Lo schiaffo al “Re Pera”

Città Futura presenta a voi lettori questo articolo di Giulio Macron, apparso sulla rivista online ‘Huffington post’, il quale illustra il profilo dei commissari nominati da Draghi nella nuova struttura  appositamente istituita per dirigere il PNRR e la montagna di soldi relativi che si dovranno gestire.

Macron stigmatizza il fatto che le personalità scelte per un ruolo così delicato siano tutte appartenenti alla area culturale iper – liberista e che questo dato connota una scelta politica di fondo di Mario Draghi, che caratterizza così il suo governo come ministero fortemente intriso da concezioni appartenenti alle destre. Medesime conclusioni le trae Marco Bersani sul ‘Manifesto’ del 19 giugno, e inoltre il sottosegretario Giuseppe Provenzano del PD, si è lasciato scappare una dichiarazione forte dopo che ha conosciuto le nomine nel nuovo apparato tecnico, ‘Nella più grande stagione di investimenti pubblici è opportuno chiamare degli ultras liberisti? Le parole dell’ex sottosegretario hanno aperto nel PD un dibattito vivace sul carattere di questo governo, dibattito sul quale sarà inevitabile tornare. In sostanza si pone la questione di come valutare il governo Draghi, se solo un governo di emergenza oppure un governo pienamente politico che peraltro sposta gli equilibri politici più a destra nel paese. Inoltre, si pone il tema di come affrontare il problema delle destre che ci sono al governo e che pesano all’esterno di esso non poco, ( si pensi allo sbalorditivo dialogo fra Draghi e la Meloni di pochi giorni fa), e di quanto le forze liberali e progressiste possono arrischiarsi a fare con esse una alleanza e sperare di ‘civilizzarne’ le espressioni più indigeribili. Per ora auguriamo buona lettura nella certezza che non mancherà spazio e tempo per approfondire i temi in esso contenuti e sottesi, grazie (f.o.)

