Jack Sullivan tira la volata a Biden su Trump

 

Non ha ancora cinquant’anni, è “Democratico” ed è “dalla parte giusta”. Sentiremo parlare a breve di Jake Sullivan, rampollo del Vermont e, chissà, futuro candidato Presidente USA. Anche Blinken gli sta dietro ma, appunto, “sta dietro”, messo apposta in un quadrante ancor più complesso come quello della Palestina, quasi a vedere – da fuori – quale dei due cavalli da corsa si comporta meglio.

E Jake J. Sullivan (*) pare a proprio agio in quel di Colleville sur Mer, a un passo dalla famosa “Omaha beach” a chiacchierare del più e del meno con tutti i potenti della Terra. La questione è nota, e l’attuale presidente Biden non perde occasione per ricordarlo: “bisogna aiutare l’Ucraina fino a quando Crimea e Dombass torneranno pienamente ucraine”. E in mille modi i rappresentanti di diversi Paesi dell’Alleanza Atlantica ce lo hanno fatto capire. Oltretutto il passaggio in Normandia è premessa di quello che ci sarà a breve in Italia e le parole di Sullivan lo confermano: “Il primo risultato del prossimoG7 in sud Italia, sarebbe sbloccare il piano  per usare i profitti dei beni russi congelati allo scopo di finanziare Kiev”. Non si tratta di una questione di poco conto perché tutti gli studi legali specializzati hanno fatto presente che una azione del genere incorrerebbe in una serie di blocchi e difficoltà, con poche speranze di attuazione con le sole norme offerte dalla Legge. Ma ci potrebbero essere altri strumenti… una qualche forma di emergenzialità ufficializzata o, meglio ancora, una ricusazione da parte delle Banche di “fondi non graditi” messi poi in una qualche forma di “gara”.

D’altra parte è a tutti noto che in Puglia ci sarà il primo appuntamento per lavorare a una risposta collettiva, e il passo essenziale sarebbe assicurare a Kiev i fondi necessari a sopravvivere. Quel prestito da 50 miliardi di dollari finanziato dagli Usa, ma garantito dai beni congelati russi. L’ultimo ostacolo internazionale (dopo gli inviti alla cautela degli esperti americani) è la resistenza francese sull’argomento, ma se qualcuno chiede a Sullivan a che punto sono per sbloccarla, lui ti risponde sorridendo…”Chiedetelo voi a Parigi; dite a Macron che ve l’ho detto io”. Con un tono e una sicurezza che ben si addicono a chi ha ambizioni presidenziali.

In realtà la frenata dell’Eliseo viene giudicata tattica

e quindi dovrebbe cessare in cambio di una qualche contropartita. L’aspettativa è che Biden riesca a sbloccare lo stallo nel bilaterale del 7 e 8 giugno con Macron, in modo da raggiungere quanto meno l’accordo politico sull’operazione. Così leverebbe un peso dalle spalle della premier Meloni, che avrebbe il risultato garantito prima di riunire i G7.

 

“Giochi di Guerra” in cui l’Italia, evidentemente, non vuole entrare e che vedono invece un recupero di iniziativa e di autorevolezza da parte di Joe Biden. Vuol far capire ai Russi che è finito il periodo dei reciproci “occhi chiusi” con gli Americani che concedevano spazio alle iniziative russe in Europa in tema di Energia e con i Russi che facevano finta di non vedere la crescente penetrazione economica, con enormi investimenti, di Stati Uniti, Inghilterra e in parte Germania e Francia proprio in territorio ucraino e nelle Repubbliche Baltiche. Un “appeasement” finito con l’invasione della Crimea e con la successiva guerra civile che si è andata a scatenare nel sud-est ucraino.

