“Gli spostati”. Vivere senza amore.

Il titolo di questo ultimo libro di Carla Stroppa (*), psicanalista junghiana e scrittrice, “Gli spostati”, riporta alla mente, soprattutto a noi di una certa età, il drammatico film diretto da John Huston, scritto e sceneggiato da Arthur Miller con un cast di eccezione: Marilyn Monroe, Montgomery Clift, Clark Gable .

Le riprese di quel film furono costellate da difficoltà d’ogni genere e i tre protagonisti poco dopo morirono in circostanze diverse, legate da una comune drammaticità.

Woody Allen dice in un suo film che troppo spesso la vita assomiglia alla cattiva televisione , si tratta solo – secondo me – di vederla e di esserlo la differenza.

Che cosa voglio dire ? Voglio dire che la vita troppo spesso non ha mano leggera, ma dato che noi siamo le mani del destino, possiamo almeno tentare di allentarne la stretta e deviare il colpo.

Ed è di questo che la Stroppa ci sa raccontare, tenendo alta e ben stretta quella piccola lanterna che il dottor Jung portava tra le mani in uno dei suoi formidabili sogni. Un fievole cono di luce nel buio c’è, si tratta di vederlo e di farne buon uso.

Ed è sempre con l’auto dell’altro che possiamo tentare di uscire dalle stagnanti acque che ci tengono prigionieri, è sempre lo specchio dell’altro che ci potrà permettere di ritrovare il centro e il senso della nostra vita, troppo spesso depredata da chi non sa fare altro che invidiare chi sa immaginare e sognare.

L’invidia, attraversata in ogni sua vena, è un po’ il filo conduttore del libro, dove tutti noi possiamo trovare tessere del nostro mosaico, un po’ invidiosi e un po’ invidiati.

E cosa meglio della favola di Cenerentola per aizzare il fuoco della forza generativa che crepita dentro ognuno di noi? Quella che oggi chiamiamo resilienza, la capacità di resistere gentilmente agli attacchi delle nostre tante vite, delle nostre tante morti.

L’autrice, sempre rischiarando con la luce dell’amore l’ombra che disegna, ci accompagna a vedere che cosa succede nell’anima di chi viene schiacciato dall’ignoranza e dalla follia, che spesso le persone più vicine a noi attuano, al fine di mettere al tappeto chi ha cuore, chi ha quella bontà capace di non odiare il carnefice, ma di sostenerne il peso perchè ha saputo tenere vivo dentro di sé il seme di un sano sguardo primario.

L’Anima, questo ponte tra l’Io e il Sè, tra il conscio e l’inconscio è un regista che ci vuole protagonisti, la sua voce suadente sa usare anche il megafono quando barcolliamo sulla scena, quando abbandoniamo per strada la nostra “ghianda”, quando ci trasformiamo in ombre, in ammutoliti fantasmi, in ipotesi di vita.  Ed è quando non la ascoltiamo che diventiamo depressi rabbiosi disperati: inanimati.

E’ quando non sappiamo trascendere il mentale per addentrarci nella realtà dell’invisibile, che l’Anima si spegne, si accartoccia come carta straccia, si secca come spugna senza più acqua di vita.

Entrare nel sogno che ci sogna , suggerisce Carlo Sini, darsi alla magia, sprona Faust, perchè, scrive Heidegger: il destino dell’essere è un fanciullo che gioca con le tessere di una scacchiera; di un fanciullo è il regno .

Perchè “spostati” non si nasce, a meno di essere portatori di oggettive patologie cerebrali.

Sono molte le tracce che l’autrice ci induce a seguire, essere “spostati” ha molte valenze, come ogni cosa, nel bene e nel male.

Tenere insieme gli opposti, trasformare la polarità distruttiva in creativa, alzare lo sguardo e buttare il cuore oltre la linea di protezione, saper stare in quel vuoto dove tutto si crea, dove tutto si scioglie, dove ogni forma dovrà trovare la sua forma, senza mai rimanerne “attaccata” nell’incandescente danza tra visibile e invisibile, tra energia e materia, tra corpo e anima e spirito.

Chi oggi ama ancora innamorarsi? Chi oggi rischia ancora il disinganno, il tradimento, l’abbandono? Chi oggi sa che le rive dell’amore sono anche pericolose, ammaliatrici come le sirene di Ulisse, come le acque che ingoiarono Narciso?

Il dialogo a cui Carla Stroppa ci chiama è tra quel fanciullo segretamente rintanato nelle nostre anime e bisognoso d’amore, con l’adulto che lui stesso è diventato, incapace di relazionarsi con la sua parte più vera, più saggia, più gioiosa e anche più pericolosa.

Sono plurime le voci che ci possono aiutare, tutto è relazione, tutto si tocca, tutto s’apre come fiore; un alfabeto di linguaggi e narrazioni differenti è l’incanto che ci circonda, se noi ci rendiamo vulnerabili al canto di ogni dea, al soffio di ogni dio; se abbiamo compreso che l’albero della vita è più importante dell’albero della conoscenza ( intesa come solo ragione ). Intelletto d’amore, realtà della ragione e realtà del cuore.

E’ questo e molto altro che il libro della Stroppa ci svela, è a tutti gli “asini” che si sono “disaninati e animati” che è dedicato, a tutti coloro che ce l’hanno fatta a dare un senso alla loro vita, proprio a partire dallo squarcio che il dolore e lo smarrimento ha aperto nel loro cuore e nella loro mente.

Da anni conosco Carla, quasi sempre vestita tra l’indaco il blu il celeste, con folti capelli biondi sempre raccolti in una coda ( cavalla domabile o abile ammaestratrice ?) e intensi occhi azzurri, (le gonne lunghe nascondono piccoli piedi fatti per una scarpetta di cristallo o zoccoli di caprone ?) . Fata e strega. Le sue parole sono sempre centrate, qualche volta melodiose, altre volte acute e pungenti.

Ma sempre ho visto in lei quel “punto esclamativo” che trovo spesso nei suoi libri.

A dispetto di quel che insegnava l’amato maestro Pontiggia, in Carla i punti esclamativi non sembrano mai “troppi”, non sottraggono e non aggiungono, rispecchiano la sua anima che ha sempre meno necessità di maschere, pur conoscendo e rispettando bellezza dell’ambiguità .

Quei punti esclamativi, segno nero sul foglio bianco, io li vedo come punti luminosi, come ventate di Spirito, come “chiari nel bosco”, che portano, come i nani canterini di Biancaneve, dal bosco alla casa: la gioia della passione, quel movimento cauto ma tenace che conosce la tensione all’oltre, ma in essa non si disperde né si perde, perchè ha compreso- come lei stessa scrive – che l’avventura della vita è la vita in quanto tale.

P.S. La casa, la nostra anima, è – come per me – un luogo topico della Stroppa, che anche in questo libro, nella parte seconda, ha saputo raccontare in quella fascinazione rinascimentale che, evocando magia, ci comunica la viva sensazione di una eterna incontaminata bellezza: asinina?!

(*) – Carla Stroppa: “Gli spostati”.   Moretti e Vitali editori

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