In una vignetta della prima metà dell’Ottocento, pubblicata su un foglio satirico francese, il Re borghese Luigi Filippo veniva figurato appolaiato sul trono mentre, riquadro dopo riquadro il suo volto si trasformava in una pera rappresentante il suo triangolare e paffuto aspetto, alquanto ridicolo solitamente. Da allora ‘Il Re pera’ era Luigi il borghese, buffo e squallido rappresentante della Francia ricca e squattrinata. Il mondo, ultimamente, è colpito da improvviso scandalo, in quanto l’erede borghese di Luigi Filippo, il talentuoso banchiere filosofo Macron, è stato schiaffeggiato durante un raduno elettorale da un rapace quanto inconsistente monarchico legato al mvimento dei Gillet gialli. Il gesto è stato condannato unanimemente dalla pubblica opinione ben pensante! Macron stesso ha bollato l’insano gesto come atto pericoloso per la democrazia. Quale sia questa democrazia così odorosa di questura e tribunale non è dato sapere; forse Macron pensava alla sua democrazia, ad una sua concezione, come dire, estremamente personale! Pure Marine Lepen si è affrettata a stigmatizzare il gesto violento perpetrato contro il suo avversario politico; forse voleva ricordarci come nelle lingue neolatine il frutto della pera sia declinato come genere al femminile. E’ strano, tuttavia, come siano gli stessi telegiornali a ricordarci come l’aggressione al potere abbia negli ultimi tempi registrato eventi ben più gravi dello schiaffo dell’anarchico, che però non c’erano stati stranamente riferiti, come ad esempio il tentativo commesso da parte di un gruppo politico non meglio identificato, di assalire il presidente francese in questione e la sua consorte mentre erano all’interno di un teatro per una iniziativa culturale. Lungi da me esaltare il gesto oppositivo di un monarchico, tanto sterile quanto dannoso. Tuttavia, se tutti sono d’accordo che tale evento sia la spia di un diffuso dissenso e di un astio che ha qualcosa di prepolitico e di pericolosamente sovversivo, è chiaro che non ci si può fermare alla semplice condanna e all’uso dello strumento repressivo poliziesco, peraltro già caratterizzante la democrazia immaginata e praticata dal novello ‘Re pera’ Macron. Questo schiaffo materiale alla ‘sacralità’ della figura del potere, che forse ci fa più impressione perché proviene dal fantasma lontano dell’anarchia del populismo dei Gillet Gialli, richiede una riflessione forte sulla reale capacità dello stato di essere stabile nel consenso e di non essere solo repressivo e desideroso di sospingere tutti i suoi cittadini verso atteggiamenti conformisti. Ben altro è il potere democratico che è autorevole nella sua capacità di convincere e di accettare di sottoporsi al giudizio ultimo e sempre stringente del proprio consapevole elettorato. Il potere attuale si dimostra capace di egemonia sul terreno dell’inconscio sociale, ovvero del desiderio delle masse di avere beni e prosperità economica, insomma di essere ‘liberi consumatori’ perennemente sull’orlo di una crisi economica o cardiaca. Tuttavia l’egemonia del potere non si esercita più su altri terreni, quali la giustizia e la sicurezza sociale e per frenare i conflitti generati da una sempre più profonda inquietudine collettiva, esercita semmai solo la forza della repressione, compie la disgregazione dello stato e della solidarietà sociale, eleva esercito e impresa a uniche regolatrici ideali del vivere civile. Un po’ poco per sperare di scacciare i fantasmi emergenti dai bassifondi delle nostre comunità caratterizzanti questo romanzo gotico. Il potere politico e del capitale ormai cerca solo il comando sulla società e non il suo governo. Non si media più fra grandi interessi sociali che vanno ricomposti pur nella diversità di intendimenti e di opposte direzioni etiche. La politica è solo l’uomo solo che sa e interpreta le masse, le guida verso un destino prescelto da chi è in grado di sapere; il resto non è che ‘olla podrida’. Ma se questo è vero, allora non si può che concludere che se Macron è il potere che domina con forza e senza reale egemonia, lo schiaffo ricevuto non è vera opposizione ma null’altro che mera conseguenza, per altro meritata da chi subisce il gesto di offesa. Allora qual’è l’alternativa? Essa, credo risieda nella democrazia, ossia nel potere dei molti, variamente organizzato e articolato nello stato e nei poteri sociali. E la democrazia richiede il governo dei contrasti fra le classi, fra i gruppi contrapposti nella produzione, nelle diversità religiose e culturali. Un potere diverso, caratterizzato dal protagonismo popolare e non dalle solite élite, può solo riformarsi dopo un lungo lavoro sulla organizzazione politica e sulla soggettività delle classi subalterne, pronte ad approfittare di quella crisi del potere dei ceti dominanti che è evidente nelle cronache che siamo soliti registrare. Certo, la società liberale, di mercato è ancora forte nei suoi presupposti ideologici e nel controllo dei meccanismi coercitivi dello stato. Tuttavia si registrano smagliature nel suo sistema, il potere non è sempre in grado di giustificare i suoi atti e di dimostrare la superiorità del proprio sistema di fronte a nuovi problemi, sociali e ambientali, per i quali non ha vere soluzioni ma meri palliativi. Può, quindi, tornare il problema della contingenza nella politica, della fase di rottura degli equilibri, in cui è necessario un salto di paradigma, la visione di un nuovo equilibrio. Questo è forse il vero tema della politica dei nostri tempi, il ritorno di una concezione del processo storico come non linearità degli eventi, senza incessante evoluzione per il progresso, ma semmai caratterizzato da rotture e scarti che determinano il farsi della nostra vita sociale. Lo schiaffo al potere, quello vero, dunque, non è il gesto isolato di un impotente oppositore, ma è semmai l’impossibilità di ricostruire una egemonia sulla società che il sistema di dominio liberale non sa più garantire come un tempo.

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