 

Un quadro reso più fosco, con la prospettiva di avere di fronte un lungo conflitto di anni, dal prossimo invio di caccia F-16, con piena licenza di combattimento. Oltretutto, come si è capito ormai in modo lampante, gli  Usa sono convinti che il futuro dell’Ucraina sia nella Nato, quindi cercano di costruire il “ponte tecnico” per  preparare il suo ingresso, quando le

resistenze politiche di Paesi come Ungheria e Germania cesseranno. Significa siglare un accordo per la collaborazione militare fra i due Paesi che potenzi le difese di Kiev, ma soprattutto aggiorni il suo apparato

bellico affinché diventi compatibile con quello dell’Alleanza. Washington invece resta tiepida sull’invio degli istruttori sollecitato da Macron, per i rischi di escalation a cui esporrebbe tutti gli alleati, anche se le dichiarazioni di oggi 7 giugno 2024, confermano l’intenzione di istruire centinaia di piloti direttamente sul suolo francese, con conseguenti rischi nei prossimi, possibili, scontri aerei fra colossi del cielo. Già ci sono contractor polacchi e inglesi in Dombass, per ammissione ufficiale delle loro rappresentanze diplomatiche, ci sono obici super tecnologici di difficile intercetto puntati sulla fascia di cento chilometri immediatamente al di là del confine con la Russia, così come ci sono sistemi di difesa avanzatissimi adatti per intercettare droni, elicotteri e aerei di Mosca. Una preparazione ufficiale di quella che sarà una nuova guerra, probabilmente mondiale, e che – a sentire Putin “non avrà bisogno delle armi nucleari perché l’esercito russo vince con le armi tradizionali di nuova generazione”. Quando finirà questo incubo? Si parla (è Stoltenberg a dirlo) del 2029 con, in quell’anno, una nuova cortina di ferro che andrà dalla periferia di San Pietroburgo (già Leningrado) fino al Mar d’Azov. Di fatto una moltiplicazione per dieci dello scacchiere attuale (che ha già un fronte di duemila chilometri con profondità delle aree di battaglia anche di cento chilometri) con diretto coinvolgimento di USA, Francia, Germania, Polonia, Finlandia e Paesi Baltici. Un “cuscinetto possibile” che sicuramente provoca insonnia e incubi a  Vladimir Putin, confermando – di fatto – che molti Paesi occidentali hanno raccolto il guanto di sfida dell’orso russo. A questo si aggiunga che, come ricordato dallo stesso Sullivan, i problemi non si fermano all’Ucraina e al Medio Oriente. Assolutamente da riprendere e rivedere il confronto commerciale in atto con la Cina, con vibrate proteste e segnalazioni in tutti gli ambiti possibili. Le agevolazioni costituite da salari bassi, da una organizzazione di livello europeo con prodotti di buona fattura, sta dimostrando la forza militare e culturale della Cina, vero pericolo del mondo in quanto ne condiziona i dogmi del finanz/capitalismo. Una partita su cui Jack Sullivan è ferratissimo e su cui Biden, più volte, ha affermato di concordare in pieno. Un atteggiamento più vivo e propositivo sia in Europa sia in Estremo Oriente che fruttando al presidente democratico uscente un buon numero di punti in più, almeno secondo i sondaggi più accreditati. Più attenzione ai conflitti in corso e più impegno a fermare la Cina come competitor economico (non rispettoso delle regole) lo stanno portando addirittura davanti a Trump nei sondaggi. Vedremo se si tratta di fuffa o di qualcosa di vero e importante.

(*)  Jacob Jeremiah Sullivan è un politico e funzionario statunitense. È stato consigliere di Hillary Clinton durante la campagna elettorale presidenziale 2016 e Vice Capo di Stato Maggiore presso il Dipartimento di Stato.  Nascita: 28 novembre 1976 (età 47 anni), Burlington, Vermont, Stati Uniti  . Coniuge: Margaret Maggie Goodlander (s. 2015). Cariche precedenti: Consigliere per la sicurezza nazionale del Vicepresidente degli Stati Uniti (2013–2014) ·  Istruzione: Yale Law School (2003), Magdalen College (2000), Hopper College, Università Yale, Southwest High School. Carica: Consigliere per la sicurezza nazionale dal 2021

Parte politica: Partito Democratico

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