Il Lavoro di Bambino

Conosco i bambini. Non ho fatto quasi altro per tutto l’arco lavorativo della vita consapevole di quanto, e nella scuola primaria in particolare, sia fondamentale l’esperienza scolastica. Il bambino iperdotato non appartiene necessariamente ad un contesto familiare privilegiato, semmai vive la difficoltà di sviluppare le sue potenzialità per i limiti dovuti alle circostanze sfavorevoli: Bjrsana, dall’intelligenza straordinaria e dallo sguardo adulto, si esprimeva in un Italiano perfetto. Quando con dolore scoprii che nei festivi il padre portava lei e i fratellino a chiedere l’elemosina davanti ad un ipermercato, e che presto avrebbe lasciato la scuola per tornare in Albania, vissi il fatto come una sconfitta personale e collettiva.

E poi Abdul, dall’ abilità di mercante, al quale affidare l’amministrazione delle raccolte di denaro e da tutti riconosciuto meritevole del ruolo di segretario … o Giuseppe, affetto da sindrome di Down, la cui integrazione dovuta alla permanenza nella classe e ad un’educazione permeata di rispetto reciproco, ha reso possibile un futuro. O Mario, che si credeva sconfitto, ed infine era riuscito ad esprimersi e a risolvere quesiti matematici come mai avrebbe pensato. Indimenticabile la luce dei suoi occhi ogni volta che superava un ostacolo.

Oggi, attraverso l’esperienza personale, osservo un’attitudine all’eccesso dove si tende pericolosamente a strafare, talvolta tralasciando insegnamenti fondamentali.

Gli arnesi da lavoro, custoditi in uno zaino, gravano sulla schiena esile del piccolo scolaro: quaderni d’Italiano, Scienze, Matematica, Geografia, Inglese, Musica, cui corrispondono altrettanti libri, astucci, scarpe da ginnastica , thermos … e quanto occorre per ulteriori attività extra scolastiche. Quando al mattino, assonnato e sollecitato a fare presto, guardi quel bambino avviarsi all’auto già stanco, il cuore è stretto dal desiderio di riportarlo indietro. Il suo lavoro, condiviso con la maggioranza dei suoi pari, dovrebbe essere conteggiato nel calcolo della pensione … . Eppure è un bambino davvero molto fortunato, amatissimo, cui vengono offerte preziose opportunità di crescita, salvo il tempo di rilassarsi nell’ambiente familiare e di giocare come vorrebbe.

Per lui il periodo più felice è stata la chiusura Covid, insieme alla mamma, collegati entrambi in “smart working” (e che per carità non manchi l’Inglese al nostro Italiano, ricchissimo di termini e sinonimi): complicità, condivisione, e rafforzamento d’un legame vicendevole che diversamente non avrebbero vissuto così intensamente. Un’esperienza nuova e gratificante ma non ripetibile.

Poi ecco un servizio dei tanti in onda proprio sui danni che l’allontanamento da scuola provoca sui meno abbienti, quelli che non hanno computer, stampanti e un sostegno familiare adeguato. Le immagini sono eloquenti : una periferia rosicchiata dal tempo e dall’incuria, strade sconnesse e polverose, case buttate lì disordinatamente come una discarica dove l’umanità non lascerà segno. Il campo si restringe ad un cortile in terra battuta, una sedia impagliata e sfilacciata che sbuca da una tenda logora e un ragazzino seduto sul gradino d’ingresso che sistema uno smartphone sulla sedia come banco, per connettersi con uno schermo piccolo piccolo a tentare di seguire da solo la lezione a distanza. Distanza … che si allunga più di quanto già esista nella scuola di oggi tra chi ha tanto e chi niente: mamme assillanti e querule che fanno gruppo, s’intrufolano, si collegano e, dall’altra parte, un mondo separato e silente.

Sfoglio i compiti delle vacanze: una valanga di schede, alcune davvero complicate. Qui o sei geniale o resti al palo. Oltre il quaderno di matematica anche il quaderno d’Italiano è denso di schede di grammatica, quesiti, associazioni logiche, spazi da completare… encomiabile sollecitazione dell’intelletto ma tanta carta da desertificare la taiga siberiana. Cerco l’espressione d’un pensiero, un tema da svolgere, la sintesi di un testo, la dettatura che agevolava attenzione e abilità manuale tra parola detta e scrittura corretta … e non so dire quanto si pratichi ancora la lettura a voce, come ai tempi arcaici della mia scuola, quando un errore ortografico o grammaticale era vissuto come un’onta e occorreva un esame a fine anno per passare in terza elementare. Ricordo l’umiliazione di aver dovuto scrivere due pagine di “ha” per avere dimenticato l’ “h” nel dettato quotidiano: avevo sette anni e non ricaddi mai più nell’errore, pur rilevando la “particolarità” del metodo, ma l’operato dell’insegnante non ammetteva repliche. Alla Scuola Media entravamo con un doppio esame e solide competenze che oggi appaiono obsolete, con i risultati che conosciamo.

La scuola non uccida il foglio bianco” recita il titolo di una riflessione di Paola Mastracola (“La Stampa”, 8 Dic. 2021) che dovrebbe essere subito accolta: “… Da almeno vent’anni quella particolare prova scolastica che si chiama tema, viene criticata e osteggiata … nonché stravolta e snaturata da riforme, teorie e sperimentazioni varie.

…. Chiaro che il tema è stato ucciso”.

Apprendo con sgomento che già alla prova d’esame di Stato pre-Covid veniva sottoposto un plico di pagine fotocopiate di un autore con domande a cui rispondere.

Ora gli studenti chiedono addirittura l’abolizione delle prove scritte e il ministro pare ci stia riflettendo.

“… Fare un tema è mostrare quanto si è letto e studiato,meditato e capito del mondo, ma soprattutto rivelarsi… avere la preziosa possibilità di dire qualcosa di sé fuori dagli schemi”.

Questo articolo è stato per me confortante nella condivisione d’una convinzione, stando ai fatti, pericolosamente sottostimata.

Così quel bambino seduto davanti alla sedia impagliata è probabile che non abbia sostegno sufficiente a completare la complicata scheda di matematica o di grammatica che nemmeno può stampare ma, se ne avesse l’opportunità, chissà quale pensiero potrebbe rivelare e quale esperienza condividere se fosse stimolato adeguatamente ad esprimersi in un racconto scritto.

Questo potrebbe essere un punto d’incontro tra bambini che questi tempi infausti, e una didattica in parte obnubilata da un susseguirsi di teorie assunte come dogma, potrebbero agevolare.

Marina Elettra Maranetto

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