo …per un bel po’ di tempo si sono rimpallate comunicazioni con smentite (a volte parziali a volte totali) che hanno portato solo confusione. La dott.ssa Capua, giustamente, distingueva fa malati col coronavirus (in aggiunta) e malati da “coronavirus” facendo sussultare più di un esperto e portando alcune delle testate autodefinitesi “no fake” su posizione più estreme, quelle portate avanti, all’inizio timidamente, poi sempre con più forza dal dott. Burioni. Tutto chiuso. “Qui nel mio Comune vogliamo tutto chiuso”. “Ci devono ascoltare” “E se non basta il Governatore della regione passeremo al Governo direttamente”. Con il risultato di creare frizioni durissime tra diversi organi dello Stato con ripercussioni ancora tutte da verificare. Ma, tornando ai nostri paladini delle “no fake”, dati gli indubbi strumenti informativi e di raccolta dati di cui dispongono, non potevano dirci prima come stavano le cose… Che si parlava di un blocco fino a luglio di tutta l’Italia fin da gennaio? Che si sapeva perfettamente che gli infettati da questo tipo di forma influenzale grave con complicazioni polmonari avrebbe interessato soprattutto le persone di una certa età? Che si sarebbe dovuto mettere mano al portafoglio (spero ben fornito) per tappare le falle nella già difficile congenza economica italiana? L’abbiamo capito dopo, quando l’avrebbe capito anche un bambino… Grazie “informazione senza fake news”.

Chiudo con due riflessioni: è in corso un braccio di ferro fra Confindustria, rappresentanze delle categorie del commercio, del turismo e della grande distribuzione, per capire come se ne potrà uscire (con i minori danni possibili per il sistema) e con quali aiuti. Il “braccio di ferro” è addirittura interno alla stessa Confindustria vista la vicinanza di molte aziende alle attuali dirigenze politiche di Veneto, Lombardia ed Emilia. Le Regioni cercano di ottenere il massimo delle garanzie per i propri cittadini (“chiudendo tutto”) fiduciosi in una diminuzione di pressione del virus e di un intervento dall’Europa. Per non fare brutta figura pero’ vorrebbero che le decisioni meno popolari fossero prese dal Governo…E anche questo abbiamo dovuto verificarlo sulla nostra pelle con scarsissime informazioni fornite dai gestori-anti-fake-news di cui sopra. Seconda e ultima considerazione… non una parola su quanto sta uscendo da ambienti qualificati quali quelli messi in evidenza dell’articolo di Micromega (3) che, giustamente, chiede chiarezza su cosa intenda fare il Governo italiano e su quali siano gli effettivi margini di manovra a disposizione.  Il titolo è tutto un programma; “Ue e Bce, non è così che si supera la crisi”.  Si tratta dell’appello di ben 103 economisti che ci ricordano gli ultimi passi della direzione BCE, mai così arruffona. Infatti, secondo il loro documento, “La Banca centrale prima archivia Draghi, poi fa marcia indietro costretta dalla reazione dei mercati, ma intanto ha perso l’arma decisiva della credibilità. La Ue prende alcune misure ma non rinnega – anzi di fatto conferma – la logica economica che ci condanna a una crisi perenne”. Ancora più importante per noi ciò che dobbiamo aspettarci (se le cose vogliamo che vadano bene) e cosa è necessario davvero.  In una prima fase (da mettere già in atto domani…) è necessario che la Bce riaffermi con forza che i 750 miliardi di interventi annunciati rispondono solo alle prime necessità della crisi, e che è disposta ad interventi illimitati in base a quanto necessario. Deve essere chiaro che gli acquisti di titoli pubblici non avverranno più in base alle quote di capitale della Banca che ogni Stato possiede (criterio che peraltro non è applicato per le obbligazioni societarie), ma in base alla necessità di contrastare la speculazione. E’ necessario, sempre secondo il documento dei 108 economisti, che la  Bce dichiari che i titoli sovrani detenuti in base ai vari programmi di acquisto saranno rinnovati indefinitamente. Fondamentale e non più proscrastinabile il fatto che  la Bce trovi la formula giuridica compatibile con i Trattati per acquistare a titolo definitivo bond senza scadenza emessi dagli Stati. Approccio valido sia per il “bond” con rendimento zero sia per quelli prossimi allo zero, da collocare poi presso le Banche centrali nazionali. Il tutto in quadro rinnovato di politica economica internazionale con i governi Ue che prendono finalmente atto della bocciatura del Fiscal compact  con il conseguente abbandono di quelle prescrizioni.  Importantissimo il fatto che i governi Ue abbandonino l’idea che la crescita dell’economia possa essere affidata alle sole esportazioni, continuando a perseguire indefinitamente una politica di contenimento dei bilanci pubblici e dei consumi interni. Importantissimo sicuramente, ma – per i più – pari ad una eresia. Come in cagnesco verrà guardata la considerazione che il pareggio di bilancio debba valere solo per le spese correnti. O, fatto ancora più “fuori lista”, quindi foriero di cambiamenti non graditi, che i governi Ue prendano ufficialmente atto che la politica fiscale possa essere usata in funzione anticongiunturale, anche se ciò comporta un deficit pubblico o un suo aumento. Ma non basta, anche il concetto di “PIL” come da tempo auspicato, dovrebbe essere rivisto. Infatti i governi Ue dovrebbero abbandonare i criteri di sorveglianza basati su parametri inaffidabili come il Pil potenziale e l’output gap.  Le decisioni necessarie ad assicurare la sopravvivenza dell’Unione europea non sono naturalmente soltanto queste – valga per tutte l’impellente necessità di dare vita agli eurobond – e ci sarà modo di discuterne in futuro, ma ciò che ora importa è “che i vertici europei si rendano conto dei clamorosi errori ripetuti nel tempo e dichiarino di voler seguire d’ora in poi una strada diversa” (3). Se questo non sarà fatto la crisi sarà pagata duramente da tutti i cittadini europei e sarà messa a forte rischio la stessa sopravvivenza dell’Unione. Ma di questo i nostri amci autodefinitisi “informazione seria” nella migliore delle ipotesi se ne accorgeranno a babbo morto. Giusto quando sarà del tutto irrilevante una loro più o meno roboante presa di posizione.

.1. “cittadini/compagni/amici” : scegliete voi quello che vi sembra più appropriato. Io ne aggiungo un altro…adatto al momento “patres conscripti”.

.2. Questo uno dei tanti siti che lo ricorda: https://www.agricolae.eu/coronavirus-31-gennaio-governo-dichiarato-emergenza-nazionale-mesi-luglio-la-delibera/

.3. “Ue e Bce, non è così che si supera la crisi”. L’appello di 103 economisti. Sempre su www.cittafutura.al.it, a firma “Redazione” potete consultare in dettaglio i firmatari dell’appello. L’originale su:  http://temi.repubblica.it/micromega-online/ue-e-bce-non-e-cosi-che-si-supera-la-crisi-appello-di-67-economisti/

In home page:  “Viaggio n 2” di Vassily Kandisky    (per l’occasione rinominato “Andrà tutto bene”)

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