Femminicidio

Si fa, in questi ultimi mesi, un gran parlare di femminicidi, sembra che la media abbia raggiunto dei livelli inarrestabili.

In realtà, sin da quando ero piccolo, ho sentito parlare di femminicidi con una frequenza allarmante e, a parte il ricordo storico dell’immancabile Jack lo Squartatore che, nel lontano 1888, seviziò e uccise cinque prostitute in uno specifico quartiere di Londra, si può dire che anche in Italia ci sia stata una scia di sangue mai conclusa.

Ogni giorno sentiamo parlare di mariti o compagni abbandonati che, non sopportando questa perdita di dignità o pensando di avere un diritto di possesso, di usucapione, sulle loro ex donne, non riescono a creare con esse un rapporto se non facendone scempio.

Questa serie di femminicidi, che è comunque presente in tutti i paesi, ha in Italia un particolare indice, e cioè quello di un machismo disperato, insegnato troppo spesso dalle mamme ai figli maschi.

Questo non riguarda solo i ragazzi del Sud, ma anche, seppur diluito, quelli del Nord, che non riescono a sfuggire a queste regole ancestrali.

Ma c’è un rimedio a questa mattanza? Evidentemente sì, ma si richiede ai singoli uno sforzo non comune.

Mi sembra che la prima forma di educazione sessuale, nel senso di stabilire un rispetto reciproco, vada attribuita ai genitori, se sono persone educate e razionali.

Visto che viviamo in un paese cattolico, sarebbe giusto che anche la Chiesa facesse delle lezioni non togate, ma di carattere molto pratico, riguardo all’uguaglianza fra i sessi.

C’è poi la scuola, certo, che dovrebbe essere maestra di vita, ma spesso gli insegnanti hanno delle posizioni contraddittorie fra di loro.

C’è poi la Legge, con le pene che essa commina a posteriori, ma io non credo che siano molto efficaci nei momenti d’ira che preludono un delitto.

E poi, permettetemi, c’è l’etica, presente in ognuno di noi, che dovrebbe rappresentare un momento di discrimine fra il danno che ci è stato inflitto e quello che vogliamo infliggere agli altri e alle altre.

In ogni caso, la guerra dei sessi, di cui si parla da alcuni decenni, non rappresenta sicuramente un momento di riflessione, di istigazione alla pace, per cui sembra talora che si creino due schieramenti contrapposti, quello degli uomini, sempre più deboli, e quello delle donne, sempre più forti.

Il femminicidio, l’uccisione dell’altra, rappresenterebbe quindi un momento di riaffermazione, con la volontà di riportare le cose al loro posto, ma evidentemente e logicamente questo non è accettabile, non si può utilizzare una pistola o un coltello per sopperire una presunta inferiorità.

A me sembra chiaro che il processo di trasformazione, prima di tutto di questi uomini violenti in nuce, poi degli altri ed infine anche di molte donne, è un processo interno, endico, che ognuno deve sviluppare progressivamente.

Certo, questa riflessione, contrasta drammaticamente con la realtà di canali televisivi e giornali che vogliono “sbattere il mostro in prima pagina”, affetti da sensazionalismo morboso.

Meno titoloni a tutta pagina, meno canali TV che ricercano dettagli morbosi, più uomini e donne che pensano e riflettono sul loro essere umani.

Viator

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