Internazionalismo vs Nazionalismo

Bisogna fare una scelta di campo: l’uno esclude l’altro.

Io vedo nel Nazionalismo un qualcosa di sordido, cioè una manifestazione di persone che rivolgono il proprio interesse e la propria ossessione a qualcosa che ritengono una sorta di divinità, ma senza che lo sia veramente.
Il Nazionalismo, e lo conosciamo bene da molti anni, in modo particolare dapprima della Grande Guerra, implica una contrapposizione, una trincea: da un lato noi, dall’altro gli altri, senza curarsi del fatto che gli altri possano, in parte o in tutto, avere ragione.
Il Nazionalismo è acritico, religioso, ma di una religione cieca e gretta, che non vede altro se non gli interessi di una pars contro tutte le altre.
Il Nazionalismo è esploso in tutta la sua forza nel ‘900 ed ha portato a dei conflitti di proporzioni inimmaginabili.
Pensiamo soltanto al primo conflitto mondiale, focalizziamoci sullo scontro fra Francia e Germania: ciascuno dei due paesi pensava di essere portatore di una civiltà superiore, ciascuno riteneva che l’altro fosse il Barbaro, colui che vuole distruggere la Civiltà.
Se leggiamo con attenzione le carte di Thomas Mann, comprendiamo bene cosa significasse per un grande intellettuale europeo scindersi fra amor di patria e amor della Cultura, che di per se stessa è senza bandiere.
Non parlo di altri conflitti violentissimi, quali quello fra Italia e Austria-Ungheria oppure fra Russia ed Impero Ottomano, ma in ognuno di essi brillava ogni sorta di odio, ogni sorta di illogicità, che portava allo scontro, al sangue, alla morte.
Sappiamo che il primo conflitto mondiale è stato il primo del ‘900, ne sono seguiti altri di inimmaginabile violenza.
Il seguire una bandiera, un inno, una marcia, senza pensare ad altro se non a schiacciare l’Altro, ha portato ad esempio l’Europa dei Lumi e quella del grande sviluppo economico e culturale di fine ‘800 ad una rottura frontale, ad una volontà di autodistruzione che non conduce da nessuna parte, se non al Nulla.
Dopo tanti anni, sentiamo risuonare nelle nostre piazze il vento di un Nazionalismo cieco, alogico, che punta tutto sull’ignoranza delle persone, poiché il richiamo è semplice, banale, insignificante.
Il Nazionalismo è il Nemico.
L’Internazionalismo è il Bene.
Non considerare gli altri come nemici, ma come fratelli.
Non pensare che le Alpi siano un limite invalicabile, oltre il quale c’è un Annibale pronto a distruggere, ma delle dolci colline che conducono verso altri siti bellissimi, dove il Sì non suona.
Il credere che le altre religioni, gli altri modi di vita e le altre coscienze siano compatibili con la tua, non costantemente in urto.
Non ammantarsi di bandiere, di inni nazionali e di contrapposizioni funebri, ma cantare all’unisono un inno mondiale di comprensione ed intelligenza.
Non credo che l’Internazionalismo in sé abbia mai creato delle vittime,  ma l’Internazionalismo stesso è stato vittima del preconcetto, dell’odio, del Nazionalismo.
Abbracciare gli altri per essere con gli altri, non abbracciare un mitra per distruggere, a meno che l’Altro non lo faccia per dei motivi ideologici, religiosi e politici: in tal caso, bisogna riflettere, considerare ed agire di conseguenza.
Ma, se considerate bene, l’Internazionalista combatte il Nazionalista solo quando viene attaccato, quando ne va della propria vita, materiale e spirituale, in una sorta di “Stalingrado permanente”.
L’Internazionalista può essere, ma non necessariamente, un marxista, ma anche un singolo che unisce se stesso e la propria forza morale contro il demone dell’Ego portato all’ennesima potenza, colui che tutto nega dell’altro, il Nazionalismo.
Giorgio Penzo

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