Le discese ardite e le risalite

“Anche se non voglio
Torno già a volare
Le distese azzurre
E le verdi terre
Le discese ardite
E le risalite
Su nel cielo aperto
E poi giù il deserto
E poi ancora in alto
Con un grande salto.”

Già, le discese ardite e le risalite, su e giù, in alto con un grande salto. Lucio Battisti cantava di un amore passato, ma a me da sempre questa canzone rammenta il fascino delle corse in bicicletta. Quand’ero bambino, giravo in bicicletta insieme a mio nonno a Villa Ada e a villa Borghese e, da adolescente, con gli amici, pedalavo da Castel Giubileo a Ponte di Mezzocammino, 32 km lungo il Tevere, a testa bassa sul manubrio e via di corsa, per arrivare primo.

“Ha figli, lei?” mi ha domandato ieri il mio superiore.

“No; e comunque, anche se ne avessi, sarebbero rimasti a Roma. Qui non li avrei portati” ho risposto.

“Peccato. Avrebbe potuto accompagnarli alla nuova mirabolante pista di bici-cross, tra via Palermo e via San Giovanni Bosco. L’hanno inaugurata qualche giorno fa. Una vera meraviglia, dicono, nata dalla collaborazione di almeno una dozzina di imprese e associazioni. È aperta a tutti, se le interessa.”

“Ah, be’, sì be’”, ho risposto; e mi sono riproposto di andare a vedere, prima o poi, ma senza fretta, ché ormai ho capito che il mio superiore si beffa di me, forse perché, da originario di Potenza, non ama noi Romani e si identifica in questa città di provincia, chissà.

Ma questa mattina, per lavoro, ho dovuto passare da quelle parti e mi sono guardato attorno a lungo, con attenzione. Nessuna pista da bici-cross in vista. Un viale con alberi stenterelli mal potati. Di là dal viale, alla mia sinistra, alcuni edifici presumibilmente di uffici o cose simili e più lontano un lavaggio per automobili. Di qua, alla mia destra, prima di un baraccotto giallo, sotto il sole a picco un solingo prato spelacchiato, grande all’incirca come la sala del piccolo Circolo degli scacchi che frequentavo a Roma. Nel prato tre o quattro bislacche pedane azzurro-biancastre, di scarsa ampiezza e di poco sopraelevate dal terreno, sembravano precari sedili improvvisati di rara scomodità. Ma la pista da bici-cross non pervenuta. Dovevo aver capito male le indicazioni o mi ero perso. Mi sono avvicinato a un uomo anziano al guinzaglio di un Terranova, che lo stava più o meno trascinando lungo il bordo del prato, tra cartacce e sporcizia varia; e gli ho domandato dove fosse la pista mirabolante di bici-cross.

“È questa” – mi ha risposto, indicando con il braccio libero dal guinzaglio il prato spelacchiato – “Fino a cinque anni fa qui c’erano molti begli alberi. La Giunta precedente li ha abbattuti. Questa non li ha ripiantati e ha costruito la pista. Un progetto europeo, sa…” e, con l’espressione di chi pensa che sono tutti pazzi questi europei, mi ha salutato con la mano, mentre il cane lo trainava altrove.

E io che, incautamente, in un soprassalto di nostalgia, avevo avuto una larvata quasi tentazione di affittare una bicicletta e farmi un giro sulla pista! Ho guardato mestamente lo pseudo-impianto: altro che discese ardite, risalite e grandi salti; l’effetto sarebbe stato uguale al girare in bicicletta nel corridoio dell’appartamento che ho affittato, in attesa di poter tornare a casa mia. Mi sono allontanato canticchiando dentro di me. No, non la canzone di Battisti, ma quella di Guccini, che più o meno fa “Piccola città, bastardo posto…”, sperando di dovermici anch’io fermare non più di tre mesi.

Osservatore romano

2 Commenti

  1. mi chiedo se ci sia una redazione che dia indirizzi, valuti, selezioni o se chiunque possa scrivere banalità e idiozie nascondendosi oltretutto dietro uno pseudonimo

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