Hainan, racconto esotico

Da ragazzo ho amato moltissimo i racconti esotici di Conrad e Melville, per cui mi è sempre sembrato molto naturale recarmi in luoghi che gli altri considerano di sogno, mentre a me sono sempre sembrati molto naturali e accessibili.
Durante uno dei miei numerosi viaggi in Cina, in uno dei passaggi aerei che portavano dal Nord (Manciuria) sino all’estremo Sud, avevo pensato ed organizzato una piccola vacanza di alcuni giorni in un’isola a largo della Cina, frequentata da quella piccola borghesia che si sta creando nelle moderne città cinesi.
Un luogo quindi che se da un lato ha delle moderne infrastrutture, dall’altro rispetta i valori culturali antichi della società cinese: così mi era stata descritta l’isola.
Arrivato in volo quindi dal continente, mi sono trovato vicino ad una spiaggia bella, ma non idilliaca, rivolta verso il Pacifico, in una struttura moderna, funzionale e, oserei dire, adatta a un viaggiatore europeo abituato ai comforts.
Dopo tanta campagna, sia in Italia che in Cina, avevo bisogno di mare, un bisogno assoluto, che risale alla mia infanzia e giovinezza: da questo punto di vista, Hainan era molto stimolante.
Di fronte all’hotel, erano disposte delle piccole cabine e delle sedie a sdraio che si rivolgevano verso l’oceano.
Me ne stavo tranquillamente seduto, al Sole, mentre dei camerieri portavano i soliti, deliziosi piatti di frutta fresca, accompagnati da un té caldo, e mi crogiolavo al pensiero di alcuni giorni di relax.
Improvvisamente, mentre sonnecchiavo, mi apparve una giovane ragazza cinese, che iniziò a cinguettarmi in un inglese approssimato, ma tutto sommato comprensibile.
Al momento, pensai che fosse una mercenaria, ma ben presto dovetti cambiare opinione.
La ragazza, infatti, era una guida, che, essendo una delle poche persone a parlare inglese, si offriva di accompagnarmi nell’isola e di farmi scoprire tutti i caratteri salienti e quello che un turista curioso poteva apprezzare.
Si mise quindi al mio fianco e si presentò, con un nome altisonante, Ms. Mao, ed io, memore dei sussulti sessantottini, non potei fare a meno di aprirmi in un largo sorriso.
Decisi quindi di assoldarla per alcuni giorni come guida e pensai che mi sarebbe stata molto utile come traduttrice, in quanto il mio cinese era ed è rudimentale.
Cominciò quindi una serie di visite guidate a locali tipici, teatrini, negozietti, ristoranti, luoghi di culto, che facevano volare il tempo e che, con Ms. Mao, mi assicuravano una conoscenza interessante, ma leggera, a quest’isola, così lontana dal Continente.
Ms. Mao mi stava vicino durante il giorno, quando volevo rilassarmi sulla spiaggia, mi accompagnava durante i pasti in ristorantini di sua conoscenza, scompariva poi la sera per riapparire la mattina dopo, nel momento in cui io, unico Europeo, facevo la colazione nel mio hotel.
Era una compagnia non opprimente, leggera, ma intelligente, ed ebbi modo di conoscere una Cina lontana dalle consuete grandi o grandissime città che, solitamente, frequentavo, come Shangai.
La ragazza mi portava spesso a effettuare una varietà di massaggi, che ebbe il suo culmine in una lezione di agopuntura, eseguita da una dottoressa, con tanto di diploma.
La vita scorreva lentamente, ma i giorni passavano, e presto avrei dovuto partire da Hainan per ritornare alle città sulla costa, alle mie visite e alle numerose fiere, che ci sono frequentemente in Cina.
I nostri rapporti erano sempre molto formali, ma anche molto semplici, non affettati o volgari.
In quei pochi giorni avevo acquisito una conoscenza della popolazione cinese superiore a quella dei vari mesi passati lavorando nelle grandi metropoli, e ciò mi sembrava molto positivo per la comprensione di questa grande Nazione.
Quando dovetti partire, la ragazza mi strinse la mano e questa stessa mano si sembrava protesa per ricevere il compenso che avevamo concordato per il suo lavoro di guida: le consegnai i dollari e mi voltai, valigetta in mano, per avvicinarmi all’aereo.
Poi, sinceramente, mi parve che questo saluto fosse troppo glaciale, la chiamai, la rincorsi e la abbracciai, dandole un bacio su entrambe le guance.
Mi sembrò confusa e anche molto sorpresa, ma il mio gesto era naturale, come spesso è naturale il mio comportamento verso gli altri, non ipocrita.
La guardai mentre si allontanava e vidi i suoi capelli neri che spesso nelle ragazze cinesi hanno un riflesso di blu profondo.
Il tempo era finito, l’indomani dovevo tornare al lavoro.
Mi avvicinai all’aereo, presentai il biglietto e salii sulla scaletta.

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