Io c’ero

In questi giorni si parla molto del fatto che, per la creazione di quell’enorme spettacolo che è stato il campionato del mondo di calcio, molti lavoratori addetti alle infrastrutture e strutture siano stati vittime di incidenti: alcuni parlano di 500 morti, altri, come il New York Times, di molti di più.

È indubbio che il trattamento dei lavoratori stranieri nei paesi arabi del petrolio sia a volte disumano e ci rammenti quello che molti caporali del Sud riservano ai loro raccoglitori.

Si potrebbe trattare di un vero e proprio razzismo, in quanto i cittadini di molti paesi asiatici sono considerati inferiori o per motivi politici o, forse, per motivi religiosi, in quanto non sono monoteisti.

Questo aspetto, che a noi sembra strano e un po’ fantasioso, non lo è per l’Islam, i popoli del Libro, siano essi Ebrei, Cristiani o Musulmani, credono in un solo Dio e quindi appartengono ad un mondo separato, seppur con le debite differenze.

Io stesso ho assistito ad episodi del genere nel lontano 1996.

Mi trovavo a Dubai, seguivo un progetto riguardante circa 400 appartamenti, e fra i miei compiti rientrava quello di fornire il materiale per il compimento del lavoro.

Il mio collega era un giovane architetto australiano, con il quale dovevo coordinarmi, ed entrambi eravamo tiranneggiati da un piccolo sceicco locale, il cui motto era “Taglia, taglia, taglia”.

Ogni materiale, ogni ora di lavoro era soggetto alle volontà del piccolo sceicco, che voleva spendere poco, costruire tutto in breve tempo e pagare poco o nulla i suoi operai.

La manodopera era composta da immigrati indiani, pakistani, del Bangladesh, uomini legati al loro lavoro e poco portati ad atteggiamenti di rivolta.

Ricordo benissimo come passavano la giornata: dieci, dodici ore a lavorare, poi finalmente un po’ di riso cotto su una teglia a gas (di gas ce ne era sempre in gran quantità), e poi riposarsi su un nudo materasso, che rappresentava il letto.

Tenete presente che in certi periodi dell’anno a Dubai le temperature raggiungono i 50 gradi e quindi potete capire come gli edifici in costruzione fossero come alveari…

Ricordo anche che io e l’amico australiano ogni tanto compravamo dei sacchi di riso basmati oppure delle grandi bottiglione d’acqua per rendere un po’ meno disumano il lavoro di quegli uomini.

È vero che erano loro stessi ad accettare quelle condizioni, ma da un lato dovevano sfuggire alla mancanza di lavoro nei loro paesi e dall’altro cantieri come quelli di cui mi occupavo ce ne erano tanti, forse a centinaia, all’epoca.

Quindi quando il New York Times parla di centinaia di vittime e di tanti soprusi subiti dai lavoratori in Qatar, non posso che confermare: si tratta di cose e situazioni che ho visto e rivisto.

Ma, in fondo, è sempre l’Occidente il grande Mossiere, quello che provoca tanti danni e rifiuta di riconoscerli: i paesi produttori di petrolio vogliono vendere quanto estratto alle migliori condizioni di mercato e sfruttano tutto e tutti pur di ottenere quello che vogliono.

Magari poi per gettarlo al vento come hanno fatto nelle cerimonie di apertura e di chiusura nei recenti campionati mondiali di calcio: un grande paravento che copre le angherie sulle povere vittime.

Viator

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