Tra gli elementi caratterizzanti la persona il timbro di voce può essere rivelatore. Questa personale opinione, priva di basi scientifiche, ha trovato più volte conferma da farmene una convinzione: la voce querula, fastidiosa, raramente s’accompagna all’ironia e all’autoironia altrimenti il soggetto, ascoltandosi, tacerebbe.
E’ particolarmente molesta nelle donne, per lo più scialbe anche nei capelli, flosci,untuosi e color topo. Il corso di studi superiori non aiuta, anzi, aggiunge pedanteria all’eloquio. Non so dirne il motivo ma gli uomini di carattere e qualità, come le donne, hanno solitamente una voce gradevole e sicura che ne migliora anche l’aspetto.
Questo era il pensiero di Anna quando, in un mattino di fine estate, sentì squillare il telefono e rispose alla telefonata.
Al primo approccio, dopo una parentesi d’incertezza, era rimasta affascinata dalla voce energica e profonda che cercava proprio lei, un’autodidatta con la passione della ricerca storica. Si era impegnata per due anni a leggere documenti e giornali dell’epoca per giungere alla fine ad un ritratto del periodo risalente la ritirata tedesca e l’occupazione di Pesaro, ultimo baluardo difensivo della Linea Gotica quando Churcill, dalle colline sopra Fano, osservava col binocolo le nuvole di polvere sollevate dall’artiglieria. Qui la lotta partigiana si era distinta per la resistenza eroica appoggiata dalla popolazione, tradizionalmente antifascista, pagando con distruzioni e terribili rappresaglie.
Di lei aveva letto alcune pubblicazioni su una rivista storica locale e aveva pensato di coinvolgerla in un progetto riguardante proprio il periodo in questione e la cittadina dove entrambi erano nati. Da quando era tornata a stabilirvisi definitivamente, si chiedeva come avesse potuto percorrere altre strade.
Tanta vita aveva attraversato da allora e non conosceva, o riconosceva, più nessuno. Quando in lontananza scorgeva la casa di famiglia non più sua, rivolgeva lo sguardo altrove per fuggire nostalgie che non poteva permettersi. Impegnarsi in una ricerca, che rivelasse circostanze ancora ignote di quei luoghi, le pareva un modo di render loro giustizia.
Mentre Anna ascoltava la proposta, una parte della mente vagava tratteggiando il ritratto dello sconosciuto: alto, folti capelli brizzolati, viso sorridente e passo sicuro se le proponeva una visita esplorativa dei dintorni dove si erano svolti i fatti che volevano approfondire, inoltre la voce “da Federico” suggeriva che il nome imperiale si adattava perfettamente al ritratto immaginario. Rassicurata dall’eloquio sicuro e dal tono gioviale, aveva accettato d’incontrarlo il giorno dopo nella piazza principale di fronte al teatro di Fano.
Emozionata per l’l’appuntamento a sorpresa e per la scintilla che forse avrebbe dato luce a giorni futuri, si era svegliata prestissimo. Aveva aperto l’armadio prendendo e posando: “troppo elegante … troppo dimesso … troppo indossato …”, finché la scelta cadde su un fresco completo di lino bianco per essere riconosciuta anche a distanza. Il parasole poi l’avrebbe riparata dalla luce e dalla calura di quella mattina di fine estate. Le illusioni di ricreare relazioni volatili erano da tempo riposte ma l’incontro con uno sconosciuto era una piacevole novità.
Infastidita per il leggero ritardo aveva percorso la via principale accelerando il passo. A quell’ora la città era quasi deserta e l’unico rumore era dato dalle saracinesche dei bar che si preparavano ad accogliere i primi avventori. Rallentò in vista della piazza che la sorprendeva ogni volta per l’armonia che offriva ai suoi occhi: a sinistra, sullo sfondo, il teatro assiduamente frequentato dalla popolazione disposta a lunghe code pur di assistere agli spettacoli. La vicinanza con Pesaro, patria di Rossini, aveva contribuito non poco a diffondere una cultura musicale estesa al territorio circostante.
“Oddio, no!” … Sul fondo della piazza illuminata dal sole sostava un omino basso e calvo, pantaloncini al ginocchio, maglia slabbrata e sandali con calzini. Due le delusioni: la prima di ordine estetico, la seconda constatare il crollo delle sue belle teorie sulla relazione tra voce e aspetto.
Prima di seguire l’impulso di scappare, un barlume di razionalità le fece volgere lo sguardo nella zona in ombra, proprio dalla parte opposta all’omino e lì, proprio lì, una figura alta e sorridente, dalla bella chioma brizzolata, stava muovendo verso di lei.
“Allora non mi sbagliavo”, si disse senza decidere se congratularsi per la conferma delle sue teorie o per l’incontro di cui presto avrebbe misurato le conseguenze. Lui, Federico, era stato capace di superare la titubanza dei primi momenti con un deciso “andiamo all’auto e il caffè lo prenderemo in collina”.
Dalla piazza centrale di Mondavio lo sguardo abbracciava un panorama da suscitare in Anna un’emozione quasi commovente. La Voce la distolse da ricordi lontani per affascinarla con un racconto ricco di informazioni sul luogo e la sua storia, senza pedanteria o autocompiacimento. A poco a poco le difese iniziali lasciavano spazio alla naturalezza di una conversazione dove traspariva il lato ironico di entrambi e accenni a ricordi personali dove ci si stupiva di non essersi mai incontrati.
E’ noto che luoghi conosciuti possano guardarsi con occhi diversi secondo l’umore e le circostanze, e quel giorno le pareva tutto nuovo … e nuovo lo fu davvero il percorso naturalistico attraverso piccole strade ombreggiate di cui solo lui sapeva.
Scesero verso il Metauro che lei non aveva mai vissuto così da vicino: cercava di trovare un equilibrio e di darsi un contegno ma l’andatura traballante, per via delle scarpe inadatte, trovò il sollecito intervento del suo accompagnatore che le afferrò la mano per sostenerla … e più non la lasciò per tutto il percorso lungo il fiume. Da troppo tempo Anna non avvertiva l’incanto di una fascinazione per quel contatto e per la sensazione di affidarsi a qualcuno, e quella giornata imprevedibile le aveva fatto intendere che la vita poteva ancora essere vissuta.
Non era ancora riuscita a trovargli un difetto.
La percezione del tempo è legata allo stato d’animo del momento e quel tempo le pareva trascorso troppo in fretta quando presero la via del ritorno. Da quell’automobile non avrebbe voluto scendere più.
Si fece lasciare fuori le mura che cingono il borgo antico e quando si salutarono con un abbraccio amicale le era parso di cogliere, anche nel suo sguardo, la stessa fuga di malinconia. La promessa fu di rivedersi la sera successiva per la festa del borgo che occupava il centro cittadino.
Anna camminava leggera sfiorando la strada, la mente percorsa da un’illusione e quando lo vide venirle incontro sentì di arrossire come una fanciulla. Lui le prese delicatamente il gomito per guidarla attraverso la folla ma, mentre il suo sogno stava prendendo concretezza, si fermarono ad una tavola dove c’erano due sedie vuote.
Una graziosa signora dai modi gentili si alzò, e quando Federico pronunciò l’inatteso “le presento mia moglie …”, sentì un fragore di macerie dentro di sé fino al momento in cui l’illusione, troppo breve per segnarla a fondo, lasciò spazio alla ragione. E tutto si ricompose.
Marina Elettra Maranetto
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