Io la conoscevo bene.
Tra i 100 film italiani da salvare
Chi è Milena ?
Nessuno, lascia stare, è una ragazza che ho incontrato molto tempo fa.
E la metti nel libro?
E’ una come tante.
Scommetto che te la sei portata a letto.
Con tipi come lei non è poi un problema.
Beh, si vede che le piacevi.
Il fatto è che le va bene sempre tutto, è sempre contenta, non desidera mai niente, non invidia nessuno, è senza curiosità, non si sorprende mai, le umiliazioni non le sente.
E pure, povera figlia, ne ha avute ….le scivola tutto addosso, senza lasciare traccia, come su certe stoffe impermeabilizzate.
Ambizioni zero, morale nessuna, nemmeno quella dei soldi, perchè non è nemmeno una puttana, per lei ieri e domani non esistono, non vive neanche giorno per giorno, perchè già questo la costringerebbe a programmi troppo complicati, perciò vive minuto per minuto.
Prendere il sole, sentire i dischi e ballare sono le sue uniche attività, per il resto è volubile, incostante, ha sempre bisogno di incontri nuovi brevi, non importa con chi, con sé stessa mai.
Milena sono io, vero ?
Questo il disarmante dialogo nel film del 1965, diretto da Antonio Pietrangeli, con una straordinaria Stefania Sandrelli, film considerato tra i 100 da salvare del cinema italiano. E’ anche una feroce accusa a questo mondo patinato e illusorio dove ancora oggi, forse più di ieri, migliaia di giovani vengono catturati dalle sue poche luci e molte ombre.
E non si può a questo proposito non ricordare quel che Pasolini diceva da tempo riferendosi ai processi di omologazione che già allora iniziavano a minare alla base la cultura popolare.
Commuove rivedere questo film, e non si può non sentirci in qualche scena Adriana ( La Milena del dialogo, la protagonista del film ).
Nelle parole e nelle immagini (la sceneggiatura scritta con firme come Maccari e Scola), possiamo trovare parti di noi stesse, giovani ragazze del dopo 68, uscite fuori da povere famiglie di campagna o di città, dove nessuna tenerezza era possibile, dove la vita era troppo dura per poter ascoltare nell’abbraccio di una figlia lontana l’acuto desiderio di una parola buona, una parola che facesse sentire d’appartenere a qualcuno o a qualcosa.
L’essere umano è un organismo da educare e se c’è in lui una scintilla divina è da tirar fuori come da una miniera, da “scavar profondo come si cerca un tesoro” scrive Saba in una sua poesia.
Adriana-Milena è bella, come può esserlo una gallina e come una gallina s’avvicina senza timore a chi le tirerà il collo, attratta da una forza sconosciuta e terribile che le impedirà sempre un consapevole sguardo se non sarà aiutata a formarsi quella che chiamiamo coscienza.
L’inconscio prende il controllo se non lo sai incontrare, e Adriana va incontro a ogni uomo come un agnello sacrificale. I suoi begli occhi sono proprio come quelli di un animale ferito e inconsapevole della cattiveria del mondo.
Arriviamo tutte da madri ferite, da padri padroni, solo la cultura può aiutare così come anche distruggere. E Pasolini la dice lunga sulla cultura borghese, con la sua amoralità legalizzata.
Ma quel dialogo di Milena-Adriana, quanto è vivo ancora oggi ?
I nostri giovani ( e anche noi adulti ) abbiamo trovato un senso d’appartenenza? Siamo capaci d’essere solidali o ancora facciamo come i cinegiornali di quel tempo, che godevano del disastro altrui? Sappiamo ascoltare il dolore silenzioso di chi ancora non ha le parole per dirlo ?
Milena-Adriana non sa riconoscere il bene così come non sa contrastare il male, ha lampi di amorevolezza, fuggevoli sensi di colpa, che quando arrivano vengono subito scacciati da un leggero calcio al giradischi. Subito una nuova musica, che non ci faccia sentire la nostra.
di Patrizia Gioia
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